La scoperta di due neuroscienziati dell’americana Northwestern University
Si apre un interessante orizzonte per quanto riguarda la possibilità di ripristinare l’udito delle persone.
A raggiungere questo traguardo sono stati gli studiosi della Northwestern University, grazie alla scoperta di un gene, il TBX2, in grado di ottenere le cellule ciliate dell’orecchio interno o quelle dell’orecchio esterno. I risultati dello studio, pur essendo una fase di ricerca preliminare, sono pubblicati sulla rivista Nature.
Fino ad oggi questo tipo di cellule erano ricreate in laboratorio artificialmente ma non si era ancora riusciti a differenziarle nelle due tipologie, necessarie per lo sviluppo dell’udito.
L’”Interruttore” che riaccende l’udito
Premesso che, per percepire i suoni, l’orecchio ha bisogno delle cellule ciliate interne e di quelle esterne, come funziona il gene?
TBX2, spiega lo studio, è una sorta di interruttore nel Dna e come tale funziona. A seconda che sia acceso o spento, infatti, può consentire appunto di ottenere le cellule ciliate.
Si tratta delle cellule presenti nell’orecchio, dei ricettori sensoriali, che hanno il compito di captare i suoni e i movimenti della testa e di trasmetterli al cervello sotto forma di impulsi nervosi. Indispensabili quindi per il corretto funzionamento dell’apparato uditivo.
Quando queste cellule vengono danneggiate o diminuiscono di numero per naturale invecchiamento dell’organismo, si verificano problemi di ipoacusia cioè non si percepiscono bene i suoni o non si comprendono chiaramente le parole o di perdita permanente dell’udito. Poiché una volta danneggiate le cellule ciliate non possono né rigenerarsi, né riprodursi, la scoperta americana apre nuovi scenari medici.
Come agisce il gene TBX2
In particolare la scoperta arrivata dallo studio americano con il gene TBX2 ha portato alla possibilità di sviluppare le cellule ciliate dell’orecchio esterno, cosa che normalmente avviene nell’embrione.
Queste cellule si espandono e contraggono in risposta alla pressione esercitata dalle onde sonore e amplificano il suono per le cellule dell’orecchio interno, le quali a loro volta trasmettono le vibrazioni ai neuroni per consentire la percezione del suono.
«In pratica – spiega il primo autore dello studio, Jaime Garcia Anoveros – come in un balletto le cellule esterne si accovacciano e saltano e sollevano quelle interne spingendole ulteriormente nell’orecchio». I ricercatori hanno scoperto che quando il gene TBX2 è acceso, la cellula si differenzia in una ciliata dell’orecchio interno, mentre quando è spento porta allo sviluppo di una cellula ciliata dell’orecchio esterno.
L’obiettivo futuro
Grazie all’”Interruttore” nel Dna sarà dunque possibile ricreare le due tipologie di cellule perse per l’età o per il rumore. Quelle dell’orecchio esterno sono le più vulnerabili e si possono perdere a causa del rumore troppo forte, dei farmaci o dell’età avanzata. Secondo il “Center for disease control and prevention” statunitense circa l’8,5% delle persone di età compresa tra 55 e 64 anni manifesta ipoacusia invalidante. Percentuale che aumenta a quasi il 25% delle persone tra 65 e 75 anni e arriva al 50% in quelle di età pari o superiore a 75 anni.
Nella maggior parte dei casi la perdita dell’udito è causata dalla morte delle cellule ciliate esterne.
L’obiettivo prossimo sarà quello di riprogrammare le cellule di supporto che si trovano già nell’orecchio per farle differenziare in cellule sensoriali. Risultato che sarà possibile con un cocktail di geni.
Silvia Bolognini
Quando sarà previsto l‘uso per le persone?
Mi interessava sapere se è possibile partecipare alla sperimentazione,ed eventualmente quale è la prassi. Grazie