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Il mistero delle “stazioni di polizia” cinesi

Il mistero delle “stazioni di polizia” cinesi

La segnalazione di una ong: ben 11 dei 102 uffici sono in Italia. Avviate da molti Stati le indagini sulle attività effettivamente svolte

Sembra una trama da film di spionaggio, ma la vicenda è assolutamente reale.
La Cina ha aperto in tutto il mondo stazioni di servizio di polizia finalizzate, come ha ribadito più volte il ministero degli Esteri cinese, all’assistenza dei cittadini del Paese orientale all’estero, per velocizzare le pratiche burocratiche.
In molti casi, alla base ci sono accordi internazionali; ma, secondo le denunce, non mancherebbero le stazioni clandestine.
Soprattutto, però il sospetto su cui la ong Safeguard Defenders ha richiamato l’attenzione, chiedendo alle autorità nazionali di indagare, è quello che tali centri svolgano prevalentemente attività indebite di controllo sui cittadini cinesi, come il monitoraggio dei flussi di denaro, arrivando però, nei casi di dissidenti non graditi dal Governo cinese, anche a spingerli illegalmente al rimpatrio, eludendo i trattati di cooperazione.

Le stazioni di polizia cinesi e l’Italia

Già a settembre Safeguard Defenders aveva presentato un primo rapporto, indicando 54 stazioni attive in tutto il mondo.
Adesso, sul sito della ong è stato pubblicato un aggiornamento, non solo sui controlli avviati dai diversi Stati sulla base della segnalazione, ma anche sulle dimensioni del fenomeno.
Le centrali di polizia attive sono così arrivate a 102, per una rete che coinvolge 53 Paesi.

stazioni di polizia
L’Italia, con 11 stazioni, è quella che ne ospita il maggior numero, tra Milano, Roma, Firenze, Prato, ma anche Sicilia, Bolzano, Verona e Venezia.
L’apertura delle prime stazioni, come quella di Milano, risale al 2016, sulla base di accordi di cooperazione internazionale firmati dal Governo nel 2015.
A maggio 2018 l’arrivo a Venezia, con agenti cinesi operativi in Piazza San Marco per fornire assistenza ai turisti asiatici e collaborare con la polizia locale per il controllo del territorio.
Come per altre realtà italiane, anche nel caso del capoluogo veneto a essere attenzionata dall’ong sarebbe però una piccola centrale istituita nel 2019, facente capo al distretto della polizia di Qingtian.
Va detto, intanto che, dopo la presentazione di due interpellanze parlamentari, l’intelligence italiana avrebbe avviato da poco meno di un anno l‘indagine sulle attività svolte da queste centrali, anche se ancora non sono arrivate comunicazioni ufficiali al riguardo.

Le ipotesi di rimpatri forzati

Secondo le stime, sarebbero oltre 210 mila i cinesi convinti a rientrare in patria lo scorso anno dai rispettivi Stati di attuale residenza nell’ambito della campagna di lotta alle frodi avviata dalla Cina nei confronti dei suoi cittadini espatriati. E le operazioni condotte dalla Cina, dal 2014 a oggi, sarebbero circa 11 mila, in 120 Paesi.

stazioni di polizia
Almeno un paio di rimpatri forzati, a quanto pare, riguarderebbero anche la Toscana. Ma nel rapporto sono inclusi casi da tutto il mondo, da Parigi all’Olanda.
Safeguard Defenders si è concentrata in particolare nello studio dell’utilizzo delle stazioni di polizia in operazioni di persuasione in Serbia e in Spagna. E sono 14, nell’ultimo aggiornamento della ong, i Governi che hanno già avviato le indagini.
Come riporta il quotidiano “La Repubblica”, è però impossibile ricevere chiarimenti da Pechino, con i telefoni che squillano a vuoto.
Si resta così alle dichiarazioni ufficiali rilasciate a novembre dal Governo cinese alla Cnn, in cui si conferma la tesi degli hub amministrativi, istituiti per aiutare gli espatriati cinesi ad espletare alcune pratiche.

Alberto Minazzi

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Tag:  Cina, polizia