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Covid: nuovi sintomi. Anche in Italia le varianti ricombinanti

Covid: nuovi sintomi. Anche in Italia le varianti ricombinanti

Sequenziate Xe, Xj e un nuovo mix della dominante Omicron 2 e Omicron

All’ospedale dell’Angelo di Venezia-Mestre, per la prima volta in Italia, è stata individuata (e poi sequenziata all’Istituto Zooprofilattico del Veneto) una nuova variante di Sars-CoV-2, mix di Omicron e Omicron 2. È la “gemella” di Xe, la variante ricombinante di segmenti delle due sottovarianti di Omicron BA.1 e BA.2 scoperta inizialmente in Inghilterra. E a Reggio Calabria è stata isolata, in due soggetti, Xj, variante in precedenza riscontrata solo in alcuni casi finlandesi.
Pur essendo venuto meno lo stato di emergenza, il Covid è dunque tutt’altro che superato, visto che il virus, come da sua natura, continua a evolversi e a incrociare i patrimoni genetici delle sue diverse evoluzioni. Ed è il momento delle ricombinazioni visto che, ancor prima di Xe e Xj, era stata ad esempio la volta di Deltamicron. Novità che si traducono anche in un’evoluzione dei sintomi, come evidenziato da uno studio inglese.

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Le varianti ricombinanti in Italia

Gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità indicano come attualmente prevalente, nella diffusione del contagio, la variante Omicron 2, che causerebbe circa l’80% delle infezioni.
Vi è però pur sempre una compresenza, nella popolazione, di diverse varianti. Ed è proprio per questo che, quando una persona si infetta contemporaneamente con due di esse, si presentano le ricombinazioni.
Quella sequenziata nell’Ulss 3 Serenissima ha colpito un giovane di 31 anni sottoposto a 2 dosi di vaccino e un bambino veneziano di appena 1 anno, non collegati tra loro. Si tratta di una variante contagiosa (sembra che aumenti del 10% la trasmissibilità di Omicron 2), ma che produce una malattia in forma più blanda. E la presenza, nel patrimonio genetico del virus, della proteina Spike di Omicron 2 lascia presumere l’efficacia del vaccino anche nei suoi confronti.

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Omicron: lo studio sui sintomi

Dal King’s College di Londra arrivano intanto i risultati, pubblicati sulla rivista Lancet e presentati al Congresso di Malattie infettive e Microbiologia clinica, dello studio osservazionale prospettivo coordinato da Cristina Menni, condotto tra il 1° giugno 2021 e il 17 gennaio 2022.
Lo studio ha confrontato per la prima volta, in un gruppo di 63 mila pazienti, i sintomi manifestati da chi si era infettato con Omicron con quelli di chi si era ammalato quando prevaleva la variante Delta. L’evoluzione del virus ha infatti affiancato, in taluni casi soppiantandoli, i sintomi originari del Covid: tosse secca, febbre alta e perdita di gusto e olfatto.

La conclusione degli studiosi, il cui lavoro mirava “a quantificare le differenze nella prevalenza dei sintomi, nel rischio di ricovero ospedaliero e nella durata dei sintomi tra la popolazione vaccinata” è che “ i sintomi che caratterizzano un’infezione da Omicron differiscono moderatamente da quelli della variante Delta” e che “la variante Omicron sembra essere meno grave”. Il tasso di ricovero ospedaliero è infatti sceso dal 2,6% all’1,9%, con una riduzione del 25% delle probabilità di ricovero.
“La prevalenza dei sintomi che caratterizzano un’infezione Omicron – spiega lo studio – differisce da quelli della variante Delta apparentemente con un minor coinvolgimento delle basse vie respiratorie e una ridotta probabilità di ricovero ospedaliero. I nostri dati indicano un periodo più breve di malattia e potenzialmente infettivo”.

I nuovi sintomi Covid

In concreto, soprattutto la perdita dell’olfatto è risultata minore (16,2% contro 52,7%) in presenza di un’infezione da Omicron, così come l’alterazione dell’olfatto, il dolore agli occhi e gli starnuti (dal 70,7% a 63%). Ma non solo: “Molti sintomi debilitanti come nebbia cerebrale, bruciore agli occhi, febbre e mal di testa – riassume lo studio – erano tutti significativamente meno prevalenti nei casi di Omicron”.
È invece emerso il contrario per il mal di gola (70,5% contro 60,8%), comunque uno dei sintomi prevalenti (al primo posto il naso che cola, presente nell’81,6% dei casi di Delta e 76,5% di Omicron) tra i 32 valutati per entrambe le varianti.

Perdita dell’appetito, vertigini e mal di orecchie tra le new entry

Tra i possibili sintomi da ritenersi ormai tipici del Covid vanno in ogni caso ricordati mal di stomaco, spossatezza e affaticamento, dolori a muscoli e ossa, dolori alle orecchie, in alcuni casi vertigini, naso chiuso e perdita dell’appetito. La durata dei sintomi acuti è stata però di 2 giorni più breve con Omicron rispetto a Delta, tanto più se in presenza di un soggetto vaccinato anche con la terza dose. E, anche riguardo al coinvolgimento di più organi, particolarmente evidente nei casi gravi, i dati dello studio “indicano uno spettro più ristretto e una risoluzione più rapida dei sintomi con Omicron, insieme a una presentazione più lieve rispetto a Delta”.

Alberto Minazzi

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