All’Università di Macerata presentata la cattedra “Jean Monnet”, unica finanziata da Bruxelles
Ancor prima che lo sviluppo tecnologico rendesse realtà l’idea di un’intelligenza artificiale sviluppata a un livello tale da riuscire a imitare quasi perfettamente quella umana, si è imposto il cosiddetto
“Terminator effect”: il timore che l‘uomo possa esser soppiantato dalle macchine. Uno dei grandi punti di domanda sui rischi legati a computer che siano capaci non solo di scrivere o risolvere problemi in autonomia, ma in prospettiva anche di elaborare veri e propri pensieri che sottintendono valutazioni non meramente meccaniche ma anche morali. Questioni etiche che, a fronte delle sempre nuove opportunità che si stanno aprendo sul fronte dell’intelligenza artificiale, oggi sono di assoluta attualità.
Una cattedra per l’AI
Il tema è anzi talmente “caldo” che, per la prima volta nel nostro continente, l’Unione Europea, nell’ambito del programma Erasmus+, ha deciso di finanziare un corso universitario di “Etica per un’Europa digitale inclusiva”.
E la scelta dell’ateneo in cui creare la cattedra “Jean Monnet Edit” dopo una strettissima selezione è caduta sull’Italia, più precisamente sull’Università di Macerata, dove è stata affidata alla docente Benedetta Giovanola, in collaborazione con il professor Emanuele Frontoni.
L’idea di fondo è quella di cercare di arrivare a una regolamentazione del fenomeno prima che questo possa sfuggire irreparabilmente di mano all’uomo.
“Questa – ha spiegato Giovanola in occasione della presentazione del corso – è una cattedra che punta a sviluppare percorsi di formazione, ma anche la diffusione nella società civile di conoscenze tra i vari stakeholders, in modo da poter portare a sviluppare quel senso critico che niente e nessuno potrà mai sostituire, ma che d’altro lato noi dobbiamo sempre alimentare”.
Tra gli intervenuti all’evento organizzato a Portonovo (AN) hanno approfondito la riflessione su questi argomenti anche esperti statunitensi che ne stanno già affrontando gli aspetti più importanti. “L’intelligenza artificiale – ha sottolineato Mathias Risse, professore di Etica all’Università di Harvard – è frutto di menti ingegneristiche che hanno in mente l’obiettivo di trovare soluzioni dei problemi, ma senza preoccuparsi di come queste possano poi influire sulla vita delle persone”.
“Se eliminiamo l’aspetto umano – ha quindi aggiunto Erin Kelly, premio Pulitzer 2022 e professore ordinario alla Tufts University del Massachusetts – ci priviamo dell’unico nostro vero vantaggio sulle macchine: apprendere e ricavare informazioni dal contatto tra noi, dall’empatia, dalla conoscenza profonda tra esseri umani”. “Gli studi umanistici – ha concluso il rettore, John McCourt – svolgono un ruolo vitale nel prepararci ad affrontare le potenzialità, le sfide e anche i rischi connessi all’intelligenza artificiale. Ciò che rende umano, la nostra capacità di pensare e sentire, la nostra capacità critica e filosofica, il fascino di ciò che è difficile, vanno difese in un mondo che rischia di affidare troppo potere al digitale”.