La data, quella del 24 gennaio, è stata fissata.
Ora, le forze politiche dle Paese hanno meno di tre settimane per provare a raggiungere un punto di incontro su cui far confluire i voti che determineranno la nomina del nuovo Presidente della Repubblica.
Il 13° della storia italiana dopo Sergio Mattarella, il cui mandato di sette anni scade il 3 febbraio.
Fino ad allora, tutto può essere. Anche che, per la prima volta nella storia d’Italia, il presidente della Repubblica sia donna. In questo senso, si stanno muovendo migliaia di donne della cultura e dell’imprenditoria, che hanno avviato una raccolta di firme.
Ma il nome attorno al quale tutto gira resta, per lo meno al momento, quello del presidente del Consiglio Mario Draghi.
Un patto per Draghi
Il premier gode di altissimi consensi, sia tra i Grandi Elettori di maggioranza che di opposizione.
Gli unici veri dubbi sono legati al fatto che il suo passaggio al Colle significherebbe privare l’Esecutivo du un leader indiscusso, che gode anche di grande stima e credibilità internazionale.
Sulla sua figura, i partiti stanno provando a consolidare una sorta di patto che va al di là delle posizioni politiche.
Obiettivo Mario Draghi al Quirinale
A Pd e Leu si stanno via via aggiungendo la maggioranza dei Cinquestelle (una parte minoritaria continua a sperare di convincere Mattarella ad accettare un secondo mandato) e soprattutto le forze di centro: Italia Viva, Coraggio Italia e Cambiamo. Anche parte della Lega e Fratelli d’Italia non sono distanti. Da convincere resterebbero così i leghisti vicini a Salvini e Forza Italia, che puntano su Silvio Berlusconi.
Una donna al Colle?
Al di là dei partiti, si stanno muovendo anche molte donne affinché si prenda seriamente in considerazione l’ipotesi una presidente della Repubblica.
Sarebbe la prima volta nella storia del nostro Paese, che mai ci è andato davvero vicino.
Ci sono voluti infatti ben 30 anni, dal 1948 al 1978, perché una donna vedesse il suo nome scritto su una scheda.
Ma nelle votazioni che elessero Sandro Pertini, i voti raccolti da Camilla Cederna, Eleonora Moro e Ines Boffardi furono rispettivamente 4, 3 e 2.
Il record, in tal senso, resta quello di Nilde Iotti (alla quale ora è dedicata la biblioteca di Montecitorio) nel 1992: 256 preferenze, comunque ben lontane dalla soglia richiesta per l’elezione.
Le donne nelle precedenti elezioni del presidente della Repubblica
Il Paese, affermano i sostenitori dell’elezione di una presidente donna, è maturo per fare questo passo. A questo proposito le nuove generazioni probabilmente si chiedono dove stia la questione, ma chi ha qualche anno in più sa bene come finora sono andate le cose.
Sono infatti state poche le “vere” candidate sostenute dai partiti.
L’ultima, nel 2013, fu la giornalista Milena Gabanelli. Mentre, nel 2015, il massimo di voti “in rosa” fu raccolto da Luciana Castellina: 37. E, del resto, si è dovuto attendere fino al 2018 per avere la prima presidente del Senato: Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Elezioni a fasce orarie e a capienza limitata
Se non sarà per la prima presidente donna della storia d’Italia, le elezioni del 2022 resteranno comunque nella storia come le prime svolte nell’epoca-Covid.
Per consentire lo svolgimento delle votazioni in piena sicurezza sanitaria, come ha precisato il presidente della Camera Fico dando l’annuncio della data della prima seduta comune a Montecitorio, il collegio dei questori sta lavorando in queste ore per definire al meglio i relativi protocolli.
Grandi Elettori in ordine alfabetico e con green pass
Di certo, per accedere all’aula e votare, ai 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali aventi diritto sarà richiesta la presentazione del Green Pass. Probabilmente basterà quello “base”, a meno che, nel frattempo, il Governo non intervenga con l’estensione a tutti i lavoratori dell’obbligo di essere in possesso di quello rafforzato. E non potranno essere presenti contemporaneamente in aula più di 200 elettori.
Per questo, il voto sarà organizzato per fasce orarie, seguendo l’ordine alfabetico.
Il nuovo o la nuova presidente della Repubblica saranno nominati nel corso delle prime tre votazioni se saranno raggiunti i 2/3 dei consensi oppure con il quarto scrutinio con la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea.
Tra nuovi protocolli e una consolidata ritualità
Se il Covid impone nuovi protocolli, restano inalterate dal 1946 le modalità di un’elezione che ha molti elementi di ritualità e una terminologia specifica.
I Grandi Elettori, infatti, saranno chiamati a votare all’interno dei “catafalchi“, le cabine elettorali “segrete” di Montecitorio. Dovranno poi deporre le loro schede in grandi contenitori in vimini, foderati all’interno con raso verde decorato in oro chiamati “insalatiere“. E il colore delle schede, per evitare brogli, cambierà a ogni scrutinio.’
Gli aneddoti delle elezioni del presidente della Repubblica
Sulle elezioni del presidente della Repubblica si sono sommati, negli anni, numerosi aneddoti tra il serio e il faceto.
Nel 1948, quando ancora non si erano sopite le contrapposizioni tra sostenitori della monarchia e della repubblica, fu clamoroso il gesto del nobile Giovanni Alliata di Montereale, che annunciò la sua astensione strappando davanti al parlamento la sua scheda.
Le elezioni del 1964 sono ricordate invece per la seduta che si tenne anche il giorno di Natale (Giuseppe Saragat fu poi eletto il 28 dicembre).
Si commenta invece da sola la storica frase apposta alla scheda da un anonimo elettore del 1971: “Nano maledetto, non sarai mai eletto”, con chiaro intento offensivo verso il principale candidato al Colle, Amintore Fanfani (che alla fine fu battuto da Giovanni Leone). Nel 1992, invece, una seduta fu eccezionalmente rinviata per la notizia dell’attentato a Giovanni Falcone.
L’elezione del presidente: alcune curiosità
Sono solo 2 (Francesco Cossiga nel 1985 e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999) i presidenti che sono stati eletti già al primo scrutinio.
A onor del vero, bastò una sola votazione anche per Enrico De Nicola. Ma, in quel caso (era il 1946), fu l’Assemblea costituente a nominarlo capo provvisorio dello Stato. E De Nicola fu formalmente presidente della Repubblica solo dal 1 gennaio 1948, dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
In senso opposto, Giovanni Leone fu eletto addirittura al 23° scrutinio.
Un record, anche per il risultato percentuale: solo il 51% dei consensi.
In media, sono stati comunque necessari circa 10 scrutini per eleggere il nuovo presidente. A Mattarella, nel 2015, ne bastarono 4.
Alberto Minazzi
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