L’Italia del lavoro povero nel 21° rapporto Inps
Pensionati costretti a fare i conti con redditi inferiori a 1000 euro al mese (32%) e 3, 3 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora.
Meno, cioè, di quanto si stia pensando di riconoscere come soglia di un salario minimo.
Per contro, l’1% dei lavoratori più ricchi conquista un punto percentuale sulla propria retribuzione complessiva, che aumenta ancor più le disparità di un’Italia sempre più a due pesi e due misure.
C’è chi nonostante lavori risulta povero, anche più di chi percepisce il reddito di cittadinanza, visto che guadagna solo a 7.800 euro l’anno (16,2%) e chi ha versato contributi per anni e ora non arriva a fine mese.
Ma c’è poi anche un’esigua parte di lavoratori che “concentra nelle proprie mani il 6,4% del reddito totale percepito dal lavoro dipendente”.
La denuncia non viene dai sindacati ma dalla stessa Inps, il cui presidente, Pasquale Tridico, ha presentato stamani a Montecitorio il 21° Rapporto annuale dell’ente.
Il contratto non è più una garanzia
Con questi dati, non è incoraggiante la previsione pensionistica di chi è nato tra il 1965 e il 1980, la cosiddetta “generazione X”. “
Se si tratta di persone che percepiscono 9 euro l’ora “si stima che l’importo di pensione – si legge nel rapporto Insp – si aggiri sui 750 euro mensili”.
Quella fornita dall’ente di previdenza sociale risulta quindi l’immagine di un’ Italia povera e con poche prospettive di benessere se non interverranno presto misure di tutela.
Gli stessi contratti, denuncia infatti Inps, non costituiscono più “la garanzie a buste paga adeguate”.
Su 257 tipologie di contratti in essere a ottobre 2021 relativi a 4,5 milioni di dipendenti, il 10% delle retribuzioni risulta al di sotto della soglia dei 1500 euro. Se la retribuzione media giornaliera lorda è mdi 98 euro per i dipendenti full time, in 6 tra i contratti principali è inferiore ai 70. Meglio risultano quelli dell’industria chimica, che arrivano a 123 euro.
Tridico: “Segnali preoccupanti”
Questa situazione si riversa poi anche sull’ente, sul quale l’aumento dell’inflazione di quest’anno potrebbe pesare per 24 miliardi e il cui disavanzo patrimoniale, al netto di quelle che saranno le conseguenze della pandemia e della guerra, potrebbe arrivare nel 2029 a 92 miliardi di euro.
“Ci sono segnali preoccupanti”, ha detto il presidente Tridico. Non tanto perché ci sia un problema di sostenibilità quanto perché, hanno spiegato i tecnici, “c’è un warning. Ci vuole cioè crescita economica e produttiva per un sistema in equilibrio”.
Per il momento, le misure di sostegno al reddito attuate dal governo sembrano attutire le ricadute nonostante l’aumento dei prezzi.
Il presidente dell’Inps ha infine rilevato come il quadro occupazionale appaia “promettente” ma a questo deve far fronte un quadro salariale adeguato e non più immobile.