Dopo quasi un anno dall’avvio dell’istruttoria, l’Antitrust annuncia le sanzioni.
Codacons, verso l’azione collettiva
In quanti, dopo aver completato le procedure per la chiusura di una linea telefonica, hanno continuato a vedersi recapitare le relative fatture?
Quantificare il fenomeno è estremamente complesso anche se, assicurano dal Codacons, l’associazione di coordinamento della tutela dei diritti dei consumatori, il fenomeno è molto più diffuso di quanto si potrebbe pensare.
In questa prospettiva, arriva adesso un importante passo avanti sul piano legale: la sanzione da un milione di euro complessivi annunciata dall’Antitrust per Vodafone, Wind, Telecom e Fastweb.
Il provvedimento dell’Autorità faciliterà infatti il riconoscimento concreto del danno subito da chi è stato vittima del comportamento ritenuto scorretto, tant’è che potrebbe partire anche un’azione collettiva.
L’illegittima prosecuzione della fatturazione
Le istruttorie nei confronti delle 4 compagnie erano partite a maggio 2022, proprio in considerazione del numero elevato di istanze di intervento pervenute, tanto per linee fisse che mobili, e si sono ora concluse con la chiusura dei relativi procedimenti di accertamento di quattro articoli (20, 24, 25 e 26) del codice del consumo.
In concreto, le condotte oggetto delle violazioni si sono concretizzate nella continuazione all’emissione delle fatture per i servizi di telefonia anche dopo la regolare comunicazione, da parte dei consumatori, della richiesta di cessazione del rapporto. E questo anche nei casi di migrazione verso un altro operatore, con la richiesta, ritenuta illegittima, di saldare le fatture di entrambi gli operatori.
Le sanzioni e le problematiche
Le condotte oggetto dell’istruttoria sono state poste in essere almeno a partire dal 2020.
Il problema – conferma Valeria Graziussi, dell’ufficio legale nazionale di Codacons – si è presentato più volte, negli anni”. E la sanzione più pesante, 400 mila euro, ha colpito Vodafone, con Wind multata di 300 mila, Telecom di 200 mila e Fastweb di 100 mila euro.
Inoltre, è partita la diffida a continuare la pratica scorretta, con obbligo di comunicare le iniziative adottate entro 90 giorni.
L’Antitrust ha riscontrato criticità nella gestione delle procedure interne delle cessazioni delle utenze, con l’illegittima prosecuzione della fatturazione riconducibile ad “anomalie e a disallineamenti tecnici tra i sistemi di gestione informatici del processo interno di ciascuna società”.
La colpa delle compagnie è stata quindi quella di non aver “adottato efficaci meccanismi di controllo e di intervento tempestivo”.
Le conseguenze
“Se ci sono problemi di tecnologia informatica – commenta l’avvocato del Codacons – sono le compagnie stesse che hanno causato il disagio a dover rimediare, attraverso soluzioni applicabili con tempi abbastanza veloci. Se in effetti si è creato questo disallineamento, sono quindi le compagnie stesse a doverlo dimostrare, con l’Antitrust ed eventualmente il Tar che poi scandaglieranno i motivi”.
Le compagnie possono infatti ricorrere ai giudici amministrativi, fino al Consiglio di Stato, contro la sanzione, allungando i tempi.
“Il pronunciamento dell’Antitrust – precisa Graziussi – riteniamo sia arrivato dopo un’accurata istruttoria e crea comunque un precedente che dà prova certa della condotta illecita. È rarissimo, e non credo che sia questo il caso, che l’accertamento venga cancellato. Al massimo, si ridurrà la sanzione”.
Verso l’azione collettiva
Va detto che, già negli scorsi mesi, Tim e Vodafone hanno pubblicato, sui rispettivi siti ufficiali, un modulo con relativa informativa che può essere compilato online per chiedere i rimborsi.
Il Codacons, come aveva annunciato all’inizio dell’istruttoria, continua intanto a prendere in considerazione l’avvio di una azione collettiva per far restituire ai consumatori le somme indebitamente pagate.
“Leggeremo nel dettaglio il provvedimento – spiega la rappresentante dell’ufficio legale – per capire meglio il tipo di contestazioni avanzate alle compagnie e porteremo avanti l’iter per l’azione collettiva, studiando il modo migliore per aiutare come sempre i clienti-consumatori che si rivolgono a noi per queste problematiche”.
La strada ConciliaWeb
Di situazioni del genere, del resto, nell’ufficio legale nazionale di Roma del Codacons ne sono già passate numerose, portate all’occorrenza, in vari casi, davanti ai vari Corecom. “Il dato positivo nei miei 12 anni di esperienza nel settore – sottolinea Valeria Graziussi – è che i casi trattati attraverso il portale ConciliaWeb sono andate praticamente tutte a buon fine, raggiungendo un accordo tra le parti e riconoscendo il ristoro al cliente”.
“Solo una volta – prosegue – è stata necessaria, per la spinosità del caso, la seconda istanza della decisione dell’Agicom attraverso un provvedimento. E anche in questo caso la decisione presa attraverso la delibera è stata favorevole al cliente. Va comunque detto che le compagnie telefoniche, a differenza di quanto succedeva una decina di anni fa con qualche pay-tv, si presentano sempre a ConciliaWeb e la soluzione si trova”.
Cosa fare in caso di necessità
Una disponibilità, insomma, ben superiore a quella del freddo risponditore automatico del servizio clienti. “È una strada – commenta al riguardo l’avvocato – che fa perdere tempo e pazienza. Tant’è che chi arriva al Codacons, mostrando una consapevolezza superiore alla media, è quasi sempre seccato da questa condotta. Il primo consiglio che diamo, allora, è quello di inviare una pec, pur sapendo che in molti casi le compagnie non risponderanno. Nemmeno a noi…”.
L’iter adottato dal Codacons è quindi quello di presentare un reclamo alla compagnia, esponendo i fatti e chiedendo una risposta per le vie brevi. Se questa non arriva entro 30 giorni, l’associazione avanza allora l’istanza attraverso ConciliaWeb.
Il Corecom nomina quindi un conciliatore, fissando un’udienza con un rappresentante dell’impresa e uno del consumatore.
In questa sede si proverà a raggiungere un accordo. “Già normalmente – conclude Graziussi – in via conciliativa si trova una soluzione per il cliente. Quando poi c’è un pronunciamento dell’Antitrust, come in questo caso, il gestore ancor più spesso torna sui suoi passi”.
Alberto Minazzi