Il bollettino Covid del Ministero della Salute del 10 febbraio 2022 è purtroppo destinato a rimanere nella storia della pandemia.
Con le nuove 325 morti, in poco meno di 2 anni il numero totale dei decessi, da quello di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo il 22 febbraio 2020, ha superato (di 221 unità) quota 150 mila.
Perché se continuano a calare i contagi (-33% su base settimanale, secondo gli ultimi dati del Ministero, -27,9% nel monitoraggio della Fondazione Gimbe) ed è iniziata la lenta discesa anche dei ricoveri (-7,7% in area medica e -11,2% in terapia intensiva nella settimana dal 2 all’8 febbraio sempre secondo Gimbe), i dati sulle morti per Covid sono ancora stabilmente oltre quota 300 al giorno.
Italia ottava per morti Covid al mondo
L’Italia è così uno dei Paesi al mondo in cui si sono registrati più morti per Covid da inizio pandemia.
Ai primi posti nella classifica di Worldometer (il portale che confronta i dati ufficiali sul Covid), per valori assoluti, ci sono Stati Uniti, Brasile, India, Russia, Messico e Perù, che però sono Stati decisamente più grandi del nostro.
Davanti al nostro Paese, che si posiziona all’ottavo posto, c’è anche il Regno Unito, che ha dimensioni simili all’Italia.
Considerando la popolazione, che in Gran Bretagna è maggiore rispetto a quella italiana, l’Inghilterra ha però un numero di decessi ogni 100 mila abitanti leggermente inferiore: 230 rispetto ai nostri 247. Escludendo i Paesi dell’Est, per incidenza di decessi siamo dietro solo a Stati Uniti (con 267) e Belgio (250).
Tanti decessi? Alcune spiegazioni
Tra i fattori astrattamente presi in considerazione, il principale potrebbe essere l’età media elevata della popolazione. Eppure, come hanno ammesso anche Guido Rasi, consulente del commissario Figliuolo, e il direttore generale dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, i numeri italiani restano un’anomalia sulla sarebbe utile fare una riflessione approfondita.
«Una delle spiegazioni possibili – commente l’ex presidente di Aifa, l’infettivologo Stefano Vella – potrebbe essere le modalità di contabilizzazione dei decessi. Penso infatti che solo la metà delle morti sia dovuta esclusivamente al Covid. Ma anche queste stanno per fortuna iniziando a calare».
La conferma arriva anche da Cristina Basso, la coordinatrice del progetto di ricerca, iniziato da circa un anno a Padova, basato sullo studio delle autopsie di pazienti positivi al Covid.
«Gli studi – fa il punto la professoressa del Dipartimento di Scienze cardio-toracico-vascolari dell’Università di Padova – stanno andando avanti e siamo arrivati alle prime pubblicazioni scientifiche. C’è un buon segno: col passare del tempo, ci sono stati sempre meno decessi per i quali abbiamo riscontato una correlazione diretta della morte al Covid».
Decessi: con e per Covid
Mancando regole standard, l’Italia è uno dei Paesi più rigorosi nell’applicazione delle definizioni date dall’Oms, che ricomprende nel numero anche coloro per i quali il coronavirus è stato anche solo una delle “cause determinanti” per il decesso.
«Non escluderei – commenta l’infettivologo Vella – il fatto che il Covid possa peggiorare patologie preesistenti, come ad esempio problemi cardiovascolari, risultando concausa. Ma vi sono anche persone, ad esempio i grandi anziani, che muoiono per altre cause, risultando solo casualmente positivi al Covid al momento del ricovero».
Vella esclude invece considerazioni territoriali: «Se la sanità, in certi casi, soprattutto al sud, è in difficoltà, i centri Covid sono ad altissimo livello in tutta Italia».
Vella: «Dati attuali legati ancora a Delta»
Riguardo invece al fatto che la curva dei decessi non sta iniziando ancora una decisa flessione, nonostante la diminuzione dei contagi, per Stefano Vella ha soprattutto una spiegazione. «Secondo me – riprende – siamo di fronte a una “codina” legata alla variante Delta, che è molto più tossica di Omicron. Purtroppo, in Italia, sequenziamo poco, rispetto ad altri Paesi, mancando una cultura in tal senso, per cui non possiamo avere conferme. Penso però che l’80% dei pazienti deceduti si siano infettati con la vecchia variante».
Resta comunque un 20% di morti dovute a Omicron. «E ci sta. Delta sta andando via, ma anche Omicron, che ormai i dati ci dicono assolutamente prevalente, pur più “buona” può far male, soprattutto nelle persone molto fragili o in quelle con co-morbilità. Addosso, insomma, non la vorrei. Omicron 2? Ancora non si è capita. Personalmente non mi preoccupa. Sarei piuttosto preoccupato se questo virus, che è astuto, si ripresentasse con una nuova variante più contagiosa e più cattiva».
Da oggi via le mascherine. Ma non la prudenza
Nell’evoluzione della situazione, una data importante è quella odierna. Da oggi, 11 febbraio 2022, viene meno l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto. E si può tornare a ballare nelle discoteche.
È la conferma che la situazione sta migliorando, anche se l’ex direttore di Aifa invita a non commettere errori.
«Sta succedendo – analizza – quello che è già avvenuto nelle ondate precedenti. E stavolta ritengo che stia avvenendo prima perché il virus ha trovato una popolazione molto vaccinata. Tuttavia – conclude Vella – non dobbiamo abbassare completamente la guardia: è già successo, durante la pandemia, e poi il virus ci ha fregato a ottobre. Certo, bisogna ripartire, anche per evitare problemi per la salute mentale delle persone ma io, per esempio, la mascherina al coperto continuerò a indossarla. Ricominciamo, allora. Ma facciamolo con gli occhi ben aperti».
Alberto Minazzi
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