Andreoni: “A creare maggiore angoscia sono quelli che in passato non hanno mai interessato l’uomo”
L’ultimo arrivato è il “Grims”, un nuovo coronavirus identificato in alcuni roditori diffusi in tutta Europa (le arvicole rossastre) dai ricercatori dell’Università svedese di Uppsala nella località vicina a Stoccolma. da cui prende il nome. Ma, in un mondo che continua a scoprire (o riscoprire) nuovi virus, la lista delle potenziali minacce per l’uomo è sempre più lunga.
I ricercatori dell’Università della California di Davis, nei mesi scorsi, hanno realizzato una banca dati di 887 virus selvatici, classificati, in un’applicazione web chiamata SpillOver, in base alla loro pericolosità e alla loro capacità di diffondersi.
Ai primi posti di una graduatoria in continuo aggiornamento, ci sono ad esempio nomi famosi come Ebola e Sars-CoV-2.
È la stessa storia dell’uomo a essere costellata da epidemie che hanno decimato la popolazione della Terra. La più famosa, e più letale, è stata quella di peste, che uccise nel XIV secolo 200 milioni di persone e il 60% degli Europei.
E poi vaiolo, rabbia, morbillo, Aids, rotavirus, Dengue, Sars. Per tacere delle influenze: dalla Spagnola, alla Asiatica, alla Cinese.
I virus più pericolosi: una riflessione preliminare
Stilare una classifica per dire qual è in assoluto il virus più pericoloso, va premesso, è oggettivamente impossibile.
“Ci sono – spiega Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma – almeno 3 caratteristiche e fattori sostanziali in base ai quali valutare la pericolosità del virus. Ovvero la sua capacità di diffusione; la patogenicità, cioè la capacità intrinseca di causare una malattia, soprattutto se grave; la capacità dell’organismo di difendersi dal virus, che può progressivamente aumentare, come stiamo vedendo col Covid”.
Sulla base di questi aspetti, vi sono dunque virus che presentano in maniera più o meno spiccata una o più caratteristiche e altri che invece sono potenzialmente più pericolosi sotto altri punti di vista. “Il virus che crea particolare angoscia – aggiunge però Andreoni – è il “nuovo virus”, quello cioè che, pur già presente in natura, in passato non ha mai interessato l’essere umano. Il salto di specie è l’evento più temibile in assoluto, perché, quando passa all’uomo, il virus trova persone completamente indifese per quanto riguarda l’immunità innata”.
Alcuni esempi di virus molto pericolosi: dalla rabbia, a Ebola, all’aviaria
Scendendo nel dettaglio, il professore di Tor Vergata colloca al primo posto, per la patogenicità, la rabbia, che, “una volta avvenuta l’infezione, ha una mortalità virtuale del 100% dei casi”. Per fortuna, questo virus ha “una scarsa diffusione e, soprattutto, una bassissima trasmissibilità interumana”.
Ad alta patogenicità sono anche alcuni virus dell’influenza aviaria, come H7N9 e H5N3, con una letalità rispettivamente del 30% e del 50%.
“Se si esclude la descrizione di caso unico e quindi scientificamente poco interessante – precisa il medico – la trasmissione non avviene mai da uomo a uomo, ma da uccello a uomo. Il vero problema è che gli uccelli migratori si spostano e potenzialmente aumentano la diffusione del virus in tutto il mondo”.
Sul fronte della trasmissibilità, Massimo Andreoni cita invece Ebola, che “pur con una patogenicità di medio livello, visto che in alcune casistiche si arriva a una letalità che non supera il 30%, ha una capacità di diffusione molto ampia e, per fortuna, una diffusione non molto ampia”.
Insomma: per quanto pericolosi, questi virus danno luogo solo a micro-epidemie.
“Se esplodesse un evento pandemico – conclude – sarebbe un disastro, pensando che la mortalità del Covid è tra lo 0,2% e lo 0,3%”.
Il rischio spillover e “Grims”
È quando avviene un salto di specie, o spillover, che i virus riescono a diffondersi in maniera ampia tra la popolazione umana, dando luogo a pandemie. E, anche a prescindere da patogenicità e virulenza, interessando miliardi di persone ne possono derivare milioni di morti.
“I nuovi virus – riprende il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive – sono i più temuti in assoluto anche perché non esistono vaccini, come invece ad esempio per la rabbia, o farmaci, come per i virus influenzali”.
All’interno di questo ragionamento rientra anche la riflessione su Grims. “Molti coronavirus hanno caratteristiche di virus animali che effettuano il salto di specie dopo aver infettato tante specie, in particolare roditori e pipistrelli, che sono serbatoi naturali. E quelli più rischiosi per l’uomo sono quelli che non portano gli animali a infettarsi. I già citati virus aviari, ad esempio, uccidendo molti volatili, riescono a trasmettersi poco all’uomo”.
La trasmissione del virus dall’animale all’uomo è però solo il primo step del salto di specie. “Il secondo step fondamentale – illustra il professore di Tor Vergata – è il passaggio da uomo a uomo, che tanto più facilmente avviene, tanto più crea grande diffusione del virus. Se Dio vuole, però, questo accade molto poco. L’esempio, in tal senso, è quello della Mers, che sta circolando da una ventina d’anni ma per la quale la trasmissione interumana è del tutto eccezionale”.
Mers, Aids e il ruolo degli animali
La Mers è un coronavirus ad alta letalità, superiore al 20%, che però ha la caratteristica di trasmettersi solo dal dromedario all’uomo e dunque “crea scompiglio, ma poi si ferma, perché questi animali sono poco diffusi in tutto il mondo”. Il vero problema dell’Aids, ricorda Andreoni, è stato che, una volta effettuato il salto di specie da scimmia a uomo, il virus ha imparato a trasmettersi anche all’interno del genere umano.
Nella valutazione della pericolosità di un virus, dunque, rientra anche la diffusione degli animali che fungono da “serbatoi” (contenendo al loro interno il virus e potendo quindi diffonderlo nell’ambiente) o da “vettori” (trasportandolo dall’animale serbatoio all’uomo).
L’esempio tipico è quello della leishmaniosi, in cui è il pappatacio a poter infettare l’uomo dopo aver punto un “cane serbatoio”.
“Le zanzare – riprende il docente di Malattie infettive – sono un vettore pericolosissimo: ai miei studenti ricordo sempre che sono l’animale che, con almeno 1 milione di morti, uccidono ogni anni più persone, trasmettendo loro varie malattie. Va però ricordato, ad esempio, che non tutte le zanzare sono in grado di trasportare la malaria. E che, pur potendosi spostare da una parte all’altra del mondo grazie alla globalizzazione, questi insetti devono poi trovare le condizioni climatiche valide per insediarsi”.
Peste e vaiolo
Insomma: se la già citata peste e il vaiolo, che ha sterminato quasi completamente le popolazioni native americane dopo la colonizzazione europea, vengono ricordati come i virus più letali della storia, bisogna contestualizzare la loro pericolosità tanto all’interno dei vari fattori che nell’attuale contesto storico.
“Con il carbonchio – spiega al riguardo Andreoni – lo Yersinia Pestis è uno dei batteri ancora inseriti all’interno dei potenziali rischi legati a guerre batteriologiche. La via di trasmissione tradizionale, dalla pulce del topo all’uomo, è adesso molto complicata, per il miglioramento generale delle condizioni di vita. E ci sono anche a disposizione buoni farmaci. Ma se, ad esempio, si inserisse il batterio in uno spray e lo si spruzzasse in una metropolitana, generando una peste polmonare, in tempi brevissimi morirebbero tutti i presenti per polmonite emorragica”.
Lo stesso discorso vale per il vaiolo. “Se qualcuno – conclude il professore – rispolverasse il virus oggi conservato in pochissimi laboratori, troverebbe un’altissima fetta di popolazione, ovvero tutti i nati dopo il 1980, scoperta dalla vaccinazione. E, trattandosi di uno dei virus a maggior capacità di diffusione insieme al morbillo, nonostante la non altissima letalità anche in questo caso farebbe strage”.
Alberto Minazzi
Grazie per averci messo a conoscenza di un elenco di sfighe cosmiche (tanto per mantenere alto il livello di terrore). Bisognerebbe aggiungere però che è possibile ridurre sensibilmente i rischi di contrarre malattie curando l’igiene personale e mantenendo un buono stato di salute (ovvero un alimentazione sana = no prodotti elaborati da industria). All’iniizio della psico-pandemia, quando le persone hanno cominciato a disinfettarsi le mani, c’è stato l’azzeramento dei casi di infezioni intestinali: questo significa che abbiamo sbagliato strada.
Salute a tutti.