Le prime statistiche sulla vaccinazione anti-Covid dei più giovani indicano che tra i possibili effetti collaterali ci sono anche infiammazioni a livello del cuore come miocarditi e pericarditi.
E i genitori, in vista dell’approvazione dell’Ema del vaccino da somministrare anche ai bambini, sono in allarme.
«In realtà – commenta il cardiologo Fausto Rigo – sono casi limitati, numeri infinitamente bassi rispetto alle probabilità di sviluppare mio-pericarditi per la malattia Covid oltre che di entità molto più lieve. Come rispondo alle mamme e ai nonni che me lo chiedono – aggiunge Rigo – ritengo quindi che, di fronte a solo qualche segnalazione e sulla base degli studi epidemiologici internazionali, non ci sia nessuna allerta tale da mettere in discussione la vaccinazione degli under 16».
Il Covid e i problemi cardiaci
Al momento, è ancora all’inizio la raccolta dei dati specifici degli effetti del Covid in età pediatrica.
La letteratura scientifica generale, dopo l’iniziale concentrazione sul tema delle polmoniti, è però ormai consolidata sul fatto che il virus Sars-CoV-2 non colpisce solo l’apparato respiratorio. E il cuore è uno degli organi maggiormente interessati da una malattia multiorgano che crea situazioni multinfiammatorie come il Covid.
Il discorso, sottolinea Rigo, riguarda tutti coloro che hanno contratto la malattia. A qualunque livello.
Conseguenze cardiache per i malati tra il 5% e il 25%
Le conseguenze a livello del cuore sono state riscontrate attraverso accertamenti come tac e risonanze, oltre che rilevando la presenza nel paziente di biomarcatori spesso positivi in caso di infarti.
«Il coinvolgimento cardiaco – precisa il medico- va dal 5-10% dei casi di chi è stato curato a domicilio, arrivando al 15% per chi è stato ricoverato nei reparti ordinari e al 25% per i pazienti più compromessi, finiti cioè in terapia subintensiva o intensiva. E questo si è verificato anche senza manifestazioni cliniche eclatanti, ma di fronte a semplici febbre, tosse o mal di testa».
Le mio-pericarditi
Un ulteriore conferma arriva dalla statistica, ricordata dal cardiologo, che le miocarditi, cioè le infiammazioni del muscolo cardiaco, sono aumentate in generale del 40% rispetto al periodo 2018/19, l’ultimo pre-Covid. E spesso, trattandosi di strutture attigue, una miocardite si accompagna a una pericardite, ovvero l’infiammazione che colpisce la membrana che avvolge il cuore, per ripararlo da danni esterni e renderlo efficiente nella sua funzione, consentendogli di muoversi senza attrito con gli altri organi. «In presenza di un’infiammazione – spiega Rigo – si ricreano gli attriti, con dolore al petto quando ci si muove o si respira a fondo e accelerazione del battito».
Lo studio israeliano
Il tema delle mio-pericarditi correlate al Covid nei giovani è arrivato sotto la lente d’ingrandimento in seguito alla segnalazione dell’Ema alla luce della pubblicazione sull’importante New England Journal of Medicine di uno studio israeliano. «Analizzando tutte le segnalazioni di effetti collaterali – racconta il cardiologo – gli studiosi hanno notato che si erano verificate mio-pericarditi in 2 casi su 100 mila, colpendo soprattutto la fascia tra 16 e 29 anni».
A essere interessati, i ragazzi erano pari a 4-5 volte le ragazze, a conferma dell’ipotesi di una relazione del Covid con gli ormoni maschili. E i casi aumentavano con la seconda dose.
Rigo: “I benefici del vaccino sono enormemente superiori”
«Si tratta di numeri molto bassi, se confrontati alle mio-pericarditi da virus – commenta Fausto Rigo -. Direi che non c’è nemmeno paragone. Del resto, quando noi medici facciamo terapia, soprattutto preventiva, dobbiamo tenere in conto protezione e rischi. E qui i benefici del vaccino sono enormemente superiori».
Per di più gli studi, anche statunitensi e francesi, confermano che queste mio-pericarditi legate alla vaccinazione sono leggere, per l’85% leggere senza necessità di ricovero o, comunque, con ricoveri che si risolvono in 4-5 giorni. E sempre con un’ottima risposta alle terapie antinfiammatorie. «Quelle da Covid – chiosa il medico – sono tutt’altra bestia».
Vaccini e mio-pericarditi: una precisazione
Il cardiologo evidenzia inoltre una possibile sovrastima del fenomeno nei dati dei ricercatori.
«È un po’ lo stesso problema – spiega – che si verificò quando si parlò delle trombosi legate al vaccino di Astrazeneca. In questo caso, le diagnosi sono state effettuate sulla base clinica dei sintomi, come dolore al petto, mancanza di fiato, cardiopalmo, tosse e affaticamento. Probabilmente hanno verificato anche la presenza nel sangue di troponina, cioè dell’enzima che si libera subito nel sangue quando c’è un insulto cardiaco, come l’infarto, che porta a necrosi di piccole parti del cuore. Sono però proteine insufficienti per dire che c’è una miocardite legata al vaccino, perché questa potrebbe avere anche natura tossica o si potrebbe essere in presenza di alterazioni proteiche funzionali. Per averne la certezza, servirebbe invece un ecocardiogramma, una risonanza miocardica o una biopsia endomiocardica con analisi istologica».
I rischi del Long Covid
Un’altra, fondamentale, differenza tra mio-pericarditi da Covid o da vaccino evidenziata da Rigo riguarda gli strascichi.
«Il Covid – illustra – oltre a rischi ed eventi, lascia anche tracce indelebili in quanto a conseguenze, con danni molteplici e devastanti nel tempo. Soprattutto la sindrome da Long Covid, con le correlate tachicardie inappropriate e vere e proprie sincopi da crollo di pressione quando ci si alza repentinamente in piedi. Un fenomeno, da non sottovalutare anche per i disagi che sta creando nella società, di fronte al quale noi medici per di più dobbiamo agire empiricamente. Già nella prima ondata pandemica, si riscontrarono poi casi di sindrome da Kawasaki, con coronariti che possono causare alterazioni strutturali quando i bambini diventano adulti, con possibili trombosi e infarti. Sindromi post vaccinali di questo tipo, invece, non se ne sono registrate. E il 90% delle persone colpite da mio-pericardite da vaccino è guarita in poco tempo e senza reliquati».
Alberto Minazzi
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