Nella classifica di Transparency International, il nostro Paese sale dal 42° al 41° posto
Quanta corruzione c’è nel settore pubblico? Rispondere con dati certi è impossibile.
La percezione del fenomeno da parte di cittadini ed esperti, è così uno dei metodi ritenuti più attendibili, in un settore come quello della cattiva gestione della cosa pubblica, che si traduce in varie forme: dalla distrazione di fondi pubblici allo sfruttamento da parte dei funzionati della propria posizione di vantaggio, dalla capacità del Governo di contenerne la diffusione, all’efficacia delle leggi, alla stessa tutela legale per chi denuncia.
In tal senso, Transparency International da anni ha elaborato un vero e proprio “indice di percezione della corruzione”. E annualmente aggiorna la graduatoria dei Paesi di tutto il pianeta, distinguendo tra “molto puliti” e “altamente corrotti”.
Una graduatoria che, nell’ultimo decennio, ha visto l‘Italia in costante miglioramento, con un 2022 di sostanziale stabilità dopo il picco positivo del 2021.
L’Italia e la percezione della corruzione
Il trend iniziato per il nostro Paese nel 2012, uno di quelli che ha fatto registrare i maggiori progressi nel periodo, lo scorso anno aveva registrato una decisa accelerazione, con il guadagno di 3 punti e la risalita di 10 posizioni, fino alla 42^ assoluta.
Nel 2022, l’Italia ha confermato il punteggio di 56/100, a pari di Repubblica Ceca, Georgia e Slovenia, guadagnando un ulteriore piazza, con il 41° posto sui 180 Stati presi in considerazione. Tra i 27 Paesi dell’Unione Europea, l’Italia risulta ancora nella seconda metà, con la 17^ posizione.
È però anche vero che, dal punto di vista della corruzione, l’Europa Occidentale ha il punteggio medio migliore, con 66 punti e 9 Stati su 11 ai primissimi posti (uniche eccezioni Nuova Zelanda, terza, e Singapore, quinto).
Inoltre, nel contesto globale, ben il 68% del Paesi mondiali totalizzano un indice di meno di 50/100, con la media attestata a 43 punti.
I Paesi “molto puliti”…
Lo scorso anno, la Danimarca condivideva il primo posto tra i Paesi “molto puliti” con Finlandia e Nuova Zelanda, tutte con un indice di 88.
Il podio rimane ancora questo, ma i danesi hanno saputo migliorarsi ancora, salendo a 90. A completare il quadro di eccellenza del Nord Europa, anche la quarta posizione della Norvegia e la quinta a pari merito della Svezia.
Bene anche la parte centro-occidentale del continente, che posiziona ai vertici nell’ordine Svizzera, Olanda e Germania.
I tedeschi, con 79 punti, sono il primo tra i grandi Stati europei, davanti a Regno Unito (73), Francia (72) e Spagna (60). Va sottolineato però il calo degli inglesi, di 5 punti in un solo anno e di 7 dal 2018. Tra i 10 Paesi in significativo calo in 5 anni ci sono anche Austria (-5 dal 2020), Canada (-7 dal 2018) e Lussemburgo. Il rapporto sottolinea anche che, se dal 2012 gli aumenti significativi hanno riguardato 25 Stati (e i cali 31), nell’ultimo quinquennio solo 8 Paesi hanno significativamente incrementato la propria media, a partire dall’Angola: +14 dal 2018.
…e quelli “altamente corrotti”
L’Africa subsahariana risulta fanalino di coda tra le varie regioni mondiali con una media di 32 punti (fanno eccezione le Seychelles con 70). Non è un caso, allora che la 180^ posizione sia della Somalia, con un indice di 12, mentre fa poco meglio il Sud Sudan, a 13 con la Siria.
Asia centrale ed Europa dell’Est (35) sono quindi la seconda regione dove la corruzione è percepita maggiormente, più ancora di Vicino Oriente e Nord Africa (38). Sempre ragionando per regioni, il fanalino di coda europeo è l’Ungheria con 42; in America (dove guidano Canada e Uruguay con 74 punti, a fronte di una media di 43), l’ultimo posto è del Venezuela (14); nell’Asia Pacifica (media di 45) in coda c’è la Corea del Nord (17); nell’Europa dell’Est la forbice va dai 56 punti della Georgia ai 19 del Turkmenistan. Qui va registrato anche il dato relativo a Russia e Ucraina, che totalizzano rispettivamente 28 e 33 punti.
L’analisi: il rapporto della corruzione con conflitti e sicurezza
Il rapporto 2022 di Transparency International, del resto, evidenzia una forte correlazione tra la corruzione e i temi della sicurezza e dei conflitti.
“La pandemia di Covid-19, la crisi climatica e le crescenti minacce alla sicurezza in tutto il mondo – esordisce la sintesi del rapporto – stanno alimentando una nuova ondata di incertezza. In un mondo già instabile, i Paesi che non riescono ad affrontare i loro problemi di corruzione ne peggiorano gli effetti”.
Da qui le considerazioni legate all’aumento dei Paesi in declino nell’indice, ma anche la sostanziale stabilità senza miglioramenti in altri 124.
“Ciò – riprende l’analisi – ha le conseguenze più gravi, poiché la pace globale si sta deteriorando e la corruzione ne è sia una causa che un risultato chiave. La corruzione e il conflitto si alimentano a vicenda e minacciano una pace duratura. D’altra parte – conclude Transparency International – anche nelle società pacifiche possono diffondersi corruzione e impunità alla violenza alimentando il risentimento sociale. Di conseguenza, è più probabile che i Paesi con livelli di corruzione più elevati presentino anche livelli più elevati di criminalità organizzata e maggiori minacce alla sicurezza”.
Alberto Minazzi