L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom): «Servono maggiori garanzie legali per difendere i diritti fondamentali ed evitare discriminazioni»
Un paziente su quattro riesce a superare il tumore e in Italia i guariti superano i 3,5 milioni.
Tuttavia, chi ha avuto una malattia oncologica e è guarito, si trova in molti casi in difficoltà nel momento in cui intenda accedere a molti servizi.
Così, per richiedere un mutuo o un prestito, stipulare un’assicurazione o dare il via a una pratica per un’adozione, per un ex paziente significa spesso fare i conti con la patologia che si è lasciato alle spalle.
Per questo è necessario che in Italia, come già avviene in Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi e Portogallo, sia introdotta la legge per il diritto all’oblio che garantisca agli ex malati un futuro libero dall’ombra del tumore.
A fare il punto sulla situazione è L’Associazione Italiana di Oncologia Medica AIOM, secondo la quale il diritto all’oblio oncologico è fondamentale per evitare discriminazioni.
L’iter iniziato in Commissione Giustizia
«Quando il cancro diventa una malattia cronica – spiegano gli oncologi dell’AIOM – servono maggiori garanzie legali per difendere i diritti fondamentali e evitare discriminazioni».
Va in questa direzione il Ddl 2548 che lo scorso 29 giugno ha iniziato il proprio esame in Commissione Giustizia.
Il Disegno di legge prevede che durante la stipula dei contratti di finanziamento o assicurazione sia vietato chiedere informazioni sulle patologie oncologiche pregresse una volta trascorsi 10 anni dalla fine delle cure mediche per gli adulti e 5 per chi si è ammalato prima dei 21 anni, tempi secondo i quali per molti pazienti l’aspettativa di vita si riallinea a quella normale.
Per alcuni tumori, come quello alla vescica e le leucemie, sono necessari 15 anni, per il cancro alla mammella e alla prostata anche 20.
Cosa significa oblio oncologico?
Il diritto all’oblio oncologico è un diritto soggettivo secondo il quale le persone guarite dal cancro possono scegliere di non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa evitando così di ricordare la propira storia clinica.
Non sono rari i casi in cui questa ha infatti compromesso l’esito di pratiche importanti di fatto discriminando chi, a causa di una pregressa malattia, pur avendo oramai medesime aspettative di vita di chiunque altro, di fatto ha visto disconosciuti i propri diritti.
Silvia Bolognini