Gazprom, la più importante società energetica russa, ha interrotto l’immissione del gas nel gasdotto Yamal, uno dei 3 utilizzati per i trasferimenti verso la Germania.
Anche se a venir meno è solo del 10% del fabbisogno tedesco è comunque un segnale dei rischi che si stanno correndo in prospettiva in Occidente.
Da un lato allora si pensa alle mosse nell’immediato, come lo stato di preallarme deciso dall’Italia o il rilascio coordinato di una quota delle scorte proposta dall’Agenzia Internazionale dell’Energia. Dall’altro si comincia a ragionare di una strategia di medio periodo per sganciare l’Europa dalla dipendenza russa.
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Un percorso per l’indipendenza dell’Europa dal gas russo
In tal senso, proprio l’Iea ha proposto all’Unione Europea un piano in dieci punti che in un solo anno consentirebbe già di ridurre di un terzo, pari a 50 miliardi di metri cubi, le importazioni di gas russo. Come ricorda l’Iea, infatti, nel 2021 l’Unione Europea ha importato 140 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia, in media oltre 380 milioni al giorno. E, se si aggiungono i 15 miliardi di gas naturale liquefatto, il 40% di gas consumato in Europa lo scorso anno era di origine russa.
Il piano dell’Iea è conforme al Green Deal europeo.
Il decalogo punta inoltre ai risultati della tabella di marcia Iea per emissioni nette zero entro il 2050, in cui l’Ue elimina totalmente la necessità di importazioni di gas russo prima del 2030. Ma, attraverso un compromesso sul fronte ambientale (utilizzando ad esempio di più il carbone o il petrolio nelle centrali elettriche), le forniture potrebbero diminuire ancor più velocemente, scendendo in breve tempo di oltre la metà, e cioè di addirittura di 80 miliardi di metri cubi.
«Il piano dell’Iea – commenta il direttore esecutivo, Fatih Birol – fornisce misure pratiche, sostenendo al contempo il passaggio all’energia pulita in modo sicuro e conveniente».
«Ridurre la nostra dipendenza dal gas russo – ha aggiunto il Commissario europeo per l’Eenergia, Kadri Simson – è un imperativo strategico per l’Unione Europea. E la prossima settimana la Commissione proporrà un percorso per l’indipendenza dell’Europa dal gas russo il prima possibile».
I dieci punti dell’Iea
In concreto, il primo consiglio dell’Iea è quello di non firmare nuovi contratti di fornitura di gas con la Russia per diversificare maggiormente l’offerta.
In secondo luogo, sostituire le forniture russe con gas da fonti alternative per aumentare di circa 30 miliardi di metri cubi entro un anno la fornitura di gas non russa.
Poi, introdurre obblighi minimi di stoccaggio del gas, per migliorare la resilienza del sistema prima dell’inverno, e accelerare l’implementazione di nuovi progetti eolici e solari, per ridurre l’uso di gas di 6 miliardi di metri cubi in un anno.
Il consumo può essere ridotto di altri 13 miliardi di metri cubi l’anno massimizzando la produzione da bioenergia e nucleare e di ulteriori 2 miliardi accelerando la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore, così come accelerando i miglioramenti dell’efficienza energetica negli edifici e nell’industria. Incoraggiando una riduzione temporanea del termostato di 1°C da parte dei consumatori la riduzione è invece di 10 miliardi di metri cubi in un anno.
Per tagliare le bollette anche quando i prezzi sono elevati, l’Iea consiglia di adottare misure fiscali a breve termine sui profitti imprevisti.
Gli stoccaggi
La riduzione delle forniture russe prevista dal decalogo Iea tiene conto della necessità di rifornire ulteriormente gli impianti europei di stoccaggio del gas nel 2022, visto che i livelli sono ora insolitamente bassi. Riguardo alle scorte, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha dato il via libera all’adesione dell’Italia alla proposta avanzata proprio dall’Agenzia di Bruxelles di rilascio coordinato di una quota delle scorte petrolifere.
Si tratta di un meccanismo previsto negli accordi siglati nel 1974, con l’istituzione dell’Iea, per calmierare i prezzi attraverso l’immissione sul mercato di alcuni volumi di materie prime.
Il contributo italiano sarà di circa 277 mila tonnellate di petrolio, per la copertura, attraverso l’aggiunta di un 25% alla quantità standard stabilita, anche della quota dei Paesi che non hanno aderito.
A proposito di stoccaggi, l’Italia è anche lo Stato dell’Unione Europea ad avere in questo momento maggiori scorte di gas.
Il 23,4% dei 316,927 TWh attualmente immagazzinati in Europa sono nel nostro Paese, che precede Germania, Olanda e Francia. Le scorte dell’Unione sono però al 28,64% del totale, contro il 37,51% italiano. Il che significa che arriveremo tranquillamente all’estate, anche se, da fine aprile, si aprirà la questione dell’accumulo delle scorte in vista del prossimo autunno.
L’Italia: prospettive e rischi
L’Italia ha già iniziato a smarcarsi dalla Russia. I dati Snam elaborati dall’agenzia Ansa sottolineano infatti come l’Algeria sia passata al primo posto per forniture di gas nei primi 2 mesi del 2022, con 3,7 miliardi di metri cubi, rispetto ai 2,95 russi, divisi in 1,92 miliardi a gennaio e 1,78 a febbraio.
“È impossibile rimpiazzare le forniture di gas russo. E le scorte basterebbero per 3 o 4 mesi, dopo i quali bisognerebbe iniziare a tagliare” ha però lanciato l’allarme il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli.
Non a caso, il MiTe ha dichiarato lo stato di preallarme per la fornitura di gas all’Italia.
Si tratta, è vero, solo del primo livello di 3 livelli di gravità. E prevede solo un monitoraggio della situazione e la sensibilizzazione degli utenti della situazione di incertezza legata al conflitto, con la previsione di un possibile razionamento di energia.
Questo colpirebbe prima i grandi consumatori industriali, ma si potrebbe arrivare anche all’ordine di diminuire le temperature in condomini e abitazioni.
Al momento, specifica il Ministero, “la situazione delle forniture è adeguata a coprire la domanda interna”. E già l’impennata dei prezzi ha ridotto al minimo i consumi, attestandoli a circa 300 milioni di metri cubi di gas al giorno.
Non è però da escludere che nei prossimi mesi derivino dalla situazione conseguenze concrete, fino all’estremo dell’interruzione della fornitura di energia elettrica, anche in questo caso partendo dal sistema produttivo ma non escludendo a priori la possibilità di coinvolgere anche gli utenti civili.
Alberto Minazzi