Luigia Pace (Italian Institute for Genomic Medicine di Torino e IRCCS di Candiolo): “Aumentano i vaccini, ma la vera chiave è l’immunoterapia”
Pronunciarne il nome non fa più così paura, come sessant’anni fa.
Tuttavia i tumori sono ancora la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari, causando il 29% dei decessi.
Grazie ai progressi della ricerca, negli ultimi anni sono notevolmente cresciute le opportunità di cura per molte forme di cancro.
Dai vaccini all’immunoterapia, dalle cellule Car-T alla stessa evoluzione della chemioterapia, “ci sono in effetti diverse nuove possibilità di cura rispetto al passato, anche se il cancro è una malattia complessa, per la cui comprensione la ricerca gioca un ruolo chiave” fa il punto Luigia Pace ricercatrice presso l’Italian Institute for Genomic Medicine di Torino e l’IRCCS di Candiolo e titolare di un progetto “Investigator Grant” sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.
“Tumori” e non “tumore”
Per approfondire l’argomento delle terapie oggi a disposizione contro le neoplasie sono necessarie un paio di premesse. La prima riguarda la stessa classificazione: riferirsi al “tumore” in generale è impreciso. È più corretto parlare di “tumori”, al plurale. E non si tratta di una semplice precisazione linguistica.
“Se parliamo per esempio di tumore al pancreas e di tumore al polmone – sottolinea Pace – si tratta indubbiamente di malattie diverse. Ogni tumore, attraverso aberrazioni che si accumulano nel genoma e portano alla sua formazione, ha le sue proteine malfunzionanti. E se qualche fattore in comune, per alcuni tumori, si può riscontrare, è molto raro trovare la presenza delle stesse aberrazioni in tumori tra loro diversi”.
Vaccini preventivi e vaccini terapeutici
Seconda precisazione: la classica idea di un vaccino preventivo in campo oncologico non è sempre applicabile come siamo abituati a fare per le malattie infettive.
I vaccini contro i tumori, su cui la ricerca ha fatto realmente passi da gigante, sono principalmente vaccini terapeutici, che possono essere utilizzati per la cura quando il cancro si è manifestato.
Anche se non molti, ci sono dei vaccini preventivi anche in campo oncologico.
Ma anche qui il meccanismo è diverso.
“Uno dei migliori – riprende la ricercatrice dell’IIGM di Torino – è quello contro il virus del papilloma, che funziona benissimo. O quello contro l’epatite B. In questo caso, si previene l’insorgenza di altre malattie per evitare che queste portino a lungo termine alla formazione di tumori”.
Come funzionano i vaccini terapeutici contro i tumori
Una gran parte del lavoro dei ricercatori, dunque, si incentra sui vaccini terapeutici. E le alternative sono principalmente due, con buoni riscontri per entrambe: i vaccini a DNA adenovirale, su cui lavora per esempio anche Luigia Pace, e quelli a RNA.
“Il vantaggio delle nuove terapie – ci spiega la ricercatrice – è che, attraverso lo studio delle aberrazioni del DNA del paziente, che codifica per le proteine che diventano malfunzionanti, possiamo raccogliere informazioni fondamentali da utilizzare nella preparazione del vaccino, in questo caso si parla di medicina di precisione”.
L’informazione delle mutazioni delle proteine malfunzionanti, prosegue, vengono poi inserite in un vaccino terapeutico che è così in grado di “risvegliare il sistema immunitario”.
“Di fronte alla continua esposizione alle cellule tumorali il sistema immunitario purtroppo arriva al punto di essere esausto. Il vaccino, sotto il vestito del DNA o dell’ RNA, come un cavallo di Troia consente nuovamente al sistema immunitario di riconoscere il tumore e attivarsi per ucciderlo”.
Vaccini contro i tumori: lo stato dell’arte
Di vaccini di questo tipo ce ne sono tanti già in fase di trial, tra Europa e il resto del mondo, che stanno dando “risultati incoraggianti”.
“Non sono ancora accessibili a tutti – precisa – e ci vorrà ancora qualche anno, anche perché bisognerà poi aspettare le autorizzazioni. Ma ritengo che sia giusto il rispetto dell’intero iter, perché si parla di una malattia di cui si muore”.
Dal punto di vista di quelli a DNA adenovirale , illustra Luigia Pace – si stanno testando per esempio vaccini per il tumore al colon e per i melanomi.
“Pian piano, sta aumentando il numero di tumori che possono essere trattati. La ricerca sui vaccini a RNA è iniziata con i vaccini per il melanoma al quarto stadio, riuscendo in alcuni casi a far scomparire le metastasi; adesso è arrivato anche quello per il tumore alla prostata. E ci sono grandi investimenti, anche da parte delle grandi aziende biotech: nei prossimi anni ci possiamo quindi attendere buoni risultati”.
I tumori: una malattia individuale
A questo punto è necessaria un’ulteriore precisazione. “Pur essendoci molta ricerca anche sui vaccini preventivi, in particolare sugli antigeni in comune ai vari tipi di tumore, – continua la ricercatrice – vedo molto lontana l’ipotesi di arrivarci in tempi rapidi. Un vaccino universale contro i tumori non può al momento esistere perché, a differenza di quel che avviene per gli agenti infettivi, ognuno sviluppa la sua malattia, ciascuna diversa da quella degli altri, con mutazioni specifiche. E ci vorrebbe quindi un vaccino ad hoc per ogni paziente”.
C’è dunque molto lavoro da fare, ammette la ricercatrice, anche sulla capacità di previsione, anche perché non tutte le aberrazioni sono riconducibili alla stessa famiglia, le risposte ai trattamenti sono diverse da paziente a paziente. Sempre senza dimenticare che, riguardo agli anziani, c’è da tenere in conto anche di un sistema immunitario che funziona molto meno”.
Il fondamentale ruolo dell’immunoterapia
Il ruolo dei vaccini nella lotta ai tumori è però successivo, nel senso di un potenziamento delle risposte, a quella che Luigia Pace definisce la “vera rivoluzione, che ha cambiato moltissimo le prospettive di vita”, ovvero l’immunoterapia, “che agisce direttamente su noi stessi” e viene già praticata in tutti gli ospedali.
Il meccanismo di fondo è simile a quello illustrato per i vaccini: “Attraverso la ricerca – spiega – si cerca di comprendere e poi sfruttare i meccanismi di risposta per potenziare la risposta immunitaria e combattere così infezioni e cancro”.
“Il sistema immunitario – prosegue la ricercatrice dell’Airc – è formato da cellule, ognuna con un recettore specifico. È un po’ come una serratura che riconosce le “chiavi” esterne. Quando c’è un tumore, dunque, la mutazione viene subito riconosciuta e combattuta. Ma quando le cellule tumorali aumentano in maniera esponenziale, diventano incontrollabili, anche perché, specie di fonte ai grandi tumori metastatici, il sistema esaurisce le sue risorse. Queste, però, attraverso l’immunoterapia, possono però essere riattivate, attraverso molecole che uccidono la cellula malata, e altre cellule spazzine che tolgono di mezzo quel che resta”.
Le cellule Car-T: un’arma in più contro i tumori
Nel quadro delle nuove armi contro i tumori ci sono poi anche le cellule “Car-T”: linfociti del sistema immunitario prelevati dalla persona malata di tumore e poi reinfusi al paziente dopo una modifica genetica effettuata in laboratorio.
“In queste cellule del sangue viene in sostanza inserita la chiave giusta per fronteggiare il tumore. Viene cioè aggiunto un recettore artificiale che riconosce ad esempio la leucemia e ne uccide le cellule”.
Anche questa terapia genica artificiale viene già praticata in Italia, ma solo su alcuni pazienti, anche perché al momento è molto costosa.
I tumori in Italia
Nonostante l’aumento delle diagnosi, sono 390.700 i nuovi tumori stimati lo scorso anno in Italia, con un incremento di 14.100 casi rispetto al 2020, anno della Pandemia (“I numeri del cancro in Italia 2022” a cura di Aiom e Airtum), le prospettive per chi dovesse ammalarsi di tumore sono decisamente migliorate grazie agli avanzamenti della ricerca. Oggi il nostro Paese si pone al vertice dei paesi europei in termini di curabilità. Per incidere su questi numeri è fondamentale sostenere la ricerca e garantire continuità al lavoro dei ricercatori per rendere il cancro sempre più curabile.
Alberto Minazzi