E’ la globalizzazione baby. E ti devi piegare. Appunto. Senonchè la globalizzazione per Pasta Zara, storico marchio del pastificio che ha il suo quartiere generale a Riese Pio X, in provincia di Treviso, in vista delle colline asolane, è iniziata molto, molto tempo fa. Nell’altro millennio, nello scorso secolo. Negli anni ‘30 del secolo breve.
Vittoria a mani basse, quindi. Ma contro chi?
Un campione della globalizzazione del Terzo Millennio. La spagnola Inditex che controlla un altro marchio che fa la storia. Ma troppo recente per competere con il pastificio trevigiano: Zara.
La catena del fast fashion che ha pervaso i cinque continenti insediandosi capillarmente con vistosi e luminosissimi outlet riuscendo a mettere alle corde “coloratissimi” concorrenti che nel frattempo si erano buttati sulle autostrade e sulla ristorazione legata proprio alla mobilità anche aerea.
La notizia è fresca come Pasta Zara, che deve il suo nome proprio alla globalizzazione. Certo, negli anni ‘30 non si usava questo termine, ma quando nel 1932 Umberto Bragagnolo, che a sua volta aveva trasformato in industria il piccolo pastificio artigianale creato nel 1898 dal padre Emanuele, aprì un secondo stabilimento nell’allora italiana Dalmazia e scelse la città di Zara, il concetto di un fenomeno esploso negli anni ‘80 era già indicato. Ma la guerra ci mise lo zampino e con la cacciata degli italiani, se ne partì anche la pasta dei Bragagnolo. Che concentrarono tutto in provincia di Treviso. Eppure il ricordo di quell’impresa, di quella globalizzazione fatta di spaghetti e tagliatelle, di pennette e rigatoni rimase come un imprinting nel cuore della famiglia e nella storia dell’azienda stessa che negli anni ‘60 divenne proprio Pasta Zara.
Crescita, espansione industriale e commerciale anche in Europa, acquisizioni e nuovi prodotti rigorosamente nell’alimentare con il succedersi delle generazioni di Bragagnolo sempre nella ridente e operosa provincia della Marca.
Nel 2010 i potenti iberici di Zara decidono, sull’onda di un trend profit-oriented che si andava consolidando, di cimentarsi nel food. Una diversificazione che però si scontra proprio con Pasta Zara il cui brand, depositato da anni, valeva ed era riconosciuto anche per la ristorazione. Gli spagnoli della moda giovane (capaci di sfornare ben 24 diverse collezioni e quasi 20mila tipologie di capi diversi ogni anno) vanno per la loro strada.
Ma Riese Pio X batte un colpo. E che colpo. Un contenzioso legale durato più di dieci anni con momenti di vera e propria guerra nelle sedi europee dove la vicenda si era trascinata, confermata anche dal presidente della società Furio Bragagnolo, quarta generazione della famiglia trevigiana: “E’ stata davvero una guerra combattuta senza esclusione di colpi. Ci ha drenato tempo e risorse in un momento non facile per l’azienda che era chiamata a salvaguardare il suo marchio a livello mondiale”.
Il finale ha visto il “Davide” della pasta, sostenuto da un inossidabile team legale e di esperti nelle controversie internazionali, battere per ko il “Golia” del fashion di massa che voleva imporre quel nome, Zara, su suoi prodotti alimentari e catena di ristorazione e snack anche nei grandi shopping center. Un verdetto preciso e inequivocabile del Tribunale dell’Unione Europea ha confermato quanto già stabilito dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (Euipo). “Il Made in Veneto ha vinto” dice oggi con soddisfazione il presidente Bragagnolo e se la Inditex sperava di confondere le acque, “l’azienda veneta ha fatto valere le proprie ragioni e tutelato il proprio marchio a difesa anche del consumatore” che se va a comperarsi un jeans o un pacco di pasta saprà con precisione che c’è Zara e Zara.
Booster. Ora a Riese si punta a questo successo in chiave di accelerazione del business che nel 2021 si è attestato sui 200 milioni di euro con un export, anche in era pandemica, attorno al 75% dal continente americano all’Asia con l’Europa che si è ormai ritagliata la quota più consistente. Questo mentre già la quinta generazione di Bragagnolo comincia a farsi vedere e l’azienda “si sta ulteriormente impegnando sul fronte della sostenibilità, non solo nella cogenerazione e con apparecchiature poco inquinanti, ma anche in nuove frontiere nel packaging in linea con la transizione ecologica del New Generation Eu”.
Agostino Buda