Convocata la Commissione di allerta rapida dopo il +17,5% su base annua registrato a marzo
In media, ogni italiano consuma circa 23 kg di pasta ogni anno. Chissà se i rincari continui di questo prodotto-base della dieta mediterranea modificheranno la statistica. E chissà se invece la situazione tornerà sotto controllo dopo l’intervento della nuova Commissione di allerta rapida, che, su richiesta del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, è stata convocata per la prima volta dal Garante per la sorveglianza dei prezzi per giovedì 11 maggio alle 14.30.
Perché la situazione, dopo il +17,5% dei prezzi di spaghetti e rigatoni fatto registrare a marzo rispetto allo stesso mese del 2022, si sta indubbiamente facendo sempre più preoccupante. Anche in considerazione del fatto che, come rimarcano per prime le associazioni dei consumatori, l’aumento del costo della pasta non trova nessuna giustificazione in quello del frumento. Anzi, il prezzo della “materia prima”, in questo caso, risulta chiaramente in discesa.
Pasta: carissima ad Ancona, economica a Cosenza
Il prezzo medio della pasta è oggi di circa 2,13 euro al kg, come sottolinea Assoutenti. Che quantifica in un +25,3% l’aumento su base annua, ricordando che lo scoro marzo la media era attorno a 1,70 euro. La stessa associazione, poi, ha stilato anche una graduatoria per provincia, evidenziando le più care e le più economiche, quelle dove si è registrato l’aumento di prezzo percentualmente più alto e quello più basso da marzo 2022 a marzo 2023.
Emerge così che Ancona, con 2,44 euro al kg, è la città più cara, seguita da Modena (2,41) e Cagliari (2,40). Più fortunati gli abitanti di Cosenza (1,48 euro al kg in media), Palermo e Siracusa (1,50). Tre città toscane (Siena, con +58,4%, Firenze +52,8% e Pistoia +51,8%) sono quelle che hanno registrato i maggiori rincari nell’ultimo anno, mentre ad Alessandria ci si è fermati a un +4,6%, con Sassari e Napoli a seguire con un +9,9%. Solo in 12 province, in ogni caso, un kg di pasta costa oggi meno di 2 euro.
Secondo l’Osservatorio del Ministero del Made in Italy, le quotazioni delle grandi città vanno da 2,3 euro (Milano) a 1,49 (Palermo), passando per il 2,2 euro al kg di Roma e gli 1,85 di Napoli. Il Codacons, che ha annunciato la presentazione di un esposto all’Antitrust, ha invece citato dati Istat secondo cui i rincari medi sono del +18,2% rispetto allo scorso anno, con un maggior esborso di 25,5 euro annui per famiglia. L’Unione nazionale consumatori ricorda infine che i prezzi della pasta sono in crescita ininterrotta da giugno 2021: da allora, +37%.
E il grano costa meno…
È vero che, sul costo della pasta, incidono anche quelli di energia e altri fattori di produzione (ed è qui che il boom dei prezzi potrebbe trovare una almeno parziale giustificazione). Ma il costo del grano duro, sottolinea Coldiretti, in un anno è sceso di oltre il 30% (il doppio dell’inflazione), toccando i 36 centesimi al kg, che non consentono di coprire nemmeno i costi di produzione. I prezzi rilevati dall’Osservatorio del Ministero, pressoché uniformi in tutta Italia, salgono (di poco) a 38 centesimi.
I dati Ismea riportati dall’Unione nazionale consumatori sul prezzo del grano duro tra aprile 2022 e aprile 2023 parlano infine di un -28,3% per quello italiano e -34,4% per quello prodotto fuori dall’Unione Europea. E se, inizialmente, a incidere sul prezzo erano stati i cattivi raccolti 2021 in Canada e Stati Uniti, in quei Paesi i problemi sono ormai risolti, con il primo stato che, dopo un -53,8% di produzione, nel 2022 il rimbalzo ha fatto segnare un +79.1%.
Alberto Minazzi