Com’è cambiato il mondo della notte nel nostro territorio? Ce lo spiegano i DJ più famosi di Venezia, Padova e Treviso attraverso questa inchiesta a puntate.
Un tempo il boom, oggi la recessione: il mondo della notte, viaggia con il freno a mano tirato. Ma cos’ ha penalizzato in questi anni la “discoteca”, vero e proprio fenomeno sociale delle ultime generazioni? Complice la crisi e l’evoluzione del divertimento sempre più articolato, sono passati gli anni d’oro dei conti fastosi che portavano enormi volumi d’affari. Se nel precedente decennio le discoteche in Veneto erano le titolari uniche del divertimento, oggi si trovano a fare i conti con nuove realtà concorrenti nel territorio: disco-bar, happy-hour, chioschi sulla spiaggia, ritrovi pre e post disco, pub e ristoranti con musica. Un’ampia gamma di possibilità che permettono al cliente di passare una serata in un ambiente informale, con consumazioni a basso prezzo e nuove formule di intrattenimento. Se poi si aggiunge, che l’orario di apertura delle discoteche, a copia di quelle di Ibiza, è stato posticipato oltre la mezzanotte, l’inghippo è presto spiegato. Una consuetudine che ha portato il cliente a frequentare locali alternativi, per poi presentarsi in discoteca a mezzanotte, con risorse economiche ormai limitate. Ma se la causa si è scoperta, la cura non tarda ad arrivare. Complice il cambio generazionale dei gestori e l’aggiornamento di questi, ecco nascere il mondo della notte 2.0, promotore di un offerta a 360°. (Ri)nascono quindi locali/aziende, con nuove politiche di intrattenimento, per soddisfare le esigenze del proprio cliente: cene a buffet, musica live e serate a tema per un’ offerta che copre l’intera serata. In questa galassia di diversificazione del prodotto non sono però scomparsi i club puri, dove la musica viene “battuta” fino alle 5 di mattina. Se la musica commerciale sembra il genere più gradito dalla massa, è proprio il distacco da questa che ha permesso la sopravvivenza della realtà “club”. La scelta di proporre un determinato genere di musica piuttosto che un altro, ha evitato l’estinzione della realtà più in voga negli anni ‘90. Nessun allarmismo quindi, le discoteche non sono morte, sono solo cambiate, diversificando e ampliando l’offerta. Ma qual è oggi la valutazione che si può dare alla proposta di intrattenimento del nostro territorio? Carente, sufficiente o meritevole di lode? Lo abbiamo chiesto agli uomini della notte per eccellenza, i dj che dal nostro territorio metropolitano, sono partiti per affermarsi a livello nazionale ed internazionale. Cristiano Spiller, Diego Broggio, Thorn, Keller e Giuliano Veronese salgono sulla consolle di questa inchiesta a puntate e ci fanno capire che musica suona nel nostro territorio.
CRISTIANO SPILLER Nasce a Venezia nel 1975. Conosciuto soprattutto per la hit “Groovejet (If This Ain’t Love)”, che ha raggiunto le vette delle classifiche di Italia, Regno Unito e Australia, oggi si divide tra Venezia e Berlino, dove si rifugia per trovare l’ispirazione e per catturare nuovi suoni.
La realtà delle discoteche è sempre in continua evoluzione: com’ è cambiato negli ultimi anni il mondo della notte? «ll mondo della notte è cambiato ben poco se lo paragoniamo a settori apparentemente vicini quali la discografia, la comunicazione e la promozione. Quelli sono settori che con internet nell’ultima decade si sono completamente reinventati. La gente continua ad andare in discoteca, ai concerti, ai festival per gli stessi motivi e ci va sempre di persona a parte rari esperimenti “virtuali” come il Boiler Room. Non sono d’accordo sul fatto che il mondo delle discoteche sia in continua evoluzione perché la discoteca è una realtà con molti limiti dove quasi tutto quel che si poteva fare è già stato fatto. Non vorrei essere frainteso, la club culture è più viva che mai, sia da un punto di vista culturale che come mercato, e la musica è in continua evoluzione. Ma per la discoteca intesa come spazio parlerei più di perfezionamento che di evoluzione».
Sei nato a cresciuto a Venezia e proprio da qui ha avuto inizio la tua carriera. Come vedi oggi il panorama dei club del nostro territorio? «Ahimè Venezia non è mai stata sinonimo di clubbing, però quando ho iniziato a suonare esistevano molti piccoli club dove si poteva andare a ballare almeno fino alle 4 di mattina: il Souk, il Round Midnight, la Vecchia Malvasia…giusto per menzionarne alcuni. Ora purtroppo non è rimasto quasi nulla. I locali si son trovati a chiudere o a trasformarsi, schiacciati da cause per disturbo alla quiete pubblica e dall’amministrazione comunale che non è interessata a concedere un po’ di vita notturna né ai cittadini, né agli studenti, né ai turisti. A quale cittadino veneziano non è capitato di trovarsi, un sabato sera, a parlare con un turista che chiede consiglio su dove poter andare a ballare un po’ di musica?… l’unica imbarazzante risposta possibile è: “qui è tutto chiuso, dovete andare in terra ferma”».
La tua esperienza lavorativa ti ha portato spesso fuori dai confini locali. Com’è vista la nostra offerta di intrattenimento musicale? Siamo un punto di riferimento nel panorama del divertimento notturno? «Lo siamo appunto con le realtà limitrofe. Venezia come spiegavo non offre niente ma il Veneto è stato uno dei centri più importanti del clubbing italiano sin dagli anni ‘80. Nella provincia di Venezia in questo periodo Il Popcorn e l’Altavoz a Marghera, Il Muretto a Jesolo, il Cirq a San Donà hanno una programmazione di ospiti internazionali che poco hanno da invidiare a grandi città come Milano, Bologna o Roma».
Quando hai cominciato a fare il dj e quali sono le tue radici musicali? «La prima volta che sono entrato in una discoteca, il “Coliseum” di Lignano Pineta, sono rimasto stregato dal dj, ho passato tutte le sere della settimana seguente dietro la consolle a cercar di capire cosa stesse facendo. Tornato dalle vacanze estive, ho iniziato subito a sperimentare con dei vecchi giradischi che avevamo a casa e un mixer che mi regalò la nonna: ero in prima liceo. A parte qualche lezione di flauto alla scuola elementare non avevo nessun particolare background musicale e nessuno che mi insegnasse, quindi ho fatto fatica ad imparare ed è stata una gavetta lunga, ma ormai la scintilla era scattata e tutto il resto era passato in secondo piano».
Secondo te quali sono state le tendenze musicali del 2012 e quali saranno quelle del 2013? «Non amo fare questo tipo di analisi e previsioni. Cerco il più possibile di ascoltare, suonare e produrre la musica che mi piace aldilà delle tendenze. Il sistema però chiede sempre nuove mode, nuove correnti, quindi si finisce per dare nuovi nomi a generi musicali che esistono già. Ormai quando mi chiedono che musica suono non so cosa rispondere, le stesse parole “disco” e “house music” ormai vogliono dire tutto e non vogliono più dire nulla, dipende dall’interlocutore».
Sei ospite a rotazione di diversi locali: quali sono i locali dove lavori più frequentemente? «Mi mancano i tempi in cui ero dj resident in un locale e ogni weekend dovevo riconquistare lo stesso pubblico cercando di proporre qualcosa di nuovo, si guadagna meno ma è una bella sfida. Ora sto lavorando principalmente come freelance, viaggio e suono sempre in posti diversi, il che è comunque stimolante. Quest’estate sono stato contento di tornare a suonare a Tiblisi, in Georgia, dove sono già stato diverse volte e ho trovato un pubblico attento».
Diciamo che, in questi anni, a causa della crisi il settore è stato costretto a una robusta cura dimagrante. Cosa ti auguri per il futuro dell’intrattenimento? «Dipende da che settore dell’intrattenimento. Le discoteche lavorano ancora, l’unica cura dimagrante purtroppo l’ho vista nella cultura musicale, i locali che fanno più fatica nella nostra provincia sono quelli che cercano di proporre qualcosa di diverso, la “disco-panettone” invece è sempre piena. Il settore veramente in crisi è quello della discografia. Le etichette una volta erano viste come squali, quelle che fregavano soldi agli artisti senza fare nulla, gente da cui diffidare sempre. Ora sono diventate delle opere di beneficenza. Io sono fortunato perché assieme all’etichetta faccio anche serate. A mio parere ci sono molte vie per risollevare il mercato: prime fra tutte inserire d’obbligo dei dispositivi tipo “Shazam” nei negozi e nei locali per una giusta ripartizione di edizioni e Diritto d’Autore. In secondo luogo costringere Youtube a pagare, perché per ora sta solo facendo finta».
C’è qualche città di riferimento, alla quale secondo te dovremmo ispirarci? «Penso sia Berlino, ho un appartamento in affitto a Mitte dal 2006 e quindi ci vado spesso. È sempre fonte di ispirazione. Oltre ad essere la capitale mondiale della musica elettronica è una città diametralmente opposta a Venezia, in tutto e per tutto. Gli spazi, i costi, le iniziative culturali, gli stimoli per i giovani. Quello che mi manca in una città lo trovo nell’altra, e senz’altro la “club culture” non la trovi a Venezia. È un peccato, perché nonostante la difficile e singolare struttura del centro storico in realtà gli spazi ci sarebbero, manca la volontà da parte dell’amministrazione comunale di riconoscere il problema e manca forse anche qualche coraggioso investitore».
Il Veneto ha visto partire personaggi che poi si sono affermati a livello nazionale ed internazionale. C’è qualche dj o vocalist veneto emergente secondo te degno di nota? «Vocalist non saprei, dj ce ne sono moltissimi di bravi, non faccio una lista perché non vorrei dimenticarne di importanti, ma per affermarsi in un panorama internazionale ormai bisogna essere anche produttori. La mia etichetta Nano Rec è diretta ad un mercato internazionale ma ha sempre prodotto artisti provenienti dal triveneto: penso ai veneziani 2 Guys in Venice, i vicentini Mawkish, i friulani Scuola Furano, DJ Color e Glitch».
Le discoteche non sono più uniche titolari del divertimento, ma il loro pubblico è conteso anche da discobar, discopub, music club, american cocktail e cocktail bar con happy hour, bar da spiaggia, ristoranti con musica e ritrovi. Com’è possibile la convivenza tra queste realtà così diverse tra loro? «Queste mi sembrano tutte realtà che esistono da almeno 30 anni. Forse la vera novità è che al posto del musicista da piano bar, del juke box, della radio o del bancone dei gelati… c’è un dj ad ogni angolo».
DI MICOL STELLUTO
Arte e Cultura +
LA MUSICA DELLA NOTTE METROPOLITANA
8 Dicembre 2012
Tag: musica