Le buone pratiche adottate nell’isola uniscono rispetto per l’ambiente e sviluppo virtuoso delle sinergie
Dal Cerasuolo di Vittoria docg alla Malvasia delle Lipari, dal Marsala al Vittoria.
È lungo e ricco di nomi apprezzati dagli intenditori l’elenco di vini siciliani.
Pochi però, probabilmente, sanno che la Sicilia è anche la regione con la superficie vitata coltivata in maniera sostenibile più grande d’Italia.
E che vuole fare di più. Tanto da destinare al miglioramento della qualità dei propri vigneti altri 13 milioni di euro.
A Palazzo d’Orleans, a Palermo, approvato il nuovo bando
Il bando regionale introduce “punteggi per le produzioni biologiche e per le imprese che adottano processi produttivi sostenibili come la certificazione SoStain” e dedica particolare attenzione ai progetti presentati nell’ambito delle zone ad alta valenza ambientale e alle isole minori.
“Su una superficie complessiva di circa 100 mila ettari dedicati a vitigno – spiega Alberto Tasca, presidente della Fondazione SOStain Sicilia, che promuove il programma di sostenibilità per la vitivinicoltura nell’isola – poco meno di un terzo è coltivato biologicamente e si sale al 40% comprendendo altri 12 mila ettari coltivati in maniera qualificata comunque come sostenibile”.
Dai quali escono numeri rilevanti di denominazioni di origine.

Viticoltura green e sostenibilità in Sicilia
La sostenibilità, va premesso, va distinta tra interventi “green” sulle vigne e gestione aziendale sostenibile.
Nella prima tipologia di interventi rientrano pratiche come il non utilizzo di diserbanti chimici, preferendo tecniche tradizionali, o la piantumazione di leguminacee tra i filari, per mantenere il rispetto del suolo, restituendo azoto al terreno.
“Nel concetto di “sostenibilità” – prosegue Tasca – ricade invece un più ampio metodo di lavoro multidisciplinare, che va oltre le best practices in cantina e in vigneto, comprendendo invece una vera e propria presa di consapevolezza dell’impatto di ogni azione che si fa in azienda. La sostenibilità, dunque, pone una nuova frontiera, spingendo a cercare anche soluzioni più innovative”.
2009: l’anno di svolta
In tal senso, il presidente di SOStain Sicilia fissa nel 2009 la data di svolta, in cui i viticoltori isolani hanno concretamente iniziato a tradurre concretamente questi concetti.
“Il clima della Sicilia – spiega – rende da sempre “green” la vocazione dei coltivatori locali, perché rispetto ad altre regioni rende non necessari tanti trattamenti, compresi quelli pur ammessi dall’agricoltura “bio”. Il passo ulteriore – continua – è stato però compiuto quando i viticoltori siciliani hanno cominciato a misurarsi con i diversi sistemi presenti sul mercato, per prendere maggior consapevolezza della maggior o minor correttezza delle loro pratiche, misurando apertamente cosa significa “sostenibilità e innescando così un percorso di miglioramento continuo che sia metodico, trasparente e misurabile”.

Il metodo multidisciplinare della viticoltura green siciliana
Proprio il tema del metodo di studio e di lavoro multidisciplinare per perseguire lo sviluppo sostenibile è stato al centro di un simposio internazionale organizzato da SOStain Sicilia nei giorni scorsi a Palermo. La Sicilia del vino si è proposta dunque come esempio di buone pratiche a favore dell’ecosistema, attraverso la valorizzazione, l’accrescimento e la conservazione del patrimonio naturalistico ed enologico dell’isola.
“Le soluzioni attraverso cui perseguire l’obiettivo di migliorarsi – illustra Alberto Tasca – devono tenere in considerazione, insieme ai bisogni ambientali, anche quelli sociali ed economici. Passa dunque anche attraverso il confronto continuo con la scienza, che può dare strumenti o attivare la ricerca, ma anche tutti gli altri settori coinvolti, ad esempio il marketing. E da qui possono derivare importanti sinergie”.
La bottiglia di vino “green” made in Sicilia
Un esempio concreto è quello portato al recente Vinitaly di Verona, dove è stata presentata una nuova bottiglia per il vino, realizzata nell’unica vetreria siciliana (quella di Marsala), prodotta esclusivamente con vetro di riciclo raccolto nell’isola. Un progetto già in fase avanzata, tant’è che, fa il punto Tasca, si è già entrati nella fase di pianificazione della produzione.
“Questo – riprende – è solo uno dei risultati positivi derivanti dall’adozione di un protocollo condiviso, in cui non esiste concorrenza, ma tutti partecipano a un sistema che promuove e valorizza il territorio comune, con benefici per tutti. La sostenibilità si traduce infatti anche in riduzione degli sprechi, meno consumi di acqua ed energia, con maggior ricorso alle fonti rinnovabili, e maggior rispetto della biodiversità”.
L’esportabilità del modello siciliano
Guardando in contemporanea alle best practices del resto del mondo, la Sicilia propone dunque di esportare il proprio metodo di produzione vitivinicola.
“La sostenibilità – sottolinea però il presidente di SOStain Sicilia – va contestualizzata. Le problematiche che abbiamo noi, ovviamente, non sono le stesse che si possono avere in Trentino. Persino noi stiamo pensando a suddividere l’isola in cluster territoriali omogenei. Tutti insieme – prosegue – possiamo però operare con lo stesso obiettivo: contribuire a salvare il genere umano in un momento in cui sono a disposizione meno risorse. Anche perché, lavorando bene, pure il prodotto finale è migliore. E anche gli stessi consumatori se ne stanno rendendo sempre più conto. Senza dimenticare che, con questo metodo, si aprono nuove prospettive lavorative, con figure come il manager della sostenibilità ambientale o un approccio multidisciplinare per ridurre gli impatti e migliorare la qualità di vita. Ad esempio, nel settore vitivinicolo la figura dell’architetto sta diventando sempre più importante per la progettazione di cantine che semplifichino la logistica e riducano i consumi”.
Alberto Minazzi