New entry nell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, che oggi compie 60 anni.
Tutela e valorizzazione delle peculiarità delle diverse cucine regionali
Erano i primi anni 60’ quando il giornalista-gastronomo Vincenzo Buonassisi, uno dei maggiori storici della cucina italiana, curioso buongustaio, scrisse che la cucina tipica delle regioni italiane era “sconosciuta o negletta”.
Un’affermazione forte ma che contribuì a dare una spinta alla nascita, nel 1964, dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, la prima associazione di ristoratori costutuitasi in Italia con l’obiettivo di valorizzare e promuovere la gastronomia regionale italiana.
Oggi l’ Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo vanta quasi 60 anni di vita e 108 locali, di cui 10 all’estero fra Europa e Giappone (8 le new entry di quest’anno).
Il Menù del Buon Ricordo
A lanciare l’associazione fu Dino Villani, grande maestro di comunicazione, al quale si devono, fra l’altro, il concorso “5000 lire per un sorriso” che nel 1946 diventò Miss Italia, l’idea di far diventare il 14 febbraio la Festa degli Innamorati e di creare un dolce-simbolo per Pasqua, la Colomba, appunto.
L’idea di Villani fu semplice ma vincente. Oggi come ieri, ogni ristorante aderente all’Unione, oltre ad assumersi l’impegno di praticare una cucina tipica e regionale, deve avere in lista una “specialità” del Buon Ricordo, cioè una portata che ben rappresenti i legami con il proprio territorio.
La pietanza prescelta viene inserita come portata principale del Menù del Buon Ricordo ed effigiata su un piatto dipinto a mano dagli artigiani ceramisti di Vietri sul Mare che verrà poi regalato a chi sceglie il Menu della tradizione, un dono destinato a fissare il “buon ricordo” di un’esperienza gastronomica da non dimenticare.
“L’Unione Ristoranti Buon Ricordo ha fatto veramente la storia della nostra ristorazione di qualità, difendendo e valorizzando – quando non era assolutamente di moda e non si aveva la consapevolezza del loro grande valore gastronomico e culturale – le peculiarità delle tante e diverse cucine della penisola, che rischiavano di diventare marginali, se non addirittura a volte scomparire sotto la spinta dell’omologazione del gusto e della moda della cosiddetta “cucina internazionale” – spiega il presidente dell’associazione Cesare Carbone del ristorante La Manuelina di Recco – Siamo però anche consci che il mondo della ristorazione in questi anni è radicalmente cambiato: stiamo perciò già lavorando attorno a nuovi spunti che ci permettano di intercettare tendenze e richieste del mercato, per continuare ad essere interpreti della migliore cucina di qualità e dell’accoglienza Made in Italy e dare al Buon Ricordo una veste contemporanea”.
La tradizione regionale italiana all’estero
Inizialmente l’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo comprendeva solo locali italiani, poi, nel tempo, sono entrati a far parte dell’associazione anche 10 ristoranti che hanno scelto di portare la qualità della gastronomia regionale italiana all’estero, contribuendo a salvaguardare la nostra cucina da continue ed equivoche imitazioni e falsificazioni.
Una new entry di quest’anno è il ristorantino Shardana di Parigi dello Chef Salvatore Ticca, che ha portato nella capitale francese una cucina giovane e moderna, molto legata alle tradizioni e tipicità della Sardegna. Tutti i prodotti arrivano dall’isola e tutti i piatti sono preparati in casa come ad esempio i Culurgiones ogliastrini con demi-glace di vitello, Cannonau e tartufo, il piatto speciale del Buon Ricordo.
New entry in Italia
Un’altra new entry di quest’anno si trova a Venezia ed è un ristorante storico, già esistente nel 1789. Il piatto del Buon Ricordo del ristorante “Al Colombo” è la granceola femena, granchio che vanta una reputazione al pari delle aragoste. Il nome granseola deriva dal veneziano granso (granchio) e seola (cipolla), in quanto nel brodo di cottura del crostaceo è prevista l’uso della carota e, soprattutto, della cipolla che ne addolcisce le carni.
“La Grançeola femmina è molto ricercata in quanto, pur essendo più piccola di dimensioni rispetto al maschio, contiene il prelibato corallo – spiega il titolare Domenico Stanziani – In cucina si cerca di seguire procedimenti semplici in modo da non intaccarne le proprietà nutritive e preservarne il gusto. In generale meno si cuoce la sua carne meglio è, un po’ il consiglio che vale per tutti i crostacei. La granceola, la regina della laguna e dell’Adriatico, purtroppo viene oggi spesso sostituita con il king crab, un granchio tutto chele e poca testa, saporito ma non autoctono in quanto proviene dall’Antartico e dai mai del nord”, spiega il titolare Domenico Stanziani.
Ma con quali modalità un locale entra a far parte l’Unione Ristoranti Buon Ricordo ?
“Sono gli stessi ristoranti, specializzati in cucina regionale, a presentare la propria candidatura che viene poi esaminata dal consiglio direttivo e dai rispettivi responsabili regionali per verificare se è in linea con i principi del Buon Ricordo e se il ristorante risponde ai requisiti qualitativi richiesti dall’associazione”, spiega Cesare Carbone.
Da tempo l’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo collabora con il Touring Club Italiano dando vita a studi, convegni riflessioni e dibattiti, fino ad arrivare, nel 2001, a costituire insieme la “Fondazione italiana Buon Ricordo” per sistematizzare questo genere di iniziative.
I piatti del buon ricordo
Anche i famosi piatti in ceramica, simbolo dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo sono diventati, nel tempo, una vera e propria istituzione, tanto che nel 1977 è nata l’Associazione dei Collezionisti dei Piatti del Buon Ricordo.
Oggi, come nel 1964, sono prodotti utilizzando l’argilla grezza delle cave di Ogliara, a pochi chilometri da Vietri. Una volta fatto il “bozzetto” originale vengono dipinti a mano dagli artigiani della Ceramiche Artistiche Solimene di Vietri sul Mare, famiglia di ceramisti della Costiera Amalfitana.
Con lo stile naif e coloratissimo che li contraddistingue, colgono in sintesi la pietanza simbolo di ciascun locale, arricchendo la decorazione con riferimenti al ristorante, al territorio, ai prodotti della zona. Sul bordo riportano il nome del locale e la località in cui si trova. Chi vuole può anche usarli in tavola, i colori sono speciali, coerenti alle norme imposte per i contenitori alimentari, rigorosamente senza piombo.
Claudia Meschini