Inizia a premere sui ricoveri in terapia intensiva la variante Omicron.
La nuova ondata di contagi in costante crescita, pur se in Italia in maniera meno preoccupante rispetto ad altri Paesi, sta mettendo a dura prova gli ospedali di tutta la penisola.
A lanciare l’allarme è il presidente degli anestesisti ospedalieri Alessandro Vergallo.
I dati Agenas dicono che i ricoverati in area grave in alcune Regioni sono al 12%. Hanno quindi già superato la soglia critica fissata al 10% dell’occupazione dei posti.
A metà gennaio possibile saturazione delle terapie intensive
«Se il ritmo di crescita dei contagi continuerà così abbiamo ancora 3 – 4 settimane prima che le terapie intensive arrivino a riempiersi – sottolinea Vergallo – . E’ il tempo che passa tra un contagio, la progressione della malattia severa, il ricovero e poi la terapia intensiva».
A metà gennaio quindi potremmo avere i posti letto in rianimazione totalmente occupati.
Per quanto riguarda l’identikit dei ricoverati, il 75 -80% delle persone che arrivano in ospedale non sono vaccinate.
«C’è poi da considerare – spiega Vergallo – che quanto più l’ospedale soffre per la pressione dei pazienti Covid, tanto più subisce un contraccolpo la capacità di dare assistenza e cure ad altri pazienti non Covid».
I numeri Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) aggiornati al 27 dicembre indicano che nelle terapie intensive sono ora ricoverate 1.126 persone con un’intensità che varia da regione a regione.
Sono già 12 quelle con i reparti occupati in terapia intensiva oltre la soglia del 10%; 9 sono addirittura ben oltre il 15%. La percentuale più alta la registrano la Calabria con il 25,9% e il Friuli Venezia Giulia con il 22%. Ci sono poi Liguria al 21,8%, Marche 19,5%, provincia autonoma di Bolzano 16,4%, provincia autonoma di Trento 19,1%, Sicilia 15,5%, Valle d’Aosta 22,2% e Veneto 18,2%.
Nuove regole per la quarantena?
A fronte di un boom di contagi con una stima di 2,5 milioni di persone in quarantena, per evitare “di paralizzare l’Italia, il Governo, nel frattempo, in seguito anche alle decisioni prese negli Usa, ha posto al Cts (Comitato Tecnico Scientifico) un quesito in merito al quale gli esperti si esprimeranno a breve.
La questione riguarda l’opportunità o meno di ridurre i giorni di quarantena per coloro che hanno fatto la terza dose e si sono trovati a contatto con un positivo e per i positivi asintomatici, per i quali i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie americani hanno ridotto l’isolamento a 5 giorni.
L’ipotesi sarebbe quella di ridurre i giorni per i contatti stretti con una persona positiva al Covid che abbiano già ricevuto la terza dose dagli attuali 7 ai 3 o 5 giorni.
Silvia Bolognini