Uno studio statunitense spiega scientificamente perché la stagione fredda favorisce le malattie delle vie aeree. Intanto anche in Italia il Covid è tornato a crescere
Potrebbe sembrare una questione puramente teorica, ma al contrario ne possono derivare conseguenze pratiche significative nelle strategie terapeutiche da mettere in campo per contenere la diffusione del contagio delle malattie delle vie aeree, da quelle più tradizionali come raffreddore e influenza a quelle più recenti come il Covid.
Un gruppo di ricercatori della statunitense Harvard Medical School, a conclusione del lavoro svolto in collaborazione con la Northwestern University, ha pubblicato sul “The Journal of Allergy and Clinical Immunology” i risultati di uno studio che ha individuato le ragioni scientifiche del perché i virus respiratori trovano nell’inverno la stagione ideale.
Il ruolo del naso
Gli studiosi, guidati da Di Huang, hanno puntato in particolare sul ruolo-chiave svolto dal naso nella difesa dell’organismo dagli agenti infettivi esterni.
È infatti proprio il naso la principale via d’ingresso nel corpo umano dei virus che attaccano le vie aeree.
Dai test effettuati è quindi emerso che uno degli effetti del freddo è proprio quello di abbattere le prime difese immunitarie attivate all’interno del naso.
Bastano infatti 5 gradi in meno a livello di cellule nasali per dimezzare la quantità della risposta messa in campo dall’organismo.
Le “vescicole extracellulari”
La scoperta si ricollega infatti a un altro studio presentato nel 2018 dallo stesso istituto.
In quell’occasione, i ricercatori avevano riscontrato che, di fronte all’ingresso nel naso di batteri e virus, il sistema immunitario, attivato dalle cellule presenti nella parte anteriore del naso, rilascia all’interno del muco miliardi di “vescicole extracellulari”.
Si tratta di sacche di liquido di dimensioni minuscole che circondano e attaccano gli agenti esterni impedendo loro di entrare nel corpo.
La prospettiva e la sfida che si apre adesso è quella di arrivare alla creazione di appositi spray nasali per reintegrare la risposta immunitaria indebolita dal freddo.
Inverno 2022: è ripartito anche il Covid
Con l’avvicinarsi dell’inverno, intanto, servirà ancora una volta la massima attenzione per proteggerci dai “malanni di stagione”.
Del resto già adesso, con le temperature in discesa, non solo i casi di influenza sono sempre più in crescita verso il picco, previsto verso Natale.
Anche la diffusione dello stesso Covid è ripartita.
Il report degli ospedali sentinella della rete della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere segnala infatti la terza settimana consecutiva di crescita dei casi di infezione da Sars-CoV-2, con un +15,1% dei ricoveri in terapia intensiva e un +15,8% nei reparti ordinari negli ultimi 7 giorni, con una forbice che va dal +9% del nord al +26% del sud.
Il report Fiaso
Il rapporto della Federazione precisa però che, del totale, solo il 32% è ricoverato “per” Covid, con un incremento su base settimanale del +9%.
A crescere sono soprattutto i pazienti “con” Covid, ovvero quelli che vengono ricoverati per altre patologie e poi risultano positivi al tampone, finendo così in isolamento nelle zone dedicate.
L’incremento di queste tipologie di malati registrato in 7 giorni è stato pari al +19%, portando la percentuale sul totale dei ricoverati nei reparti ordinari al 68%.
Va detto però che, anche grazie alla vaccinazione, i pazienti “con” Covid assai raramente manifestano la malattia con sintomi e conseguenze di grave entità.
Le rianimazioni e i minori
Discorso diverso, sottolinea la Fiaso, fa fatto però per i ricoveri in terapia intensiva.
Tra i positivi finiti in rianimazione in gravi condizioni e con pesanti sintomi respiratori e polmonari, in questo caso l’84% è “per” Covid, con un 28% di non vaccinati.
Nei 4 ospedali pediatrici e nei reparti di pediatria inseriti nella rete della Federazione, infine, il tasso di crescite delle ospedalizzazioni, nella rilevazione del 6 dicembre, è meno elevato (+4,5%).
A essere ricoverati sono soprattutto i più piccoli, con l’82% del totale che ricade nella fascia tra 0 e 4 anni.