Aprirà a breve a Solesino il Laboratorio Artistico di Tautaggio di Nicolai Lilin. Autore del best seller “Educazione Siberiana”, personaggio del momento anche grazie alla Tv, spiega perché i suoi tatuaggi non hanno nulla a che vedere con quelli realizzati per pura finalità estetica
Nicolai Lilin è un kol’sik, “quello che punge”. Nato in Transnistria (Moldavia) nel 1980, Lilin è un tatuatore della tradizione siberiana, cresciuto in una delle ultime comunità di “criminali onesti” dell’ex Unione Sovietica. La storia della sua giovinezza, raccontata nel romanzo “Educazione Siberiana” (2009), è diventata un best seller tradotto in 14 lingue e distribuito in 20 Paesi nel mondo. A questo sono seguiti “Caduta Libera” (2010), “Il respiro del buio” (2011) e “Storie sulla pelle” (2012). Nel 2013, Educazione Siberiana è diventata un film, per la regia di Gabriele Salvatores, con la partecipazione di John Malkovich. Ma Nicolai Lilin, che nella sua vita è stato “criminale”, soldato, reduce ed oggi scrittore, non si è mai allontanato dalla sua prima passione: il tatuaggio. Entro l’autunno, Lilin aprirà un Laboratorio Artistico di Tatuaggio a Solesino, in provincia di Padova.
Nicolai, che cos’è il tatuaggio siberiano? Per la comunità criminale siberiana il tatuaggio era un linguaggio: aveva lo scopo di raccontare, di comunicare informazioni personali attraverso un sistema di segni, un codice che gli appartenenti alla comunità potevano leggere. I disegni, mai disposti a caso, andavano a raccontare la storia della persona ed i momenti salienti della sua vita: per questo motivo (unito al fatto che i tatuaggi siberiani vengono eseguiti con le bacchette, più dolorose degli strumenti moderni) i criminali non dicevano “si è fatto un tatuaggio” ma “ha sofferto un tatuaggio”. Niente a che vedere con il tatuaggio moderno, che viene scelto ed eseguito per estetica.
I tuoi romanzi raccontano di una comunità “criminale” violenta e intransigente, ma tuttavia basata su un codice d’onore. Cosa è rimasto oggi di quella realtà? La cultura criminale siberiana era già in decadenza quando ero bambino: era una mentalità chiusa, legata regole rigide che però portavano anche una serie di valori positivi come la correttezza, il rispetto dei deboli, delle autorità (criminali, ovviamente), la religione, la discrezione e l’educazione. Dall’altro lato, vi era l’odio profondo contro la polizia, contro il regime comunista e contro i diversi. Erano soprattutto i nostri anziani a tramandare le nostre leggi e i nostri costumi, mentre già la generazione di mio padre se ne stava allontanando.
La cultura di mio nonno si è estinta perché era imperfetta, estremamente rigida anche nei confronti di sé stessa. Era un mondo in cui l’intolleranza era portata all’estremo, quasi alla superstizione: basti pensare che mio nonno era terrorizzato dai gay, perché era credeva che l’omosessualità potesse essere trasmessa attraverso lo sguardo.
Cresciuti sotto il regime, i nostri anziani vivevano per sopravvivere. Con la fine del comunismo però è finita anche la cultura criminale siberiana: i valori dei nostri nonni non potevano vincere contro il consumismo moderno.
In cosa si differenzia la tua attività da quella degli altri tatuatori?
Attraverso il tatuaggio, io tramando una parte della cultura siberiana, riutilizzando i simboli tradizionali per raccontare le vite delle persone, anche se non appartenenti alla nostra comunità: in altre parole cerco di dire cose nuove usando un linguaggio antico.
Non si tratta però di un’operazione commerciale. In questo momento ho circa tremila richieste di tatuaggio in attesa, provenienti da tutto il mondo: so già che le rifiuterò quasi tutte. La maggior parte delle persone che mi contattano vogliono tatuarsi perché hanno letto i miei libri o visto il film, oppure perché i tattoo siberiani sono “da duri” e vogliono far finta di essere criminali.
Chiariamo una cosa: io non faccio tatuaggi criminali. Uso una serie di simboli della tradizione (teschi, corone, chiese ortodosse, coltelli, pistole, occhi, chiavi ma anche icone, gufi, Madonne con il Bambino e Cristi, ndr), ma li compongo in maniera nuova. E questo è il punto: se qualcuno vuole essere tatuato da me, deve contattarmi e raccontarmi la sua storia. Se sarà sincero e se dimostrerà di aver capito che il tatuaggio siberiano è un pezzo di vita da portarsi addosso, allora realizzerò per lui un disegno originale usando i segni siberiani e lo tatuerò. E’ un processo lento e complesso, perché tatuo solo chi capisce cosa voglio fare e possiede le giuste motivazioni.
Ma non c’è una qualche forma di “tradimento” nel tatuare con i vostri segni persone che non fanno parte della comunità?
Il nostro tatuaggio non è mai stato geloso: anche al tempo dei nostri vecchi, nessuna regola proibiva di dare i nostri segni a chi non era siberiano, a patto che ad eseguire il tatuaggio fosse un kol’sik. Ad ogni modo, le antiche regole sono quasi dimenticate e non c’è nessuno che le faccia rispettare. Con il mio lavoro cerco di far sopravvivere la nostra arte alla dispersione della nostra cultura.
Altro discorso per i tatuaggi del Seme Nero, attualmente la più importante casta della Mafia Russa, che ad un neofita possono sembrare simili ai tatuaggi siberiani. L’organizzazione Seme Nero nasce nelle carceri centrali dell’Unione Sovietica, ed importa simboli di diversa provenienza, creando alla fine un proprio codice. Seme Nero è molto geloso dei propri tatuaggi e reagisce in maniera violenta: da giovane, nel carcere minorile ho visto un ragazzino costretto dagli altri detenuti a grattarsi via un tatuaggio con una pietra. Era un simbolo non autorizzato di Seme Nero.
E’ vero che hai ricevuto delle minacce, a seguito della pubblicazione dei tuoi romanzi?
Sì, ma non da parte di Seme Nero: magari non gli starò simpatico per quello che ho scritto nei miei romanzi, ma di fatto non hanno motivo di odiarmi al punto da farmi del male. Non sono uno di loro e non ho mai fatto finta di esserlo. Piuttosto, ho avuto problemi con alcuni mitomani italiani, nostalgici della vecchia Unione Sovietica, che mi hanno minacciato per la mia condanna del regime comunista.
Aprirai in autunno uno studio di tatuaggi a Solesino, in provincia di Padova. Di cosa si tratta?
Non sarà un semplice studio di tatuaggi: il mio obiettivo è creare un laboratorio stabile di tatuaggio siberiano in Veneto, che permetta a giovani aspiranti tatuatori, ma anche a professionisti con esperienza, di scoprire lo stile e le tecniche della nostra tradizione di tatuaggi. Il laboratorio di Solesino permetterà lo sviluppo artistico di molti giovani talenti che vogliano avvicinarsi alla professione di tatuatore. Metterò a disposizione la mia esperienza, ma sarà anche un luogo di indagine e di confronto sul tatuaggio moderno, messo a confronto con la tradizione. Chi fosse interessato potrà trovare presto altre informazioni sul sito www.kolima.it.