Intervista semiseria a Lino Toffolo, il comico che meglio di ogni altro sa caricaturare usi e costumi del nostro territorio. «Non sappiamo cosa abbiamo ereditato: dovrebbero farci uscire dalle città e rientrare solo dopo esame di ammissione»
Attore, cabarettista, cantante, comico d’altri tempi che ha fatto della comunicazione in dialetto veneziano il suo credo. Lino Toffolo è stato un’icona della televisione degli Anni Settanta ma grazie anche al teatro non ha mai smesso di recitare, spesso e volentieri in dialetto.
Negli ultimi anni è tornato alla ribalta grazie ad una fiction televisiva con Lino Banfi e con una rappresentazione teatrale che lo ha visto portare in scena in un teatro minore del centro storico veneziano (il San Gallo) “Lei chi è?”, la storia di un anziano malato d’Alzheimer. Muranese e residente a Murano, talent scout del duo Carlo e Giorgio (anche loro muranesi purosangue) si racconta in questa intervista “semiseria” in attesa di tornare in scena con il suo ultimo lavoro.
Lino Toffolo e il teatro, un rapporto senza fine. «Il palcoscenico – più della Tv, e il cinema – per me è un vizio, una droga, perchè hai il contatto e la risposta immediata del pubblico: una specie di gratta e vinci».
Toffolo e le sue radici: come è cambiata Murano e come sono cambiati Venezia e il Veneto negli ultimi 30 anni? «Nel bene o nel male, tantissimo. Il Veneto da campagna è diventato “capannoni e pannelli solari”. Venezia e Murano invece, bellissimi contenitori di gente “va e vieni” dove ormai i turisti siamo noi. E parliamo anche in italiano».
Una ricetta per un nuovo modo di fare turismo a Venezia? «Organizzarlo. Sembrerebbe la risposta semplice e naturale. Ma noi non siamo i veneziani della Serenissima, siamo, al massimo i loro “effetti collaterali”. Non sappiamo neanche cosa abbiamo ereditato. Dovrebbero farci uscire dalla città, e rientrare dopo esame di ammissione».
Attori si nasce o si diventa? «Artisti si nasce. Attori molte volte, “purtroppo” per il pubblico, si diventa».
È un mestiere senza eredi il suo? «I veneti soffrono ancora della vocazione di arrivare secondi. Mancano ancora di una percentuale di autostima. Ma le cose, per fortuna, stanno cambiando. Coraggio e auguri»
Carlo e Giorgio in due aggettivi? «Uno solo: “Bravissimi!” A loro manca solo di incrociare l’occasione per diventare un fenomeno nazionale. Ma fidatevi, prima o poi, succederà».
Ma Johnny Bassotto alla fine l’ha scoperta la verità, come cantava lei in un celebre disco di qualche anno fa…o intende svelarcelo in un prossimo disco? «A Johnny manca sempre un’udienza! Il disco, con canzoni vecchie e nuove, viste le numerose e insistenti richieste, forse lo farò con Paolo, mio figlio, quest’anno».
Toffolo e internet: facebook per lei sembra essere stato una nuova scoperta che le ha cambiato la vita grazie a due profili con oltre 5mila iscritti in pochi giorni…«Mi chiedo come abbia fatto l’umanità ad arrivare ai giorni nostri senza telefonino e computer. Il telefono a gettoni sembrava già una magia, e il fax “da marziani!”. E adesso il computer? Avere il mondo sul tavolino, è ormai “normale”».
Dalla fiction televisiva al teatro: grazie al suo spettacolo “Lei chi è?” ha portato in scena un male dei nostri tempi... «L’Alzheimer, si dice spesso, una volta non c’era. “Ma perchè morivano prima!”. “Lei chi è?”, la tragicommedia della vita, sono due tempi (come una partita di calcio) che esemplificano questa malattia tremenda che in pochi anni (e purtroppo con effetti comici) riduce, una persona intelligente e attiva, in una larva. A teatro si ride (molto) e ci si commuove (è dopo a casa che si pensa). E per evitare di far uscire il pubblico col magone, il secondo atto lo facciamo prima. La riprenderemo, ogni domenica, dopo carnevale».
A Venezia sono rimasti due cinema, lei per andare in scena ha dovuto cercarsi un teatro minore. Ma Venezia merita ancora un certo tipo di spettacolo? «Visto che quando faccio spettacolo la gente viene (e senza pubblicità, per passaparola) per me se lo merita. La testata del manifesto recita “Teatro per i veneziani ed il resto del mondo”. Fin che la va…»
Signor Lino, ma servono ancora “cinque schèi de mona in scarsèa” o sono meglio le raccomandazioni? «Le raccomandazioni non le conosco. Ma de “mona” non ghe xe problemi, ghe ne go a scarseae!».
DI RAFFAELE ROSA
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21 Marzo 2012