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Inquinamento: Venezia, la prima Plastic Smart City in Italia

Inquinamento: Venezia, la prima Plastic Smart City in Italia
Venezia vista dall'alto

Il capoluogo lagunare tra le città virtuose del Mediterraneo che aderiscono al progetto WWF per liberare la natura dalla plastica

Cosa accomuna materassi e cosmetici, contenitori per i cibi, vestiti e prodotti per la casa? La risposta, anche se in certi casi (come per i deodoranti e i prodotti per il make up) a molti sembrerà sorprendente, è la plastica che li compone. Un materiale, soprattutto, le microplastiche utilizzate in detersivi e cosmetici, che poi finisce per disperdersi attraverso gli scarichi nell’ambiente, rimanendovi per decenni o addirittura venendo ingerito dagli esseri viventi. Uomo compreso.

Le Plastic Smart Cities

Ecco perché, non solo attraverso gli “ecotips”, che consigliano quali prodotti scegliere, e iniziative specifiche come “#generazionemare” per la tutela del Mediterraneo e delle specie che lo abitano, il WWF sta combattendo anche una battaglia particolare per liberare la natura dalla plastica.
Un’iniziativa mirata in tal senso è “Plastic Smart Cities”, avviata nel 2018, che raggruppa 31 città mondiali e raccoglie in 6 categorie (dagli strumenti finanziari alla prevenzione, dalla raccolta al riutilizzo, dal riciclaggio allo smaltimento) le buone pratiche in un catalogo in continuo aggiornamento.
La prima italiana che ha aderito all’iniziativa, a marzo 2021, è Venezia, che farà il punto delle attività compiute finora, anche all’interno del progetto specifico “Venezia e Smirne insieme contro l’inquinamento da plastica”, nell’incontro pubblico di giovedì 23 giugno, alle 19, a Forte Marghera. In questa occasione avverrà anche la presentazione delle attività di prevenzione insieme ad altre 5 città costiere del Mediterraneo.

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Plastica e mare: l’allarme del WWF

Ogni giorno, sottolinea il WWF, adulti e bambini potrebbero ingerire da dozzine a oltre 100mila granelli di microplastica attraverso aria, acqua, sale e altri prodotti alimentari.
Un problema particolarmente sentito nel Mediterraneo, una delle aree più colpite, con gli attuali livelli record di microplastica che rappresentano una minaccia per la vita marina e la salute umana. Nelle sue acque si trova infatti la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.
Secondo una recente analisi citata dal WWF, nel Mar Mediterraneo ogni anno finiscono 229mila tonnellate di plastiche. È come se venissero scaricati in acqua ogni giorno 500 container. Più della metà di questa plastica proviene da soli 3 Paesi: il 32% dall’Egitto, il 10% dalla Turchia e il 15% dall’Italia, che ha la città più inquinante del Mediterraneo (Roma) e altre 4 (Milano, Torino, Palermo e Genova) tra le prime 10. Tra le attività poste sotto accusa per la dispersione di plastica in mare, la gestione inefficiente dei rifiuti, aggravata nei periodi di maggiori flussi turistici.

La plastica: le dimensioni di un problema

Nel presentare l’iniziativa delle Plastic Smart Cities, il WWF ricorda anche altri dati legati alla dimensione dei problemi legati alla dispersione di plastica.
Oggi, ad esempio, si stima che circa il 60% dei detriti marini di plastica provenga dai centri urbani, trasportati dai corsi d’acqua inquinati.
Quasi la metà di tutti i prodotti in plastica è stata del resto prodotta dopo il 2000, con un aumento del 200% della produzione di plastica vergine dal 1950 alla fine del millennio.
Nel 2016, ultimo anno su cui sono disponibili dati, sono stati prodotti ad esempio 53 kg di plastica per ogni persona presente sulla terra.
“Se sarà confermata tutta la capacità di produzione di plastica prevista – è la conclusione – la produzione attuale potrebbe aumentare del 40% entro il 2030”.
Oltre il 75% di tutta la plastica mai prodotta è inoltre già rifiuto. E un terzo della plastica è già diventata inquinamento terrestre o marino.
L’80% della plastica negli oceani è stimato provenire da fonti terrestri. Se infine lo scenario non cambierà, è la previsione, altri 104 milioni di tonnellate di plastica saranno quindi immesse nella natura entro il 2030.

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Nell’era della plastica: i rischi

La presenza di plastiche, micro e macro, nell’ambiente naturale ha del resto raggiunto livelli tali da spingere alcuni scienziati a definire la nostra epoca “plasticene” e a ritenere che si sia arrivati al punto in cui vi sia un vero e proprio “ciclo globale delle microplastiche”, paragonabile a quello del carbonio.
Le particelle di plastica passano cioè dalle strade e dagli oceani all’atmosfera attraverso i venti, per poi tornare ai suoli, ai fiumi, laghi e mari attraverso la pioggia e la neve.
Gli impatti delle microplastiche sugli organismi viventi, in particolare quelli marini, i più esposti, è sempre più oggetto di studio.
Le ricerche hanno però evidenziato che il problema non va sottovalutato nemmeno nell’uomo, visto che solo in parte queste particelle vengono espulse tramite le feci, essendone stata riscontrata la presenza sia a livello polmonare che sanguigno e addirittura nella placenta. La ricerca, in tal senso, procede, anche perché non sono ancora del tutto chiari gli impatti e gli effetti ecotossicologici che derivano dalle microplastiche accumulate nell’organismo.

Gli effetti delle microplastiche sulla salute umana

Dalle microplastiche è possibile in ogni caso che derivino impatti fisici, come abrasioni e lesioni ai tessuti, irritazioni e infezioni interne, stress respiratori ed effetti tossicologici legati alla contaminazione derivata alla presenza di sostanze chimiche. Uno studio recente, citato al riguardo dal WWF, sottolinea che in un singolo prodotto di plastica sono state rilevate fino a 8.681 sostanze chimiche e additivi. Tra questi possono esserci anche ftalati, ritardanti di fiamma, metalli pesanti e monomeri costitutivi, per i quali è confermato l’effetto di interferenti endocrini, cancerogeni o mutageni.
L’uomo ingerisce microplastiche principalmente attraverso la dieta, non potendo escludere in tal senso nemmeno l’acqua e il sale, il miele e lo zucchero, la frutta e la verdura (che possono portare a un’assunzione giornaliera fino a 80 grammi di microplastiche) anche perché è possibile il rilascio anche da parte degli imballaggi.
Ovviamente, l’inquinamento del mare è particolarmente preoccupante per la possibile ingestione attraverso il consumo di pesce, molluschi e crostacei.
“È stato stimato che i consumatori europei di molluschi potrebbero essere esposti fino a circa 200-500 microplastiche/anno dal consumo di cozze fresche e cotte”, sottolinea il WWF.

Venezia e le Plastic Smart Cities

In seguito all’adesione al progetto del WWF, il Comune di Venezia, con le partecipate Veritas e Avm e il supporto del WWF, ha sviluppato un piano d’azione, in via di approvazione, con attività mirate a contrastare la dispersione di plastica in natura, in rete con alcune importanti realtà come la francese Nizza o le tunisine Monastir e Hammamet.
All’appuntamento veneziano saranno presenti le realtà costiere croate di Dubrovnik e Trogir, le turche Smirne e Çeşme e la marocchina Tangeri, tutte aderenti al progetto del WWF, che mira a fare delle città dei centri di soluzione attraverso le best practices.
L’incontro pubblico, che seguirà quello tecnico di mercoledì 22, offrirà l’occasione di discutere anche su come diminuire l’utilizzo di imballaggi monouso e non necessari, promuovere l’utilizzo dell’acqua potabile da rete idrica e il miglioramento della quantità e qualità della raccolta differenziata così come il coinvolgimento di settori economici e dei cittadini.
Il principale focus delle Plastic Smart Cities è quello di ridurre e progressivamente eliminare l’uso e la dispersione della plastica nelle acque superficiali ed in particolare nel Mar Mediterraneo.

L’impegno di Venezia

La scelta del Comune di Venezia di aderire all’iniziativa si lega alle altre azioni poste in essere dall’Amministrazione per l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Tra gli impegni assunti con la specifica adesione, in primis c’è quello di attivarsi per eliminare la dispersione di plastica in natura entro il 2030.
“Ogni minuto – sottolinea l’assessore all’Ambiente, Massimiliano De Martin – finisce nel Mediterraneo l’equivalente di 33.800 bottigliette di plastica. L’impegno di ognuno di noi può fare la differenza”.

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L’assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, Massimiliano De Martin, firma l’accordo “Venice Blue Flag 2021”

I dati della multiutility Veritas evidenziano come, ogni anno, nell’intera Città metropolitana di Venezia vengano raccolte ben 24 mila tonnellate di plastica, di cui 6 mila tonnellate nel solo territorio comunale di Venezia. Due terzi della plastica raccolta è composta di bottiglie di plastica, che messe insieme occuperebbero 800 mila metri cubi: un volume in grado di riempire due stadi di San Siro. Per migliorare sempre più i livelli di raccolta differenziata dei rifiuti, Veritas ha attivato anche un servizio online, “Dove lo butto”, che offre utili indicazioni su dove conferire le specifiche tipologie di rifiuto.

Bottigliette e pneumatici: i focus di Venezia

Il primo anno dall’ingresso di Venezia tra le Plastic Smart Cities, sottolinea Giorgio Bagordo, senior expert for plastic programmes di WWF Italia, è servito soprattutto per fare il punto della situazione, raccogliendo informazioni e dati disponibili e individuando e mettendo insieme i numerosi stakeholders già attivi sul territorio. “Questa – sottolinea – è una tematica già molto sentita a Venezia: quello che serviva era un ombrello per coordinare le diverse azioni. E il piano d’azione, in via d’approvazione, è fondamentale in tal senso, puntando ad esempio anche a sviluppare linee guida su eventi “plastic smart” come è stato il Salone Nautico”.

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Giorgio Bagordo (Senior Expert Plastic Programmes – WWF Italia)

“Quello che manca – prosegue Bagordo – sono al momento dati puntuali più mirati su quel che finisce sulle nostre spiagge. In tal senso, nel piano d’azione è previsto lo sviluppo di un protocollo per la raccolta di dati dalle innumerevoli attività di clean-up attive sul territorio. Con Veritas abbiamo anche iniziato ad effettuare delle analisi merceologiche sui cestini sperimentali del Lido e del centro storico, per capire la quantità e la qualità dei rifiuti raccolti, notando tanti take away e bottigliette di plastica”. Proprio quello delle bottiglie di plastica è dunque uno dei focus su cui puntare, visto che “pur essendo ben strutturata nella gestione dei rifiuti – spiega il rappresentante del WWF – Venezia non è immune dalla dispersione della plastica”. E poi c’è un altro curioso tema specifico da affrontare. ”Nei canali è stata rilevata – conclude Bagordo – una notevole dispersione nei canali di pneumatici usati come parabordi per le barche: il progetto pilota previsto dall’iniziativa è finalizzato ad arginare gli effetti della loro dispersione nei canali, attivando collaborazioni mirate al loro recupero e cercando soluzioni efficaci per eliminare a monte la loro dispersione”.

Alberto Minazzi

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