Il 13° rapporto di Symbola: la filiera è ripartita e genera anche 176,4 miliardi di valore aggiunto anche nell’indotto
Dopo la crisi degli anni passati, il sistema produttivo culturale e creativo italiano è tornato nel 2022 ad avere un segno positivo.
Lo scorso anno, il valore aggiunto generato complessivamente dalla filiera ha toccato i 95,5 miliardi di euro, con una crescita del +6,8% dal 2021 e del +4,4% dal 2019.
A questi, confermando che la cultura è un formidabile attivatore di economia, vanno aggiunti altri 176,4 miliardi attivati in settori diversi (come turismo, trasporti e made in Italy), portando il totale a circa 271,9 miliardi.
Il valore aggiunto legato a cultura e creatività, dunque, raggiunge il 15,9% dell’economia nazionale. E il settore culturale offre lavoro a 1.490.738 persone, pari al 5,8% dell’occupazione totale.
La cultura, un volano anche per la transizione ecologica
I dati emergono dalla 13^ edizione del rapporto “Io sono cultura”, realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, che analizza l’evoluzione della filiera proprio in termini di produzione di ricchezza e creazione di posti di lavoro. “Le industrie culturali e creative – evidenzia il rapporto – sono tra i settori più strategici per facilitare la ripresa economica e sociale italiana”.
“Bellezza e cultura – prosegue il rapporto– sono parte del dna italiano e sono alla base delle ricette made in Italy per la fuoriuscita dalle crisi”. “Più che in altri Paesi – commenta il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – cultura e creatività, oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare insieme, senza paura, le difficili sfide che abbiamo davanti”.
Tra queste Realacci comprende anche la crisi climatica e la transizione ecologica, ritenendo che il nostro Paese possa essere “protagonista del nuovo Bauhaus fortemente voluto dalla Commissione Europea”. “Se l’Italia – conclude – produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro”.
I numeri della cultura e della creatività italiana nel 2022
Nel sistema produttivo culturale e creativo, precisa Symbola, rientrano non solo le attività “core”, che producono beni e servizi culturali (dalla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico alle arti visive e performative), ma anche quelle “creative driven” che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti e quindi la loro competitività. Vi fanno parte anche attività che operano secondo logiche industriali, dei broadcaster e alcune di servizi.
Nel 2022, sono così derivati 52,7 miliardi di valore aggiunto (+7,2%) dalle attività “core” e 42,8 dalle “creative driven”, in crescita del +6,4% e al massimo livello degli ultimi 3 anni. Le imprese operanti nella filiera sono salite a 275.318 (+1,8%), recuperando completamente (+0,3%) rispetto al periodo pre-pandemico, con una performance dunque superiore a quella dell’economia nel suo complesso, che registra nel 2022 ancora un -1,2% rispetto al 2019.
A queste vanno aggiunte 37.668 organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (pari al 10,4% del totale nazionale) e occupano più di 21 mila tra dipendenti, interinali ed esterni. Gli occupati “core” sono invece 852 mila (+3,3%) e quelli “creative driven” 639 mila (+2,5%), grazie a un recupero degli oltre 43 mila posti di lavoro persi nel 2021, nei cui confronti la variazione complessiva è del +3%, contro il +1,7% nazionale.
Il boom del mercato digitale e il turismo
In un quadro generalmente positivo, la punta di diamante si conferma il comparto di videogiochi e software, che contribuisce maggiormente alla ricchezza della filiera: 14,6 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 15,3% del totale, con una crescita annua sia in termini economici (+9,6%) che occupazionali (+7%, pari a oltre 12 mila unità, che portano i lavoratori del comparto a incidere per il 12,4% sul totale della filiera).
Continua, dunque, l’espansione del mercato digitale, anche se gli incrementi più significativi in termini di valore aggiunto sono stati lo scorso anno quelli fatti registrare dal comparto di performing arts e arti visive (+14,1%) e dalle attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico (+13,5%). In questi casi c’è anche una ripresa occupazionale, rispettivamente del +4,5% e del +3,8%, pur restando ancora molto indietro rispetto al 2019.
A sottolineare come il sistema produttivo culturale e creativo costituisca anche “un elemento cardine di attrattività per i visitatori in arrivo nel nostro Paese” è quindi il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “La spesa complessiva sostenuta da turisti con consumi culturali, che hanno cioè speso in spettacoli teatrali, concerti, folklore, visite guidate, musei, mostre – ricorda – ha sfiorato i 135 miliardi di euro, pari al 44,9% della spesa turistica complessiva”.
Lombardia e Lazio leader del sistema
Il rapporto analizza infine il sistema dal punto di vista territoriale, evidenziando in generale la chiara differenziazione tra Nord e Sud. La Lombardia è così la regione che genera il più alto valore aggiunto (26,4 miliardi, pari al 27,6% della filiera e al 6,8% della ricchezza prodotta in regione) e ha il maggior numero di addetti (353 mila, quasi un quarto della filiera e il 7,2% del totale economia). L’area metropolitana di Milano guida invece le graduatorie provinciali, con il 9,4% di ricchezza e il 9,8% di occupazione.
Il secondo grande polo del sistema è rappresentato dal Lazio, che contribuisce con 14,4 miliardi di valore aggiunto (il 15% della filiera e il 7,6% dell’economia regionale) e 197 mila occupati (il 13,2% del sistema e il 7,1% dell’occupazione regionale). Roma è inoltre la seconda provincia per valore aggiunto (8,4%) e la terza per occupazione (7,9%), superata dalla sorprendente Arezzo (8,7%), che è anche terza per ricchezza prodotta (7,9%), dove spiccano anche Torino, Trieste, Firenze e Bologna.
Lombardia e Lazio mostrano anche la maggiore specializzazione culturale e creativa. Per l’incidenza sull’economia regionale sono seguite da Piemonte (dove il settore incide per il 6,1% in valore aggiunto e il 6,4% in occupazione), Friuli Venezia Giulia (5,5% e 5,8%), Veneto (5,4% e 6,1%) e Toscana (5,4% e 6%), che però è l’unica regione con segno meno (-0,5%) per la variazione di valore aggiunto rispetto al 2019. La migliore performance, in tal senso, è della Liguria: +9,3%, con anche un +3,9% per l’occupazione (dove invece frena soprattutto il Trentino Alto Adige: -4,8%).
Alberto Minazzi