Nell’ultimo Rapporto Caritas, l’analisi della povertà intergenerazionale che porta i ragazzi a non andare oltre la terza media
E’ un fenomeno allarmante quello dell’abbandono scolastico nel nostro Paese.
Secondo i dati Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, si stima che nel 2022 la dispersione scolastica totale a livello nazionale sia superiore al 20%. A lanciare l’allarme è l’ultimo Rapporto Caritas.
Le ragioni che spingono i ragazzi a mollare gli studi sono di vario tipo ma, rileva il rapporto, ma su tutte prevale il blocco dell’ascensore sociale, vale a dire la mancanza di una speranza, per le nuove generazioni, di avere condizioni economiche e di vita migliori delle precedenti.
La povertà intergenerazionale educativa
Il dato sugli abbandoni scolastici fa parte di un più ampio quadro che mette in luce una situazione di povertà intergenerazionale che incide sul comportamento dei giovani. E che, secondo la Caritas, ha caratteristiche ben precise.
La mobilità sociale funziona prevalentemente per chi proviene da famiglie di classe media e superiore mentre per le fasce più disagiate non c’è la possibilità di migliorare. Con il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica per chi proviene da un contesto familiare di fragilità. Ma non è soltanto una questione di reddito. Perché, come rileva la Caritas, si eredita anche il livello di istruzione.
Non a caso la percentuale più alta di abbandoni scolastici si registra nelle famiglie con redditi bassi e in cui gli stessi genitori non sono andati oltre la terza media
I poveri per la maggior parte provengono da nuclei familiari in possesso di bassi titoli di studio, talvolta senza qualifiche o addirittura analfabeti. Sono proprio i figli di queste persone a interrompere gli studi prima di aver completato il ciclo delle medie o addirittura si fermano alla licenza elementare, mentre oltre la metà dei figli di laureati arriva a un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea. Un analogo discorso si può fare a livello geografico constatando che i ragazzi del Sud Italia fanno più fatica ad andare avanti.
Non c’è uguaglianza senza istruzione
Ai ragazzi che lasciano la scuola si aggiunge un altro dato preoccupante: quelli che non raggiungono competenze di base per trovare un lavoro.
«Non c’è possibilità di sviluppo di un Paese che ha percentuali di dispersione scolastica intorno al 20% – afferma Andrea Morniroli, tra i coordinatori del Forum delle disuguaglianze e diversità, l’organismo per l’equità che fa incontrare mondo della ricerca e cittadinanza attiva -. Un ragazzino che si perde e finisce in circuito penale costa allo Stato quattro volte di più di quello che costerebbe se fosse inserito in un programma di recupero scolastico».
Per questo, sostiene, servono azioni di prevenzione dell’abbandono quali allungare il tempo pieno su tutto il territorio nazionale e attuare la co-presenza degli insegnati. Oltre a portare la spesa per la scuola alla media europea anzichè diminuirla per il calo demografico.