Lo evidenzia il nuovo rapporto “Human Development Index” delle Nazioni Unite: negli ultimi 2 anni, inversione di tendenza nel 90% dei Paesi
Aspettativa di vita, istruzione, alfabetizzazione, prodotto interno lordo pro-capite.
Sono tutte voci che procedono a ritroso.
Il nuovo rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, presentato oggi, 8 settembre 2022, lo evidenzia in modo chiaro: dopo la pandemia, il mondo è scivolato indietro di 5 anni.
Ma non è stato solo il Covid a cancellare di fatto i progressi che erano stati raggiunti nel corso del tempo. Tra i fattori determinanti di questa inversione di tendenza, l’Onu cita espressamente anche l’impatto del cambiamento climatico e la guerra in Ucraina.
Invertito un trend di crescita trentennale
Il rapporto “Human Development Index” 2021/22 ben lo evidenzia. Nel biennio caratterizzato dal coronavirus, ben 9 Paesi su 10 hanno perso punti nell’indice introdotto dalle Nazioni Unite nel 1990 come nuovo strumento standard per la misurazione dello sviluppo e del benessere delle Nazioni del Mondo.
Guardando a tutti gli Stati, la frenata, tra i diversi indicatori di sviluppo, si è registrata soprattutto nell’aspettativa di vita alla nascita.
In tal senso, si può citare l’esempio degli Stati Uniti, dove il passo indietro, rispetto al 2019, è stato di oltre 2 anni. E va detto che il dato specifico è ancor più elevato in altri Paesi.
Gli studiosi ed esperti di sviluppo mondiale che hanno realizzato il rapporto commissionato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) sottolineano dunque che, negli ultimi 2 anni, si è invertito un trend di crescita ormai trentennale, riportando i livelli di sviluppo a quelli del 2016.
L’Italia e lo sviluppo umano
Nella classifica riportata dal nuovo rapporto, l’Italia, con un indice di 0,895, occupa la 30^ posizione.
La nostra aspettativa di vita, nell’ultimo anno, si è attestata a 82,9 anni, con un pil lordo pro-capite di 42.840 dollari.
Quanto all’istruzione, il periodo trascorso all’interno del sistema scolastico italiano è di 16,2 anni.
L’Italia si conferma così nella categoria “Altissimo sviluppo umano”. Il rapporto sottolinea anche che, tra il 1990 e il 2021 il valore di HDI in Italia è aumentato del 15%, passando da 0,778 a 0,895. In particolare, nello stesso periodo, l’aspettativa alla nascita è aumentata di 5,9 anni, gli anni medi di scolarizzazione di 3,3 anni e il pil pro-capite del +18,3%.
Il rapporto include, tra gli altri, anche il GDI, cioè l’indice di sviluppo di genere, che misura i divari tra uomini e donne nei 3 parametri fondamentali, e il GII, che misura le disuguaglianze di genere in salute riproduttiva, emancipazione e mercato del lavoro.
Nel primo caso il valore è 0,970, determinato dal rapporto tra HDI femminile (0,879) e maschile (0,906). Il GII è invece di 0,056, che posiziona l’Italia al 13° posto su 170 Paesi nel 2021.
La classifica
Al vertice della graduatoria dell’HDI, con un indice di 0,962, si trova ora la Svizzera, 3^ nel 2020. Qui l’aspettativa di vita è di di 84 anni, la media di anni spesi nell’istruzione è di 16,5 e il pil pro-capite è di 66.933 dollari. Scivola invece al secondo posto la Norvegia (HDI di 0,961) e sale sul podio (dal 5° posto precedente) l’Islanda (0,959). Hong Kong e Australia completano la nuova top-5.
In coda alla classifica, al 191° e ultimo posto, c’è invece, il Sud Sudan, in discesa dalla 185^ posizione. I cittadini di questo Paese africano hanno un’aspettativa di vita di soli 55 anni, l’istruzione dura mediamente 5,5 anni e i guadagni annui sono di 768 dollari. L’indice è quindi pari a 0,385.
Pur restando al 189° posto (nella classifica del 2020 erano inserite due Nazioni in meno) lascia così il fanalino di coda il Niger (HDI 0,400), rispetto a cui, nel nuovo rapporto delle Nazioni Unite, ora fa peggio anche il Ciad, in discesa dal 187° posto.
Alberto Minazzi