Nel giorno dell’anniversario del crollo, spunta una ricerca secondo la quale il capomastro Luigi Vendrasco aveva preannunciato ciò che sarebbe accaduto
Forse non tutti sanno che un tempo il Campanile di San Marco, per tutti i veneziani ancora oggi “El Paron de Casa”, era un faro, la cui cima di giorno segnalava con gli specchi e di notte con i fuochi.
Nella giornata del 14 luglio, ricorre l’anniversario del suo crollo, avvenuto nel 1902, una data che la città non può dimenticare.
Sono passati 121 anni da quella mattina in cui, dopo un forte boato che scosse Venezia, uno dei principali simboli nel mondo si accasciò rovinosamente a terra, fortunatamente senza causare vittime.
In occasione dell’anniversario il gruppo “elparondecasa.net” mette in luce un lavoro di ricerca, realizzato da uno dei suoi componenti, Paolo Voltolina, nella quale emerge una verità sconcertante: il capomastro di allora, Luigi Vendrasco, aveva preannunciato ciò che poi sarebbe accaduto.
Il “profeta” del crollo del campanile di San Marco
Siamo a Venezia tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, quando in città, con la presenza di una personalità di spicco come John Ruskin, che favorì l’elaborazione di una nuova concezione del restauro conservativo, si stava affermando un’intera generazione di architetti, capimastri e restauratori.
Tra loro un ruolo di prim’ordine lo assunse tal Luigi Vendrasco, una figura indissolubilmente legata alla storia del Campanile, pur se considerata minore nella storiografia veneziana.
E fu proprio lui, addetto all’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti in Veneto, già nel 1892, a lanciare l’allarme sul possibile crollo.
Aveva previsto tutto, perfino le modalità di quanto poi si è effettivamente verificato. Se l’avessero ascoltato, le cose probabilmente sarebbero andate diversamente…
Luigi Vendrasco, lo specialista in progettazione e messa in stabilità dei campanili
Il capomastro era arrivato a Venezia da San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, per svolgere l’attività di falegname nelle vicinanze di San Zaccaria.
Per oltre settant’anni lavorò ininterrottamente sui principali monumenti della città e per un breve periodo anche a Padova, dove si spostò nel 1867, dopo aver combattuto in Piemonte durante la Seconda Guerra di Indipendenza, per lavorare al restauro delle cupole del Santo.
Nel 1871 ritornò a Venezia e sette anni dopo fu assunto per coordinare i grandi lavori di restauro di palazzo Ducale (1875 – 1890) in veste di aiutante esterno del Genio Civile.
Luigi Vendrasco e il figlio Giovanni Antonio erano specializzati in progettazione e messa in stabilità di campanili e nella realizzazione dei relativi ponteggi e insieme diedero un decisivo contributo a tali lavori nella sostituzione di gran parte delle strutture architettoniche portanti e riuscendo anche a raddrizzare le colonne in Piazzetta San Marco, dopo quasi quattro secoli di inclinazione.
La svolta e i contrasti lavorativi
Le cose cambiarono nel 1891 per l’istituzione degli Uffici Regionali per la Conservazione dei Monumenti, le attuali Soprintendenze.
Per il capomastro e il figlio, valido ed esperto geometra, iniziò un periodo di contrasti in quanto i due intendenti d’arte, che fino a quel momento lavoravano sotto l’egida del genio Civile, furono assorbiti nella nuova struttura e da quel momento diretti dal nuovo soprintendente di nomina governativa Federico Berchet.
Negli anni il cui operato fu contrastato, non solo dai Vendrasco, per scarsa competenza e inettitudine nella conduzione dei lavori di restauro dei locali interni di Palazzo ducale. Tanto che a seguito di un articolo del figlio Giovanni Antonio sulla “Gazzetta degli Artisti”, arrivò a Vendrasco una denuncia per diffamazione e seguì un processo al termine del quale pur venendogli riconosciute onestà e competenza professionale, fu destituito dall’incarico.
La lotta inascoltata per scongiurare il crollo del Campanile
Forte della sua professionalità, Luigi Vendrasco cercò comunque di portare avanti le sue verità denunciando l’incompetenza e l’inavvedutezza nella conduzione di alcuni lavori di consolidamento e restauro. Se già nel 1892 era duramente intervenuto contro la proposta di collocare un ascensore all’interno del Campanile di San Marco, scongiurandone di fatto la realizzazione, nel 1898 richiamò nuovamente l’attenzione delle autorità preposte, scrivendo addirittura alla regina Margherita e alla regina Vittoria, contestando i lavori sulla pericolante Torre Marciana che la Procuratoria di San Marco stava eseguendo di concerto con l’Ufficio Regionale.
L’ultimo grido di allarme per “el Paron de Casa”, si legge nella ricerca di Paolo Voltolina, lo lanciò proprio il 14 luglio 1902 quando “alle 4 del mattino, recatosi in Piazza San Marco, salì sulla balaustra della Basilica e “rivolgendo il binocolo verso il gigante moribondo”, scuotendo il capo esclamò: “E’ finita!” . Il resto della storia è noto.