Si moltiplicano ordinanze e piani per prevenire il proliferare di insetti potenziali vettori di malattie infettive virali. Primi casi animali di West Nile a Varese e Catania
Da sempre, uno degli inconvenienti dell’estate è la proliferazione delle zanzare, così come delle zecche, che ci insidiano con i loro morsi e punture. Da qualche anno, però, qualcosa è cambiato.
Un mutamento riscontrabile sia sul fronte degli insetti, con per esempio la presenza ormai consolidata anche in Italia della cosiddetta “zanzara tigre” (scientificamente “aedes”), che punge a qualsiasi ora del giorno, e con un ampliamento dell’area di distribuzione di artropodi indigeni.
Ma le novità riguardano anche la diffusione di nuovi virus, in gran parte anch’essi importati, a cui si collegano una serie di malattie definite nel loro insieme “arbovirosi”, che possono essere trasmessi anche da parte della zanzara comune, o “culex”.
I piani di prevenzione
Ci sono così i virus autoctoni West Nile e Usutu, trasmissibili dalla zanzara culex e al centro di una specifica sorveglianza da parte dell’Istituto Superiore della Sanità, virus da encefalite da zecca e Toscana virus.
Ma anche arbovirosi di importazione come le ben note Dengue, Chikungunya e Zika, trasmesse dalla zanzara aedes, ma anche virus della febbre gialla, Crimean Congo haemoragic fever virus, virus dell’encefalite giapponese, Rift Valley fever virus, Mayaro virus, O’Nyong-Nyong e Oropuche virus.
E quello che poteva essere, a meno di allergie specifiche, un semplice fastidio, è ormai diventato un pericolo reale di contrarre malattie potenzialmente molto pericolose per la salute.
Un’insidia nei cui confronti gioca un ruolo fondamentale la prevenzione. Così, insieme al “Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi 2020-2025”, anche le regioni si sono attrezzate con appositi piani, uniti a ordinanze comunali.
A partire dal Veneto, che occupa la non invidiabile prima posizione in molte delle classifiche di diffusione di queste forme virali.
non meno pericolosi virus come Dengue, Chikungunya o Zika.
Zanzare: i primi casi West Nile del 2023
L’ultimo bollettino pubblicato dal Dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore della Sanità è quello che riassume i risultati delle attività di sorveglianza aggiornati al 24 maggio 2023. Pur non essendo stati segnalati casi confermati nell’uomo, si sottolinea un “precoce inizio di stagione della circolazione del West Nile virus” emersa dalla sorveglianza veterinaria attuata su cavalli, zanzare, uccelli stanziali e selvatici.
Oltre 70 specie di uccelli, soprattutto passeriformi e corvidi, sono infatti serbatoi dell’infezione, potendo in essi il virus persistere da alcuni giormi a qualche mese. Nello specifico, la presenza di West Nile è stata confermata in una cornacchia, rientrante tra le “specie bersaglio” (insieme a gazze e ghiandaie), in provincia di Varese. Un pool di zanzare è stato invece confermato positivo in provincia di Catania.
West Nile e Usutu: il bilancio 2022
Il Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi 2020-2025, sottoscritto dalla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome, prevede attività di sorveglianza dei casi umani per tutto l’anno e dai primi di maggio a tutto novembre nelle regioni in cui sia stata identificata un’area endemica. E l’ultimo bollettino dello scorso anno ha confermato in tutta Italia 6 casi di Usutu e 588 di West Nile nell’uomo.
La casistica scientifica indica attorno all’80% la percentuale di chi si infetta in maniera asintomatica, mentre i sintomi più comuni sono febbre, cefalea, dolori muscolo-articolari, sintomi simil influenzali e in qualche caso rash cutaneo.
È meno dell’1% a sviluppare una malattia neuroinvasiva come meningite, encefalite o paralisi flaccida.
Lo scorso anno, questi casi più gravi in Italia sono stati 295.
89 casi sono stati identificati in donatori di sangue, i casi di febbre sono stati 194, i casi sintomatici 10 e i decessi 37.
Il “primato” del Veneto
Il primo caso umano del 2022 in Italia è stato segnalato, a giugno, in provincia di Padova. E il Veneto ha fatto registrare, nel Paese, i numeri più alti in quasi ogni casistica. Il bollettino nazionale dell’1 novembre 2022 riporta 142 casi con forma neuro-invasiva, 26 tra donatori di sangue (prima la Lombardia con 31), 161 casi di febbre, 8 casi sintomatici e 17 decessi. Il Veneto risulta inoltre tra le regioni (con Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna) in cui è stata confermata la circolazione del West Nile virus negli animali.
L’aggiornamento regionale del 18 novembre 2022 aveva quindi portato a 500 (di cui 178 in forma neuroinvasiva e 32 tra i donatori di sangue) i casi di West Nile registrati e confermati in Veneto, con un’età media dei malati di 82,8 anni e una prevalenza al 72,7% di maschi, causa di 22 decessi. Nel bollettino anche 49 casi di Tbe, 24 di Dengue, 1 di Zika, 4 di Toscana virus e 1 di Usutu.
Tra i 145 pool di zanzare e gli altrettanti di uccelli in cui è stato identificato in Italia quest’ultimo virus risultano inoltre tutte le province venete, tranne Belluno per le zanzare e Belluno e Treviso per gli uccelli.
Arbovirosi: il piano veneto 2023
La Regione ha dunque aggiornato per il 2023, il “Piano regionale per il controllo delle zanzare nelle aree urbane”, dedicato a tutti i possibili vettori di arbovirosi e mirato a fornire in particolare a Ulss e Comuni, uno strumento utile per condurre le azioni di lotta integrata per contrastare la proliferazione delle zanzare nell’ambito delle proprie competenze. Dalla spiegazione dei principi attivi e delle attrezzature da impiegare al sussidio su come redigere un piano comunale di disinfestazione, dai metodi di monitoraggio ai protocolli operativi, il Piano aggiorna tra l’altro anche le definizioni di “caso” e riporta le azioni di prevenzione, i percorsi diagnostici e le principali azioni di Sanità Pubblica da adottare sul territorio regionale per la sorveglianza e il controllo, definendo linee operative uniformi.
Le zanzare del Nord-Est
Il Piano veneto, inoltre, descrive le specie di zanzare invasive presenti in Veneto e nel Nord-Est.
Una prima categoria riguarda le zanzare di origine asiatica, introdotte in Europa attraverso scambi commerciali: aedes albopictus, aedes koreicus e aedes japonicus. La prima, più conosciuta come zanzara tigre, si è adattata in tutta Italia ad habitat differenti per temperatura, tipologia di ambiente e livello di frequentazione umana. È attiva, come le altre zanzare del genere aedes, principalmente nelle ore diurne e crepuscolari.
In comune alle altre specie aedes, la zanzara tigre ha anche la capacità di deporre uova resistenti al freddo e all’essiccamento, di completare il proprio ciclo di sviluppo in piccole raccolte d’acqua e di compiere il pasto di sangue su un’ampia varietà di ospiti.
Le zanzare coreana e giapponese invece prediligono ambienti rurali o silvestri, con maggiore tolleranza alle basse temperature, che permette loro di colonizzare ambienti fino ai 1400 metri di altitudine, ma manifestano un’aggressività inferiore nella ricerca dell’ospite da pungere.
Le zanzare endemiche più importanti dal punto di vista sanitario sono la zanzara comune (culex pipiens) e la zanzara aedes caspius.
La culex pipiens, attiva nelle ore notturne, si sviluppa in raccolte d’acqua di diverse dimensioni, come le caditoie in ambito urbano e grandi contenitori artificiali, stagni (in assenza di pesci) e canali di irrigazione in ambiente rurale.
Queste zanzare sono il principale vettore dei virus West Nile e Usutu, ma possono trasmettere anche altre malattie di natura parassitaria.
La aedes (o ochlerotatus) caspius è nota anche come zanzara di risaia ed è una delle specie più abbondanti nelle regioni del Nord-Est Italia.
Il Piano la descrive come una “specie esofila, antropofila, diurna, particolarmente attiva durante le ore crepuscolari nelle zone costiere lagunari e, più generale, nelle aree soggette ad allagamento”. La sua puntura è particolarmente dolorosa e il comportamento è estremamente aggressivo. È in grado di trasmettere una patologia di interesse principalmente veterinario come la filariosi cardiopolmonare.
Le principali patologie da puntura d’insetto
Per il flavivirus West Nile, responsabile della maggior quota delle infezioni da arbovirus segnalate ogni anno, attualmente, le province di Verona, Treviso, Venezia, Padova, Rovigo e Vicenza sono classificate come aree ad alto rischio di trasmissione.
Pur essendo geneticamente molto simile a West Nile, con cui condivide ciclo di trasmissione e aree di circolazione, a differenza del primo Usutu provoca un’infezione umana in genere asintomatica e raramente associata a malattia neuroinvasiva.
Riguardo a Chikungunya (il cui primo focolaio, in Emilia Romagma, risale al 2007, con altri due focolai in Lazio e Calabria nel 2017), Dengue (un focolaio in Veneto nel 2020) e Zika (che può provocare malformazioni nel feto di una donna in gravidanza), il Piano del Veneto prevede una vigenza del protocollo per la sorveglianza clinica per tutto l’anno. Nei soggetti con storia recente di viaggi in aree endemiche che presentano febbre e con quadro clinico compatibile, va inoltre considerata la possibilità di infezione da altri arbovirus.
Infine, tra le malattie endemiche in Italia rientrano anche l’encefalite virale da zecche e la malattia neuro-invasiva da Toscana virus.
Il primo è un flavivirus, comparso per la prima volta nel 1994 nel Bellunese, che viene trasmesso attraverso la puntura di zecche infette, oppure, meno frequentemente, tramite consumo di latte e prodotti a base di latte non pastorizzato, ottenuto da animali infetti.
L’infezione può evolvere in malattia neuro-invasiva in circa il 20-30% dei pazienti, con un tasso di mortalità dello 0,5-2%.
I primi casi di Toscana virus segnalati in Veneto risalgono al 2021 e al 2022. Si tratta di un phlebovirus diffuso nell’area mediterranea e trasmesso da flebotomi ed è considerato una causa comune di meningite durante il periodo estivo.
Le ordinanze anti-zanzare
Anche a livello comunale e di Ulss, in ogni caso, sono molteplici le ordinanze pubblicate negli ultimi mesi e i programmi di disinfestazioni su aree pubbliche. Perché, da Padova a Venezia, passando per Santa Maria di Sala (il Comune dell’entroterra veneziano ha fissato anche sanzione amministrative, da 25 a 500 euro, per chi non osserva le regole), l’idea di fondo è quella della fondamentale importanza della prevenzione, con l’adozione di “trattamenti adulticidi” solo in via straordinaria.
Muovendo dal “Piano di sorveglianza integrata e misure di lotta ai vettori” dell’Ulss 3 Serenissima, il Comune di Venezia ha così adesso disposto un rafforzamento di lotta alle zanzare, agendo principalmente con la rimozione dei focolari larvali e con adeguati trattamenti larvicidi nelle aree pubbliche di propria competenza: dalla pulitura di parchi e fossati agli interventi sulle 50 mila caditoie di terraferma e le 20 mila del centro storico.
Le indicazioni per i privati contro le zanzare
Chiedendo ai privati una forte collaborazione e responsabilità, l’ordinanza veneziana prevede anche l’avvio di una campagna di sensibilizzazione, attraverso l’indicazione di alcune raccomandazioni per chiunque abbia l’effettiva disponibilità di aree all’aperto. Si invita, tra l’altro, a evitare l’abbandono di contenitori di qualsiasi natura in cui possa raccogliersi acqua piovana o stagnante, a svuotarli nell’eventualità di deposito o a chiuderli con zanzariere o coperchi.
Ancora, l’acqua presente in tombini (compresi quelli non all’aperto) e griglie di scarico, ma anche fontane e piscine non in esercizio, va trattata con prodotti autorizzati di sicura efficacia larvicida, con ripetizione del trattamento in caso di pioggia.
I cortili e le aree aperte vanno quindi tenuti sgombri da erbacce, sterpi e rifiuti e i vasi portafiori nei cimiteri vanno riempiti con acqua trattata con prodotti larvicidi o con sabbia.
I consigli per i repellenti cutanei antizanzare
Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, intanto, già da qualche anno ha pubblicato un utile opuscolo per la scelta e il corretto utilizzo dei repellenti cutanei per zanzare.
Nelle “faq” contenute all’interno, si consiglia innanzitutto di utilizzare prodotti registrati (ovvero testati e per i quali il Ministero della Salute non ritiene che possano provocare effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente) come “presidi medico chirurgici” o “biocidi”.
I prodotti “di comprovata efficacia” utilizzano princìpi attivi come dietiltoluamide, icaridina, etil butilacetilaminopropionato e paramatandiolo, mentre “citronella, lavanda, bergamotto non garantiscono adeguata effcacia”.
Il repellente può essere utilizzato, seguendo comunque alcune precauzioni, anche da bambini e donne in gravidanza o in allattamento, così come insieme a protezioni solari. E la durata dell’efficacia, prima di una nuova applicazione, dipende dalla percentuale di principio attivo, oltre che da altri fattori come strofinamento, temperatura ambientale o sudorazione.
Alberto Minazzi