Dopo la terza, annunciata, fumata nera, con la quarta chiama che prende il via questa mattina, giovedì 27 gennaio, alle 11, il quorum necessario per eleggere il 13° Presidente della Repubblica italiana scende dai 2/3 dei 1009 Grandi elettori ammessi al voto alla maggioranza assoluta di 505 preferenze.
I vertici dei partiti e le trattative tra le opposte coalizioni per arrivare a un nome condiviso, intanto, continuano intense, nella consapevolezza della necessità di chiudere il più in fretta possibile la partita per il Colle. E se, come sembrerebbe intenzionato a orientarsi il Pd a sentire le dichiarazioni di ieri del segretario Enrico Letta, le schede bianche potrebbero anche oggi impedire l’elezione del successore di Mattarella, la giornata-chiave potrebbe essere quella di domani, venerdì 28 gennaio 2022.
La terza votazione
Dal terzo scrutinio che ha chiuso le operazioni di voto a Montecitorio sono emerse alcune indicazioni. La prima è l’ulteriore discesa delle schede bianche, che si sono attestate a 412 (84 i voti dispersi e 22 le schede nulle).
La seconda è la grande stima che i Grandi elettori continuano a riporre nel Presidente uscente. Tra coloro che hanno ricevuto preferenze, Sergio Mattarella è risultato infatti il più votato, scelto da 125 elettori.
L’ultimo inquilino del Quirinale, però, sembra tutt’altro che intenzionato a fare retromarcia rispetto alla volontà, ribadita almeno in una decina di occasioni, di non ricandidarsi al bis, tant’è che in queste ore è concentrato sul trasloco dal Colle alla sua nuova residenza privata romana.
Un ulteriore segnale, poi, è arrivato all’interno del centrodestra, con Fratelli d’Italia che si è smarcato dagli alleati, votando alla seconda chiama Guido Crosetto, che ha raccolto anche consensi esterni, arrivando secondo alle spalle di Mattarella con 114 preferenze. Giorgia Meloni ha quindi chiesto che la coalizione, da oggi, si concentri su uno dei 3 nomi della rosa annunciata dal centrodestra nei giorni scorsi: Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera.
Chi il favorito?
Il centrosinistra, però, non sembra intenzionato a convergere su nessuno di questi 3 nomi.
Così come Letta ha escluso tassativamente l’opzione che punta sul presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il Pd sembra cioè disponibile a negoziare su “un nome non di parte e autorevole”. Ma, al tempo stesso, il suo segretario ha espressamente dichiarato che “non ci sarà un presidente di destra”.
Sull’opzione Mario Draghi, si è espresso fermamente sull’intenzione di mantenerlo alla guida del Governo il Movimento Cinquestelle. Ma anche il segretario della Lega, Matteo Salvini (che ha inoltre dichiarato: “Non sarò io a proporre nomi di sinistra), si pone sulla stessa falsariga: “Ci sono venti di guerra, una situazione difficile. Penso quindi che Draghi sia prezioso dove è: a Palazzo Chigi”.
Così il ventaglio di possibili nomi si restringe. E in pole position passa così probabilmente Pierferdinando Casini.
Casini al Quirinale?
Attualmente senatore eletto nelle liste Pd, iscritto al gruppo delle Autonomie, ma in passato tra i leader del centrodestra, Casini (che ha raccolto 52 preferenze nella votazione di mercoledì) sembra avere infatti quelle caratteristiche di trasversalità necessarie per arrivare a una candidatura condivisa.
Anche se in realtà la Lega di Salvini non ha mostrato grande entusiasmo nei giorni scorsi nei confronti di Casini. Il quale, come riporta Repubblica, ha affermato: “A questo punto, dal punto di vista istituzionale, io sono un soggetto passivo e non attivo. Sto a casa con le mie figlie. Ho deciso di non parlare più, di non mandare messaggi, di non fare più niente. Si vedrà”.
Alberto Minazzi