L’Italia è un Paese soggetto a forte stress idrico e le abitudini di singoli individui e aziende non aiutano ad alleviare il problema.
Un italiano su cinque abita in zone a rischio allagamento; 7 milioni di italiani, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici sono minacciati da pericolosità idraulica.
La nostra Penisola si trova in una zona particolarmente vulnerabile nel bacino del Mediterraneo, in una sorta di sacca di riscaldamento.
E nel corso del 2022, per la prima volta, ha contato oltre 2000 eventi climatici estremi.
A fare il punto della situazione, nel corso della 4° Conferenza Nazionale sul Clima, tenutasi il 5 luglio all’Auditorium dell’Ara Pacis a Roma, gli esperti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, chiamati a discutere del rapporto del nostro Paese con l’acqua nell’era del cambiamento climatico per esporre le strategie più adatte ad affrontare la crisi. Il quadro scaturito dal congresso – che ha visto la partecipazione di enti pubblici e privati, mondo della politica e dell’impresa – è particolarmente preoccupante: l’Italia è in pericolo idrogeologico a causa dell’ innalzamento delle temperature globali.
Barbabella: “l’80% degli impianti sciistici rischiano la chiusura”
Da un lato l’uso della risorsa idrica, dall’altro la questione legata al clima.
“L’Italia consuma 40 miliardi di metri cubi all’anno (la Spagna al secondo posto con 30); è uno dei paesi europei con la più ampia disponibilità idrica – 130 miliardi di m3 annui – ma questo dato è in riduzione del 20% negli ultimi decenni – ha sottolineato Andrea Barbabella, responsabile scientifico di Italy for Climate, centro di studi scientifico della Fondazione – I ghiacciai, in vent’anni, hanno perso 25 metri di spessore e circa 50 miliardi di m3, influenzando la portata idrica nel bacino padano. Le precipitazioni nevose sono in calo del 64%: l’80% degli impianti sciistici rischiano la chiusura”.
Boscolo: “Le ondate di calore estremo sono passate da 1 ogni 10 anni a 1 ogni 2 anni”
A questo si aggiunge l’incremento delle temperature.
Come sottolineato da Roberta Boscolo, responsabile clima ed energia della World Meteorological Organization, negli ultimi dieci anni la media annuale di innalzamento degli oceani è stata di 4,5, mentre le temperature sono aumentate di circa 1,15°C.
Ciò ha determinato l’aumento di precipitazioni violente, in quanto più l’aria è calda, più aumenta la portata di umidità; questo per colpa dei gas serra, che per definizione sono portati a trattenere più calore. In Italia l’aumento è vicino ai 3 gradi centigradi: le ondate di calore estremo sono passate da 1 ogni 10 anni a 1 ogni 2 anni con l’aumento di 1,5°C previsto dall’accordo di Parigi.
Da qui il “paradosso” per il quale coesistono periodi siccitosi e grandi eventi atmosferici, che rischiano di mettere in pericolo un quinto della popolazione italiana. Questo se i dati rimanessero fermi a quelli attuali. Se il trend dovesse rimanere tale, le previsioni per la seconda parte del secolo prevedono un aumento di 4°C, ovvero un evento catastrofico all’anno.
Un Paese soggetto a forte stress idrico
L’Italia è quindi un paese soggetto a forte stress idrico, dove le abitudini di singoli individui e aziende non aiutano ad alleviare il problema.
Gli italiani consumano 220 litri pro capite all’anno – il doppio della media europea – mentre le imprese utilizzano quattro volte tanto l’acqua necessaria alla Germania per le proprie industrie. Gran parte dei nostri prelievi idrici sono dettati dal settore agricolo, che ne utilizza il 41% del totale (secondi solo alla Spagna).
La cementificazione non aiuta, anzi, aumentando i rischi di allagamento e alluvioni.
Le perdite economiche tra il 1980 e il 2020, in Italia, ammontano a 87 miliardi di euro, dietro a Germania e Francia.
Un dossier in dieci punti
Per affrontare la crisi è stato presentato, durante la conferenza, un dossier in dieci punti.
Gli obiettivi riguardano il taglio delle emissioni di CO2 per raggiungere la neutralità climatica nel 2045, l’adozione di una legge per il clima, aumentare le conoscenze delle risorse idriche in Italia, rinnovare le infrastrutture, verificare i piani di gestione delle alluvioni e valorizzare i ruoli della città, in un contesto generale di economia circolare fondamentale per la decarbonizzazione e il raggiungimento degli obiettivi preposti per il 2050 (ciò grazie al supporto del Circular Economy Network).
Tali punti sono compresi nella Roadmap proposta da I4C e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentata in chiusura da Edo Ronchi, presidente della Fondazione stessa: “Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento. La Roadmap prevede obiettivi e target sfidanti al 2030 e al 2045 e specifiche strategie settoriali. Per l’Italia, Paese vulnerabile per i cambiamenti climatici, è più conveniente accelerare l’impegno e puntare su obiettivi avanzati di decarbonizzazione, per cogliere anche i vantaggi tecnologici, economici e occupazionali”.