Famiglie con reddito, ma sempre più povere.
Uomini e donne con contratti di lavoro “pirata”.
Giovani laureati “costretti” a lavorare per qualcosa che assomiglia a poco più di una mancetta con l’allodola della successiva assunzione. Caporalato nei settori che ancora non sono normati.
L’Europa dice basta. E avvia i negoziati per l’introduzione del salario minimo.
I ministri per il Lavoro e le Politiche Sociali hanno approvato l’inizio di un nuovo percorso da portare avanti insieme.
“Non possiamo accettare che persone che mettono tutta la loro energia nel proprio lavoro non possano permettersi standard dignitosi di vita – ha detto il ministro del Lavoro della Slovenia Janez Cigler Kralj -. Questa legge sarà un grande passo per un’ equa retribuzione“.
Fatta la legge, trovato l’inganno
Sotto accusa sono soprattutto due fenomeni: il cosiddetto “dumping salariale”e una povertà che dovrebbe essere incompatibile con lo stato di persone con un proprio impiego quotidiano e full time.
Sono fenomeni collegati, perché a fronte di stipendi già bassi, si palesano forme contrattuali che, grazie alla delocalizzazione, attribuiscono ai lavoratori salari che non corrispondono ai parametri stabiliti dal Paese in cui vivono e lavorano. In sostanza viene legalizzata una svalutazione del salario con regole che appartengono ad altri Paesi e che cancellano spesso anche buona parte dei diritti dei lavoratori determinando conseguenze sulla previdenza sociale.
Orlando: Non è accettabile che il lavoro condanni a una condizione di povertà
La direttiva dell’Unione europea si innesca quindi in un mercato del lavoro che va reindirizzato e rappresenta “una risposta forte al dumping salariale a alla presenza di molti lavoratori poveri che purtroppo segnano anche il mercato del lavoro italiano – ha commentato il nostro ministro del lavoro, Andrea Orlando, da Bruxelles – Questa è una buona notizia per l’Europa e per l’Italia, un passo importante nella direzione della costruzione di un’Europa sociale”.
Riguardo i contratti pirata “nell’arco di pochi anni il loro numero è raddoppiato – ha chiarito il ministro – Ciò non significa che tutti lo siano ma molti di fatto lo sono. Quindi – ha continuato – o si disciplina meglio la contrattazione o si introduce un salario minimo oppure, come io credo sia possibile, si combinano i due interventi: regole più chiare per la contrattazione agganciate anche a regole che definiscono un salario minimo. La direttiva dice una cosa di grande valenza politica: non è accettabile – ha concluso Orlando – che il lavoro condanni a una condizione di povertà, di quest’affermazione dovremmo essere tutti pienamente soddisfatti”.
Uno dei primi interventi attesi da parte della Commissione europea riguarda i rider, i lavoratori delle grandi piattaforme digitali privi di tutele.
Consuelo Terrin