Dedicato a Jorge Luis Borges, il Labirinto della Masone è una vera e propria opera d’arte naturalistica
Si trova a Parma il labirinto più grande del mondo.
Omaggio a Jorge Luis Borges, scrittore argentino da sempre affascinato dal simbolo del labirinto sia in chiave metafisica che come metafora della condizione umana, il Labirinto della Masone è stato realizzato nel 2015 nel cuore del borgo reale di Fontanellato grazie ad un’idea di Franco Maria Ricci.
“Sognai per la prima volta di costruire un Labirinto circa trent’anni fa, nel periodo in cui, a più riprese, ebbi ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo, della casa editrice che avevo fondato: lo scrittore argentino Jorge Luis Borges”.
Così Franco Maria Ricci, editore, designer, collezionista d’arte e bibliofilo scomparso nel settembre del 2020, ha raccontato com’è nato il suo labirinto, una vera e propria opera d’arte naturalistica composta interamente di piante di bambù (quasi 300 mila), alte tra i 30 centimetri e i 15 metri, appartenenti a venti specie diverse.
È stato scelto il bambù perché è una pianta sempreverde, elegante, flessuosa, vigorosa, rapida nella crescita.
La sua forza è l’elevata fotosintesi che riduce l’anidride carbonica restituendo ingenti quantità di ossigeno.
Lungo tre chilometri, racconta la storia dei labirinti di tutti i tempi
Ispirato all‘antica forma romana dei labirinti classici, ma rielaborata introducendo qua e là bivi e vicoli ciechi, il Labirinto della Masone, ideato da Ricci con gli architetti Pier Carlo Bontempi e Davide Dutto, è un parco culturale che si estende per otto ettari.
Percorrendo l’intricato e affascinante dedalo verde, lungo oltre tre chilometri, è possibile conoscere, grazie ai pannelli posti tra i viali, tutta la storia dei labirinti, a partire dal mito di Creta, passando per il Medioevo e il Rinascimento, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Un altro percorso a tappe racconta la storia del suo ideatore, Franco Maria Ricci: gli studi di Geologia, la passione per le grotte e i cunicoli e quell’incontro con Jorge Luis Borges al quale nel 1977 promise, proprio nel campo in cui oggi sorge il Labirinto, la realizzazione di questa immensa opera.
Al centro del dedalo di bambù si erge una cappella a forma piramidale: a simboleggiare l‘antico legame tra labirinti e Fede. Qui si svolgono matrimoni e concerti di musica classica.
Una vita culturale e di aggregazione all’interno del Labirinto
Gli edifici all’interno del Labirinto, sede della Fondazione Franco Maria Ricci, sono ispirati alle utopie architettoniche neoclassiche di Boullée, Lequeu, Ledoux e Antolin.
Si tratta di diverse costruzioni in mattoni a mano, materiale tipico del territorio padano, progettate seguendo i canoni della tradizione italiana ed europea.
Oltre alla Biblioteca (con le collezioni bibliofile e tutti i libri che pubblicati dall’editore parmense in 50 anni), vi si trova anche un Museo dedicato alla vasta collezione d’arte di Ricci che si snoda tra cinque secoli di Storia dell’Arte, dal XVI al XX secolo.
Circa quattrocento opere fra pitture, sculture e oggetti d’arte che rispecchiano appieno l’eclettismo del loro collezionista.
L’imponente struttura accoglie inoltre gli uffici della rinata Casa Editrice Franco Maria Ricci e tre sale che ospitano mostre temporanee.
All’interno del Labirinto sono anche presenti una caffetteria, un ristorante-bistrò e uno spazio gastronomico parmigiano, tutti curati da uno staff di 12 monaci guidati dallo chef Andrea Nizzi, oltre a due suites dove è possibile pernottare immersi nella vegetazione.
Passeggiare smarrendosi, per poi ritrovarsi
Come racconta l’editore parmense nelle memorie legate alla sua più imponente opera “Minosse nutriva intenzioni cupe e crudeli quando fece costruire il suo Labirinto, che era una prigione. Io immaginai un equivalente addolcito, che fosse anche un Giardino, dove la gente potesse passeggiare, smarrendosi di tanto in tanto, ma senza pericolo, un percorso in cui inoltrarsi e perdersi, per fantasticare e riflettere. La passione per il bambù – questa pianta elegantissima, ma così poco utilizzata in Occidente, e specialmente in Italia – mi suggerì la materia prima ideale”.
Dedicato all’amico Borges, reso cieco dalla malattia ereditata dal padre, la retinite pigmentosa, il Labirinto concretizza le “incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi” che “i suoi passi esitanti di cieco – ha spiegato Franco Maria Ricci – disegnavano intorno a me”.
Claudia Meschini