Presentata la 9^ edizione del rapporto dell’Istat sul “Bes”, tra passi indietro e aumento dei divari nella società
È un’Italia meno soddisfatta dai rapporti amicali (in 2 anni si è passati dall’82,3% al 72,1%, valore più basso dal 1993), familiari (-2,6% rispetto al 2019) che si dichiara al 46% soddisfatta della propria vita e che si preoccupa meno degli effetti dei cambiamenti climatici.
Un’Italia in cui si amplificano le differenze tra Nord e Sud, come riguardo alla povertà assoluta, che colpisce sempre più anche i minori in generale (14,2% rispetto all’11,4% del 2019).
Perché è un’Italia in cui a pagare le principali conseguenze, ad esempio per salute mentale e insoddisfazione, sono soprattutto i giovani. I
nsomma, come racconta la 9^ edizione del rapporto dell’Istat sul Benessere Equo e Sostenibile, negli ultimi 2 anni qualcosa è cambiato. E nella maggior parte dei casi non in meglio.
“La pandemia da Covid-19 – premette il rapporto – ha determinato nuovi assetti e continui cambiamenti che, di volta in volta, hanno avuto effetti sul piano della salute, dell’istruzione, del lavoro, dell’ambiente e dei servizi e, in conseguenza, sul benessere degli individui”.
“Sono l’emergenza sanitaria da un lato e la crisi occupazionale dall’altro – prosegue -ad aver profondamente condizionato gli ultimi due anni, determinando forti ripercussioni sul benessere”.
Il rapporto sul Bes 2021
Il volume presentato dall’Istat confronta i 2 anni di pandemia con il 2019.
Un’analisi strutturata sui 12 “domini” in cui è articolato il benessere: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.
Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile nasce con l’obiettivo di valutare, a partire dal 2013, il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale. Nel 2016 il Bes, che esamina le differenze tra i vari gruppi di popolazione e tra i territori, posizionando nel contempo il nostro Paese nel contesto europeo, è entrato a far parte del processo di programmazione economica.
Salute
Il rapporto sottolinea che “nel 2021 si osserva un peggioramento nelle condizioni di benessere mentale tra i ragazzi di 14-19 anni”.
In questa fascia d’età si è scesi a un punteggio 66,6 per le ragazze (- 4,6 punti rispetto al 2020) e a 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). Aumenta, quindi, la percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale.
L’eccesso di mortalità legato al Covid ha intanto comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre 1 anno a livello nazionale (da 83,2 nel 2019 a 82,1 anni nel 2020). I dati stimati evidenziano però un accenno di ripresa per il 2021 con un valore pari a 82,4 anni.
Istruzione
Nel 2021, in Italia, il 62,7% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore, oltre 16 punti percentuali in meno rispetto alla media europea.
I giovani di 30-34 anni che sono in possesso di laurea sono il 26,8% in Italia contro più del 41% tra i coetanei dei paesi dell’Unione europea.
Nel periodo tra marzo e giugno 2020, il 91,4% degli scolari e studenti tra 6 e 19 anni dichiara di aver svolto lezioni online. E il 65,8% degli studenti che hanno seguito le lezioni online riferisce di aver avuto difficoltà: tre quarti dei ragazzi che hanno seguito online hanno avuto problemi legati alla qualità della connessione e il 45,8% ha avuto problemi di concentrazione e motivazione.
Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
Nel 2021, l’occupazione in Italia è tornata a crescere, recuperando però solo parzialmente le ingenti perdite subite a causa dell’emergenza sanitaria.
Il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni è salito al 62,7% (+0,8 punti percentuali), ma resta ancora al di sotto del livello pre pandemico.
Nel quarto trimestre 2021 il tasso di occupazione torna però superiore a quello del 2019 (+0,4 punti).
La ripresa del 2021 è stata più marcata per chi più aveva perso durante la pandemia: le donne (+1,1 punti percentuali sul 2020 rispetto a + 0,6 punti per gli uomini), i giovani (+2,1 punti tra i 20-34enni rispetto a +1,0 tra i 35-49enni e +0,1 tra i 50-64enni) e gli stranieri (+1,5 rispetto a +0,8 degli italiani).
Nel 2021, la quota di occupati che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana (4,8% nel 2019, 13,8% nel 2020) è stata del 14,8%.
Questa modalità di lavoro coinvolge soprattutto le donne (17,3% rispetto al 13% degli uomini) e gli occupati del Centro e del Nord Italia (rispettivamente 17,7% e 15,9% in confronto al 10,5% nel Mezzogiorno).
Relazioni sociali
Pur tornando a crescere (25,5%, +2,3% rispetto al 2020) la fiducia verso gli altri, lo scorso anno risulta però diminuita (dal 68,4% al 67,5%) la possibilità di poter contare sugli amici, ma anche l’attività di volontariato (dal 9,8% del 2019 al 7,3% del 2021).
Nel 2021, solo il 14,6% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale (era il 22,7% nel 2019), toccando il valore più basso dal 1998.
“La particolare situazione venutasi a creare con la pandemia da Covid-19 – è il dato in controtendenza evidenziato dal rapporto – ha invece favorito la crescita della partecipazione civica e politica”. Nel 2021, il 64,9% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività indirette di partecipazione civica e politica: nel 2020 il dato si attestava al 61,7%.
Benessere soggettivo
Nel 2021, con il 46% di molto soddisfatti della propria vita, si recuperano comunque i livelli di benessere registrati prima del crollo avvenuto nel 2012.
La percentuale si attestava al 43,2% nel 2019 e al 44,3% nel 2020.
I più giovani (14-19 anni) conoscono invece negli ultimi due anni un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale dei molto soddisfatti che passa dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021.
Inoltre, quasi 220mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano insoddisfatti della propria vita (punteggio tra 0 e 5) e hanno una condizione di scarso benessere psicologico, con un punteggio dell’indice di salute mentale inferiore alla soglia.
Paesaggio e patrimonio culturale
Nel 2019, la spesa pubblica per cultura e paesaggio resta tra le più basse d’Europa in rapporto al Pil (0,4% contro una media Ue27 dello 0,6%).
Stabile la spesa dei Comuni per la cultura (19,9 euro pro capite), con divario molto ampio fra Nord e Mezzogiorno (rispettivamente 25,8 euro pro capite contro 9,3).
Nel 2021, continua a diminuire la percentuale delle persone che si dichiarano insoddisfatte del paesaggio del luogo di vita (18,7%, quasi 3 punti in meno rispetto al 2019).
L’indicatore registra una diminuzione della percezione di degrado del paesaggio, mentre resta stabile rispetto al 2019 (al 12,4%) la preoccupazione per il deterioramento del paesaggio.
Ambiente
“Gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’aumento dell’effetto serra – afferma il rapporto – rappresentano uno dei problemi ambientali che preoccupano maggiormente le persone.
Tuttavia, se fino al 2019 la percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che questo sia uno dei problemi ambientali principali era in costante crescita, nel biennio 2020-2021 si registra un’inversione di tendenza che riguarda tutto il territorio (dal 71% del 2019 al 66,5% del 2021)”.
Tale decremento e stato più significativo nel Nord-est, dal 73,6% al 68,2%, e nelle isole, dove si riduce dal 72,8% al 64,1%.
Nel 2021 il livello di interesse per queste tematiche torna a quello registrato nel 2018 (66,6%).
Innovazione, ricerca e creatività
L’impatto della crisi da Covid-19 sugli investimenti in capitale intangibile è stato forte.
Nel 2020 sono stati investiti 1,47 milioni di euro in meno del 2019 in prodotti della proprietà intellettuale.
Due terzi dei minori investimenti sono da imputare alla contrazione della spesa per ricerca e sviluppo, che, secondo i dati preliminari 2020, registra un calo complessivo del -3,4% rispetto al 2019.
L’occupazione culturale e creativa non mostra segni di ripresa.
Il peso del settore culturale e creativo sull’occupazione totale scende dal 3,6% del 2019 al 3,4% del 2020, livello confermato nel 2021.
In termini di numero di occupati nel settore, il saldo alla fine del secondo anno di crisi pandemica è di -55mila occupati, con una perdita relativa del -6,7% tra il 2019 e il 2021, più che doppia rispetto alla contrazione del complesso degli occupati (-2,4%).
Analisi dell’Italia nel contesto europeo
Nel 2020 l’Italia è stato tra i paesi con il maggior numero di morti per abitanti (1.236 decessi per 100mila abitanti rispetto alla media europea di 1.161 decessi).
Nel 2021 l’eccesso di mortalità segue un andamento analogo.
Alle soglie della crisi pandemica, il mercato del lavoro in Italia si presenta debole, con un recupero, rispetto al 2008, molto contenuto e una distanza più ampia con tutti i maggiori paesi europei (-10 punti nel 2019). La pandemia ha comportato un peggioramento dei livelli occupazionali del nostro Paese e un ulteriore aumento della distanza con la media Ue 27.
Durante la pandemia sono inoltre aumentati i NEET, giovani di 15-29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione e formazione: nel secondo trimestre 2020, l’incidenza dei NEET cresce in media europea di +1,7 punti e un +1,6 in Italia, ma su livelli strutturalmente molto più elevati.
Alberto Minazzi