I dati ufficiali sulle iscrizioni per il 2023/24: guidano ancora i licei, ma sempre più ragazzi si orientano verso l’istruzione tecnica
L’appeal degli istituti tecnici e della formazione scientifica incontra sempre più i gusti degli studenti, che scelgono un percorso formativo oltretutto in linea con quel che richiede il mercato del lavoro.
I primi dati ufficiali pubblicati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sulle domande di iscrizione all’anno scolastico 2023/24, che si sono chiuse il 30 gennaio 2023, confermano la tendenza: i licei restano al primo posto, ma gli istituti tecnici intercettano sempre più il gradimento dei giovani, a discapito in particolare di quelli professionali.
Soprattutto in Veneto, regione che, per il terzo anno consecutivo detiene la maggior percentuale di studenti pronti a una formazione tecnica. Il loro numero, tra l’altro, è in costante crescita essendo passato dal 30,3% del 2021 al 30,7% del 2022 fino al 38,8% del 2023.
Il primato per la scelta dei licei, invece, va al Lazio, con il 69,7% degli studenti rispetto a una media nazionale del 57,1%.
L’Emilia Romagna,infine, guida i professionali con il 15,6% rispetto al 12,1% medio del Paese.
Gli istituti tecnici
Il dato degli istituti tecnici, che lo scorso anno erano stati scelti dal 30,7% del totale di iscritti, viene evidenziato dallo stesso Ministero fin dal titolo della comunicazione ufficiale. La categoria, nelle tabelle ministeriali, è divisa in due settori. E, dall’analisi, emerge che la crescita è legata soprattutto alle scuole del settore economico, passate dal 10,3% all’11,5%.
Tra queste, l’indirizzo più gettonato è “Amministrazione, finanza e marketing”, che tocca l’8,7% del totale, con il “Turismo” al 2,8%. Il leggero calo (da 20,4% a 19,4%) è invece il settore tecnologico, dove spicca con il 6% l’indirizzo “Informatica e telecomunicazioni”, seguito da “Meccanica, meccatronica ed Energia” (2,8%) e “Chimica, materiali e biotecnologie” (2,4%).
Il link tra istruzione e tessuto produttivo
I dati sono simili anche in Veneto, con il settore economico in crescita dal 14,8% al 16,6% (“Amministrazione, finanza e marketing” al 12%) e quello tecnologico (22,3% da 23,5%) in cui guida “Informatica e telecomunicazioni” con il 6,1%.
La conferma del collegamento tra le scelte formative e il tessuto produttivo è confermata anche dalle regioni che seguono il Veneto con le percentuali più alte di studenti che hanno scelto gli istituti tecnici. Al secondo posto c’è infatti il Friuli Venezia Giulia (37,3%, da 36,3%), poi Emilia-Romagna (36,5% da 36,3%) e Lombardia (36,2% da 35,9%).
Ovvero le zone d’Italia a più elevata vocazione manifatturiera.
I licei: in calo il classico, guadagnano gli scientifici
La crescita degli istituti tecnici non ha però eroso il gradimento degli studenti italiani verso i licei, anche se la ridistribuzione all’interno della categoria, per l’anno 2023/24, merita comunque una riflessione, Dopo il calo dello scorso anno, dal 57,8% al 56,6%, i licei nel loro complesso hanno adesso recuperato 0,5 punti percentuali.
Continua però la flessione del classico, passato dal 6,2% al 5,8% (e lo scorso anno aveva già perso uno -0,3%).
Il linguistico è in linea con il trend generale (ripresa al 7,7% dal 7,4% dopo la perdita di un punto percentuale nel 2022/23), così come i vari licei scientifici, ora al 26,1% (+0,1%) dopo aver toccato il 26,9% due anni fa.
L’indirizzo tradizionale è ancora lontano dal 15,1% del 2022/23, ma risale comunque di +0,1% e arriva a 14,1%. Guadagna un +0,1% la “Sezione sportiva” (2%), mentre torna sui livelli di due anni fa, con un -0,1% nel confronto annuo, lo scientifico con opzione “Scienze applicate” (10%).
Cresce Scienze umane, flessione per i licei europei e artistici
Oltre a quello degli istituti tecnici, il dato che spicca maggiormente è invece quello dei licei Scienze Umane, compresa la versione con opzione “Economico sociale”.
La quota sul totale delle scelte degli iscritti era infatti al 9,7% nel 2021/22, era salita già al 10,3% lo scorso anno e ora è all’11,2%.
Crescono (da 7,4% a 7,7%) anche i licei linguistici. A completare il quadro, il +0,2% dei licei musicali e coreutici (ora a 0,9%).
Registrano invece una flessione del -0,1% i licei europei/internazionali (0,4%) e del -0,6% i licei artistici al 4,9%.
Gli istituti professionali
Se la formazione umanistica è in frenata, per quanto riguarda gli istituti professionali il dato, pur in flessione rispetto allo scorso anno (da 12,7% a 12,1%) è comunque superiore a due anni fa, quando era dell’11,9%. Gli indirizzi maggiormente scelti, sottolinea il Ministero, sono “Enogastronomia e ospitalità alberghiera” (4%), “Manutenzione e assistenza tecnica”, “Servizi per la sanità e l’assistenza sociale” (entrambi all’1,6%) e “Servizi commerciali” (1,3%).
Le linee-guida del Ministero e il coordinamento col mondo del lavoro
Gli orientamenti manifestati dagli studenti attraverso le iscrizioni sembrano dunque in linea con gli auspici del ministro Giuseppe Valditara. Il titolare del Ministero dell’Istruzione aveva infatti dichiarato: “L’istruzione tecnica e professionale deve offrire profili che corrispondano sempre più alle propensioni dei ragazzi e alle richieste delle imprese. Gli istituti tecnici e professionali non devono essere brutte copie del liceo”.
Gli Its parificati al sistema universitario?
Tra le linee-guida per l’orientamento contenute nel decreto firmato dal ministro a fine dicembre 2022, nella prospettiva della riforma prevista dal Pnrr, si punta così espressamente a garantire un processo di apprendimento e formazione permanente, destinato ad accompagnare un intero progetto di vita. In tal senso, è stata anche prevista, nel quadro organizzativo di ogni istituzione scolastica, una figura che agevoli la prosecuzione del percorso di studi o l’ingresso nel mondo del lavoro.
L’obiettivo è dunque quello di favorire l’incontro tra le competenze degli studenti e la domanda di lavoro. “Penso – ha aggiunto Valditara – a una filiera che colleghi la formazione tecnico-professionale e gli Its, un canale che l’Europa ci chiede di costruire, parificato al sistema universitario. La scuola deve formare innanzitutto la persona e consentire a ogni studente di realizzarsi nella vita. Il lavoro è un mezzo per la formazione della persona”.
Formazione universitaria e lavoro
Il percorso di studi, dunque, va costruito già a partire dalla scelta della scuola superiore per poi garantire il più possibile un adeguato sbocco nel mondo del lavoro. In tal senso, sia riguardo all’andamento degli ultimi anni che per le prospettive future, sono molte le statistiche e gli studi che possono orientare nel migliore dei modi i giovani e le loro famiglie.
Unioncamere e Anpal hanno per esempio stimato il fabbisogno di laureati nel quinquennio 2021/25 in vari settori: una classifica guidata da “Economia e statistica”, con una domanda compresa tra 36 mila e 40 mila laureati l’anno.
Il rappoorto Almalaurea
Il più recente rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, presentato a giugno 2021, pur evidenziando la prevalenza di diplomi liceali tra i laureati (74,8%), fa notare che, dopo un calo (dal 24,9% del 2011 al 19,7% del 2021), negli ultimi anni il trend di laureati provenienti da istituti tecnici è in leggera ripresa.
Lo stesso rapporto sottolinea che, nel 2021, il 32,9% dei laureati appartiene all’area “Economica, giuridica e sociale”, ma è anche del 27,6% per le cosiddette materie Stem (acronimo per “Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica”).
Un’area che, rispetto all’anno accademico 2003/04, fa segnare un +14% di iscrizioni, nonostante, nello stesso periodo, le immatricolazioni siano scese del -5%.
Riguardo alle professioni svolte a 5 anni dalla laurea, il 65,8% sono quelle “a elevata specializzazione”, seguite dalle “professioni tecniche” (17,1%).
E, tra i laureati magistrali biennali, il gruppo disciplinare che garantisce un’occupazione più elevata (95,6%) è quello di “Informatica e tecnologie ICT”, mentre la retribuzione mensile netta (1.893 euro) è percepita dai laureati in “Ingegneria industriale e dell’informazione”.
Alberto Minazzi