Artigiani del legno e “scattoleri”, i cimbri sono una minoranza etnico linguistica che tutela la propria cultura.
Nel cuore del Triveneto, tra le province di Treviso, Belluno e Pordenone, si incastra una foresta di confine tra le Prealpi carniche e l’area padana.
Un macrosistema ambientale dove convivono specie animali di montagna, di collina e di pianura.
Fauna che viene e che va, in un cospicuo flusso migratorio che interessa tanto i volatili quanto gli esseri umani, giunti nella Foresta del Cansiglio oltre due secoli fa e ancora presenti, nella loro minoranza comunitaria, a difendere il loro retaggio culturale secolare.
Nel silenzioso altopiano del Cansiglio – così vorrebbe una delle ipotesi etimologiche del nome, insieme alla derivazione latina concilium, “terra consortile indivisa di boschi e pascoli” – trovarono posto, alla fine del diciottesimo secolo quattro famiglie provenienti da Roana, uno dei sette comuni dell’altopiano di Asiago.
Azzalini, Gandin, Slaviero e Bonato: furono loro, dal 1798, a iniziare la storia dei Cimbri del Cansiglio.
I Cimbri del Cansiglio
“I Cimbri sono una minoranza etnico-linguistica germanofona proveniente dalla Baviera. Migrarono intorno al 1000 in Italia, alla ricerca di terre – spiega Francesco Azzalini, segretario dell’associazione culturale Cimbri del Cansiglio -. Si stabilirono innanzitutto ad Asiago; nel 1200, grazie alle abbazie benedettine, arrivarono anche in Lessinia, nel veronese. Dopo la caduta di Venezia per mano di Napoleone – continua Azzalini – i sette comuni dell’altopiano di Asiago persero la loro autonomia, concessa dalla Serenissima in cambio della difesa dei territori di confine. Un documento del 1832 attesta che Azzalini Domenico fu tra i primi a giungere nella foresta del Cansiglio, il cui controllo rimaneva in mano all’Arsenale di Venezia nonostante il dominio asburgico”.
Qui, i Cimbri – la cui etimologia cimbra tzimbarar significa “artigiani del legno” – emigrati dal vicentino ritrovano la loro vocazione; nel silenzio della Piana, continuarono a vivere in simbiosi con il loro materiale prediletto: il legno.
Boscaioli e “scattoleri”: i Cimbri e il rapporto con la Foresta
Le originarie famiglie cimbre vennero incaricate dall’Arsenale di “cambiare vestito alla Foresta del Cansiglio – o Bosco d’Alpago, come veniva chiamata al tempo la vegetazione attorno all’altopiano – abbattendo 1500 inutili fagheri. I faggi, la cui utilità era legata all’intaglio di remi e alberi da nave ormai soppiantati dalle macchine a vapore, dovevano essere sostituiti con abeti rossi, dalla combustibilità maggiore. A ogni famiglia venne assegnata una porzione di terra e di alberi da abbattere e ripopolare” continua il segretario Azzalini.
La prima attività dei Cimbri er dunque la silvicoltura; a questa associò poi quella di “scattoleri”, ovvero della fabbricazione di scatole e contenitori in legno con i quali stoccare merci solide. Questi “barilotti di faggio”, gli scatoi, soprattutto nel periodo austro-ungarico si espansero in tutto il Mediterraneo, grazie alle attività commerciali veneziane. Il proficuo lavoro permise ai Cimbri del Cansiglio, arrivati in sei a inizio XIX secolo, di prosperare: sessant’anni dopo si contavano già più di 200 individui.“Per rimanere nelle terre del Cansiglio, i Cimbri stabilirono un vincolo con l’impero austriaco, pagando 16 fiorini annui per l’occupazione dei terreni demaniali” spiega Francesco Azzalini. Regola valida ancora oggi per due dei villaggi più antichi, Vallorch e Le Rotte, i quali pagano allo Stato italiano circa 500 euro all’anno per utilizzo del suolo. Gli altri comuni cimbri invece sono coperti dalla legge 5/95: occupano demanio regionale e sono tutelati da un diritto di superficie di 99 anni, con pagamento una tantum.
I Cimbri nel terzo millennio
Oggigiorno i Cimbri rimasti si trovano nei comuni di Alpago, Tambre, nella pedemontana Fregona, ai limiti con la foresta del Cansiglio.
A livello minoritario si sono stabiliti anche nei territori limitrofi, come Vittorio Veneto, Conegliano, Cordignano, Cappella Maggiore.
La Seconda guerra mondiale diede inizio alla dispersione dei Cimbri, i quali iniziarono a integrarsi a nuovi indirizzi economici.
Rimasero solo i vecchi “scatoleri” della tradizione, i quali fondarono i villaggi di Pian dell’Osteria, Canaie, Campon, Le Rotte e Vallorch.
Proprio a Pian Osteria si trova il Museo regionale dell’uomo nel Cansiglio – Centro etnografico e di cultura cimbra.
Inaugurato il 18 agosto 1984, un anno dopo la fondazione dell’associazione Cimbri del Cansiglio, è una delle attività principali in difesa della cultura cimbra: il lascito artigianale della comunità da un lato, la lingua cimbrica dall’altro. Una lingua minoritaria e di origine germanica, resistente ai cambiamenti per la natura schiva e solitaria dei Cimbri, i quali hanno sempre vissuto principalmente nelle foreste. Ciò ne ha preservato l’idioma, sul quale vi è tuttora un interesse accademico per le somiglianze con il tedesco antico.
“L’associazione, anche grazie alla legge 30/2021 per l’assegnazione di contributi regionali, è riuscita a ricostruire le tipiche abitazioni in legno dei Cimbri in alcuni dei nove villaggi della Foresta – spiega Francesco Azzalini – oltre al rifacimento di 30 km di antichi sentieri che li collegavano. Abbiamo inoltre recuperato recinzioni e orti, tolto materiali metallici e ripristinato le costruzioni in legno della nostra cultura. Il rapporto d’amore con il Bosco permane – continua Francesco – nonostante ormai la sua gestione sia interamente nelle mani di Veneto Agricoltura. Aiutiamo promuovendo la cultura cimbra, grazie a visite guidate, escursioni e cercando di difendere la nostra minoranza linguistica insieme alle altre lingue di origine germanica (come il ladino) all’interno del “Comitato unitario delle Isole linguistiche storiche germaniche in Italia”.
Nonostante la globalizzazione, le nuove tecnologie e un accentramento linguistico verso l’anglofonia, i Cimbri del Cansiglio continuano a esistere: “È una questione di riconoscenza verso i nostri antenati, di famiglie che si sono spostate dove non c’era nulla, affrontando situazioni drammatiche (ad Asiago si stava morendo di fame), dimostrando un coraggio eccezionale. La lingua è un elemento in più, il cimbro è un valore aggiunto alla foresta; vogliamo salvaguardare la presenza della sua unicità. È la storia che insegna ad avere coraggio nella vita, e salvare le lingue ha una valenza educativa”.
Un’educazione che arriva dal silenzio della Cansiglio, tra le ombre dei faggi, dove la cultura dei Cimbri continua a vivere.
Damiano Martin