I dati Istat: nel 2021 venuti al mondo poco più di 400 mila bambini. E anche nel 2022 continua il trend iniziato nel 2008
A mezzanotte in punto, all’inizio del nuovo anno, a Roma hanno visto la luce Chiara e Giulia. Un secondo dopo Filippo.
Sono i primi nati del 2023 in Italia, accolti dal ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella, con una lettera di “Vogliamo dirti “Ben arrivato!”, per farti sapere che ci siamo e ci saremo, e che vogliamo sostenere i tuoi sogni, accompagnare le tue speranze, le tue aspettative, la tua crescita. Vogliamo guardare al futuro con i tuoi occhi.”.
Perché il nostro Paese, con poco più di 400 mila nascite (che hanno portato il numero dei residenti poco oltre i 59 milioni: 206.080 in meno del 2020, -0,3%), nel 2021 ha fatto registrare un non invidiabile record storico. Che fa rabbrividire se confrontato al 2008, quando è iniziato il trend di denatalità: 176.410 nuovi nati in meno. Pari a un -30,6%.
Formare una famiglia è sempre più una sfida
Quella dipinta dal terzo Censimento permanente Istat del 2021, di cui sono stati da poco pubblicati i risultati, è sempre più l’Italia della denatalità e dello spopolamento.
Alla base, una serie di motivi ben noti che spingono i giovani a rimanere sempre più nelle famiglie di origine. Avvicinandosi sempre più alla soglia dei 37 anni di età, indicata dai ginecologi come quella dalla quale la capacità riproduttiva scende in maniera significativa.
Per tacere del fatto che, adesso, in età fertile ci sono sempre meno donne, pensando che, tra il 1976 e il 1995, il calo di nascite è stato costante.
Dal 2000 in poi, ha parzialmente compensato l’aumento dell’immigrazione, ma l’effetto determinato dai nuovi italiani si sta ormai esaurendo.
Dai tempi di studio e formazione che si dilatano, alla tendenza di lungo periodo di una bassa crescita economica dell’intera società, alle difficoltà per trovare un lavoro (tanto più se stabile) o una casa, pensare di formare una famiglia diventa insomma sempre più una sfida. E mettere al mondo un figlio ancor di più.
I possibili correttivi
Per esempio, per conciliare i tempi di lavoro e di cura servirebbe una risposta di ben altro spessore in termini di asili nido e scuole dell’infanzia.
Uno degli obiettivi del Pnrr è quello di creare 264.480 nuovi posti pubblici negli asili italiani entro il secondo semestre del 2025.
Le risorse destinate al potenziamento di questo settore, ha fatto recentemente il punto la Corte dei Conti, sono pari a 4,6 miliardi, tra cui 2,4 miliardi per la costruzione di nuovi asili nido, 600 milioni per le scuole dell’infanzia e 900 milioni per le spese di gestione.
I progetti già in essere, finanziati con fondi nazionali, ammontano complessivamente a 700 milioni di euro.
Nella lettera scritta dal ministro ai nuovi nati, sono ricordati alcuni recenti interventi del nuovo Governo: dal potenziamento dell’assegno unico alla riduzione dell’Iva su prodotti come pannolini e latte per l’infanzia, dall’estensione del congedo parentale alla riduzione dei contributi per l’assunzione di giovani e donne, fino ai mutui agevolati per le giovani coppie per l’acquisto della prima casa.
“E questo – conclude Roccella – è solo l’inizio: molto altro abbiamo in programma di fare perché la nascita di bambini come te avvenga in un clima sempre più confortevole. Rendere l’Italia un Paese accogliente per le famiglie è un modo per festeggiare la tua nascita, un segno di riconoscimento e un grazie ai tuoi genitori, perché ogni bimbo è una immensa gioia per chi lo mette al mondo, ma è anche un lieto evento per tutta la comunità che lo accoglie e che vuole e deve poter contribuire al percorso di crescita”.
Snodo critico non più sui secondi figli ma già sul primo
Se e come questi e altri interventi riusciranno a invertire il trend, comunque, lo si vedrà solo nel tempo. Al momento, le circa 4.500 nascite in meno rispetto al 2020 (-1,1%), che hanno portato il totale su base annua a 400.249, si può collegare ancora allo strascico di mancati concepimenti dovuti al Covid.
A gennaio 2021, il calo rispetto al periodo pre-pandemico è arrivato al -13,2%, con la ripartenza (+10,6%) solo negli ultimi due mesi dell’anno.
I dati provvisori dei primi 9 mesi del 2022, però, fanno segnare un ulteriore calo del -1,2%, a testimonianza del fatto che la fase di denatalità sembra destinata a proseguire.
Il dato negativo si ricollega soprattutto alle nascite da coppie in cui i genitori sono entrambi italiani (quasi 166 mila in meno del 2008), quelle all’interno dei matrimoni (circa 20 mila in meno del 2020 e 223 rispetto al 2008) e, a differenza di quanto avveniva fino a pochi anni fa, ai primi figli (il 46,6% del totale: -2,9% rispetto all’anno precedente e -34,5% nel confronto col 2008).
A conferma del fatto che se 20 anni fa si rifletteva soprattutto sul fatto di avere un secondo figlio, adesso lo snodo critico è legato proprio al fatto di diventare o meno genitori.
Alcune peculiarità territoriali
Un dato in crescita è quello dei figli nati fuori dal matrimonio (+14 mila nel confronto col 2020 e +47 mila dal 2008), soprattutto tra le coppie di italiani (43%, contro il 26,5% di genitori entrambi stranieri) al centro (+46%), mentre al sud, dove pure rimane al 34,8% del totale, il ritmo di incremento è più veloce.
Guardando alle differenze territoriali, il centro Italia è la parte di Paese con la maggior denatalità (-34,3%, con la punta del -36,7% in Umbria), ma il fenomeno interessa tutta Italia. Incuriosisce il dato in controtendenza di Bolzano, almeno per i primi figli (+0,7%, ma -5,3% complessivo rispetto al 2008). Mentre la minor denatalità complessiva è quella delle Isole e della Sicilia in particolare: rispettivamente -28,2% e -25,3%.
Alberto Minazzi