A Monte Fontana Secca ritornano le vacche burline e la produzione casearia. Il recupero riguarda anche la memoria della Grande Guerra
Per decenni questa terra è stata dimenticata, i pastori hanno abbandonato la malga, le casere sono andate in rovina, le vacche burline sono scomparse dai pascoli.
Oggi il “Monte Fontana Secca e Col de Spadarot”, area di 150 ettari sul Massiccio del Grappa, rinasce.
Recuperare le tradizioni dell’alpeggio, l’alto valore naturalistico del territorio e anche la memoria della Grande Guerra, infatti, è l’obiettivo che si è posto il FAI, al quale “Monte Fontana Secca e Col de Spadarot” è stato donato dai fratelli Bruno e Liliana Collavo in memoria dei genitori Aldo Collavo ed Erminia Secco.
Monte Fontanasecca e Col de Spadarot, il bene FAI
Il Fondo per l’Ambiente Italiano non tutela infatti soltanto ville, castelli e palazzi nobiliari ma anche un vasto patrimonio paesaggistico, tra cui appunto l’area sul Massiccio del Grappa: una piccola porzione di territorio ricadente nel comune bellunese di Quero-Vas, con 150 ettari di bosco e pascoli d’alta quota, tre fabbricati rurali, una vecchia stalla e resti di antiche malghe e di trincee risalenti alla Grande Guerra.
La storia di quest’area è singolare perché, fino a pochi decenni fa, la malga produceva formaggio e le vacche burline pascolavano sullo stesso terreno che, nel primo conflitto mondiale, si impregnò del sangue di tanti giovani soldati.
Il recupero
Lo scorso mese di giugno sono stati aperti i cantieri per il restauro della malga e degli altri edifici per renderli di nuovo operativi in un’ottica di multifunzionalità. In tal modo ne beneficerà non soltanto l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, ma anche il paesaggio e il recupero della memoria storica.
Monte Fontana Secca, cantiere della conoscenza
Tutto il Massiccio del Grappa è tristemente famoso per i cruenti scontri della Prima Guerra Mondiale e il Monte Fontana Secca non fa eccezione.
Qui la Storia venne scritta dal sangue di tanti soldati italiani mandati al fronte: dopo la disfatta di Caporetto la prima linea del nostro esercito si ritirò sul Grappa e proprio sulla vetta del Monte Fontana Secca il battaglione Valcamonica cercò di resistere agli attacchi dei nemici.
La resistenza, tuttavia, fu breve, appena sette giorni, dal 15 al 21 novembre 1917.
Come si legge nel diario del comandante della brigata, conservato nell’archivio storico dello Stato Maggiore, un feroce attacco austriaco costrinse alla ritirata del nostro battaglione che subì molte perdite.
Il massiccio del Grappa in quei giorni si colorò di rosso, la vetta del Monte Fontana Secca fu persa e la prima linea italiana arretrò verso valle.
Una pagina di storia che non deve esser dimenticata, soprattutto dalle nuove generazioni; in tal senso il FAI ha avviato un “cantiere della conoscenza”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, per un’attività di ricerca multidisciplinare che sarà messa a disposizione di tutti grazie a una piattaforma digitale.
Un’ inaspettata, preziosa biodiversità
A vederlo da lontano il Massiccio del Grappa sembra arido, i versanti poco boscosi, mentre l’acqua superficiale quasi assente perché qui domina il fenomeno del carsismo.
Eppure i suoi paesaggi sono caratterizzati da un’ elevata biodiversità grazie ad una straordinaria ricchezza botanica che conta abeti, faggi, aceri, tigli, carpini e tantissimi fiori: ce ne sono circa 1400 specie, tra cui l’Euforbia della Carnia e la rarissima Centaurea rupestris. Non è neppure difficile incontrare animali selvatici come volpi e faine, ghiri e lepri, poiane, falchi, gheppi, gufi e civette, cervi e caprioli.
Anche nell’area del bene del FAI. Già tutelato dalla Rete ecologica europea Natura 2000 e dalla Riserva MAB UNESCO, il paesaggio naturalistico di “Monte Fontana Secca e Col de Spadarot” verrà rivitalizzato e manutenuto mentre l’edificio chiamato “lo stallone”, anche questo in fase di recupero, diventerà un centro didattico a disposizione delle scuole e centro di formazione per studenti di agronomia.
Area delle tradizioni e dei prodotti tipici
Luogo di alpeggio e transumanza, sul Grappa nel periodo estivo continuano a “venire in ferie” le mucche che dalla pianura raggiungono i pascoli di montagna. Fino a pochi decenni fa anche i pascoli del Monte Fontana Secca erano terra di pastori che quassù portavano le loro vacche burline, unica razza autoctona del Veneto, oggi a rischio di estinzione.
Nella stagione estiva l’aria profumava di fiori e formaggio perché nella malga Fontana Secca ogni giorno si producevano bontà casearie tra cui il Bastardo del Grappa e il Morlacco, quest’ultimo Presidio Slow Food. Ora le casere verranno ricostruite e rimesse in funzione. E tutto quello che è legato alla cultura dell’alpeggio, compreso il ritorno delle vacche burline, e alla produzione casearia verrà salvato, raccontato e tramandato alle nuove generazioni.
Luisa Quinto