La spedizione scientifica che si è chiusa il 5 agosto ha rilevato anche la presenza del relitto di una grande nave
Non serve andare nello spazio per effettuare sorprendenti scoperte.
Lo stesso mare che circonda l’Italia, e in particolare il suo fondale, riserva possibili rivelazioni per gli scienziati che si pongono l’obiettivo di approfondire la conoscenza e lo studio dei numerosi tratti marini ancora sconosciuti, per ricostruirne la morfologia.
È quanto avvenuto nei giorni scorsi grazie alla spedizione scientifica internazionale M191 Suave, coordinata congiuntamente dall’Università di Malta e dall’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste.
Il lavoro svolto dal 16 luglio al 5 agosto a bordo della nave tedesca Meteor ha permesso infatti di rilevare nel Canale di Sicilia la presenza di 3 vulcani sottomarini ancora sconosciuti e di un relitto di una nave lunga 100 metri.
I nuovi vulcani
Già nel 2019, i ricercatori dell’Ogs avevano scoperto altri coni vulcanici sul fondo marino siciliano. La nuova scoperta, a cui hanno partecipato anche ricercatori tedeschi, statunitensi, neozelandesi e britannici, ha adesso portato alla luce i 3 vulcani. Siti nell’area marina tra Mazara del Vallo e Sciacca, i nuovi coni occupano una superficie di almeno 6 km di larghezza e si elevano di più di 150 metri dal fondo mare.
Insieme alla scoperta dei crateri, gli studi e le rilevazioni effettuate hanno già permesso di chiarire alcuni fenomeni di idrotermalismo. Inoltre, la raccolta di campioni di roccia come lave e depositi piroclastici dai vari vulcani sottomarini, alcuni dei quali già noti da indagini indirette, consentirà nei prossimi mesi una più approfondita analisi di laboratorio, da cui sarà possibile dedurre indicazioni sia sull’età dei vulcani che sulle caratteristiche del magma.
“Questi dati – commenta Giulia Matilde Ferrante, ricercatrice della Sezione di Geofisica dell’Ogs – saranno fondamentali per ricostruire la storia geologica di una delle regioni più complesse del Mediterraneo centrale. Qui, a partire da circa 4-5 milioni di anni fa, si è sviluppato un sistema di profonde fosse legate a processi tettonici di tipo estensionale, che tecnicamente chiamiamo rift, che non hanno portato però alla formazione di crosta oceanica”.
La mappatura e il relitto
Il fondale marino è stato esplorato con un ecoscandaglio per la ricostruzione ad alta definizione della sua morfologia, un magnetometro per identificare le anomalie associate a strutture vulcaniche sottomarine e un sistema di sismica ad alta risoluzione per osservare le caratteristiche geologiche delle prime decine di metri al di sotto del fondo mare. Sono stati così rilevati anche alcuni errori nelle mappe batimetriche esistenti, in particolare riguardo ad alcuni edifici vulcanici in realtà non esistenti.
Grazie alla mappatura dei fondali condotta nel corso della campagna è stato quindi individuato anche il relitto di una nave, lunga 100 metri e larga 17 metri, adagiata a 110 metri di profondità sul Banco Senza Nome, più o meno a metà strada tra l’isola vulcanica di Linosa e la Sicilia. La posizione del relitto è stata successivamente segnalata alle autorità marittime italiane.
“Questi risultati – concludono Dario Civile ed Emanuele Lodolo, co-proponenti Ogs del progetto – dimostrano, ancora una volta, come la mappatura ad alta risoluzione dei fondali sia fondamentale e prioritaria non solo per la conoscenza di base, ma anche per aspetti più pratici quali la sicurezza della navigazione e della messa in posa di cavi sottomarini, la valutazione dei rischi legati alla presenza di edifici vulcanici relativamente vicini alle coste, l‘analisi dell’evoluzione costiera e la salvaguardia degli ecosistemi marini”.
Alberto Minazzi