La terza dose-booster di vaccino contro il Covid?
“Prima o poi ci sarà per tutti. Il vero tema sono i tempi: non dobbiamo assolutamente correre troppo e, soprattutto, farne una psicosi”.
Lo afferma Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. “Credo – aggiunge – che dobbiamo finire di ragionare sulla terza dose in termini di vaccinazione di massa. Personalmente, vorrei che fosse somministrata a tutti coloro che hanno più di 60 anni e ai soggetti fragili in tutte le regioni entro novembre, massimo prima quindicina di dicembre. Per tutti gli altri sarebbe invece opportuno ragionare in termini di individualizzazione, come già avvenuto in passato per altri vaccini in passato”.
“I giovani? Booster dopo un anno”
Il periodo di distanza tra seconda e terza dose, in altri termini, per Bassetti non è uguale per tutti.
“A un ventenne che si è vaccinato tra maggio e giugno che mi chiedesse quando fare la terza dose – riprende – direi assolutamente che oggi è presto per farla. Penso che fino ai 30 anni, se uno è sano, prima di un anno non si debba parlare di dose booster. Al contrario, se c’è un anziano o una persona con qualche acciacchino che si è vaccinato a marzo, gli consiglio di fare la terza dose non subito, ma subitissimo”.
Se non si adotta questa strategia, il rischio, per il medico genovese, è quello di ingenerare ulteriore confusione. “Bisogna evitare – sottolinea – che succeda quello che si vede oggi, andando dagli estremi opposti di chi non vuole nessuna dose e chi ne vuole dieci. È il sistema sanitario che deve consigliare quando è meglio vaccinarsi, non deve decidere la gente da sola. È già successo, all’inizio della campagna vaccinale, di vedere giovani che hanno portato via il posto agli anziani: non deve ripetersi”.
“Il sierologico? Per la terza dose, non serve”
In tal senso, Bassetti è del tutto contrario all’ipotesi di un test sierologico per valutare il grado di copertura anticorpale di ognuno in vista della terza dose.
“Fare un esame sierologico prima di vaccinarsi o subito dopo non serve a niente. E farlo a 6 mesi di distanza non serve per decidere se fare o meno la terza dose, perché le risultanze sono difficilmente riscontrabili” afferma.
“Quando mai – prosegue Bassetti – si è visto qualcuno sottoporre un bambino al test sierologico dopo la vaccinazione ad esempio per la varicella? Per il Covid, bisogna cercare di tenere la stessa barra a dritta. Anche perché c’è un altro rischio: di passare da un servizio a un disservizio. Chi ha effettuato il test sierologico, oltre a poter mettere i propri dati in comune sui social, dando il là a discorsi tutt’altro che scientifici, potrebbe anche farsi la diagnosi da sé e prendere la decisione di fare la terza dose o meno in base a quello che trova su Google”.
Booster a rna per Johnson&Johnson: “Una buona soluzione”
Il direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino ha invece accolto di buon occhio la circolare del Ministero della Salute sull’effettuazione con vaccini a Rna della dose booster per coloro a cui è stato somministrato il siero monodose di Johnson&Johnson.
“Mi sembra – premette – una buona soluzione, una decisione che va nella direzione del principio di massima sicurezza e che mette la parola fine alle tante polemiche circolate negli ultimi dieci giorni”.
Bassetti argomenta così la sua posizione: “Il vaccino perde progressivamente la sua copertura nell’arco di 6-8 mesi ed è quindi ragionevole cominciare a ragionare sulla terza dose dopo 6 mesi dalla seconda.
Lo stesso vale dunque per il vaccino monodose, per cui è stato confermato che non è vero che dopo due mesi non funziona più, ma semplicemente inizia a perdere un po’ di potenza. E il booster con vaccino a Rna può essere così utile anche in questi casi”.
I guariti: “Anticorpi più forti, ma il vaccino serve”
Il ragionamento sulla terza dose, per Matteo Bassetti, va fatto anche per chi si è ammalato di Covid e, dopo essere guarito, si è sottoposto alla vaccinazione. E questo nonostante sottolinei che “chi ha preso l’infezione naturale e poi ha ricevuto la somministrazione del vaccino presenta in assoluto i più alti livelli di difesa nei confronti del virus, avendo una impressionante quantità di anticorpi, sia circolanti che cellulo-mediati”.
Anche in questo caso, dunque, è questione di tempi.
“Per me – spiega – è ragionevole che questi soggetti ricevano la dose-booster dopo circa un anno. Perché comunque serve a riprendere un’immunità che c’è, ma più passa il tempo, più diventa sottile. È proprio come un fuoco: non bisogna spingersi troppo in là, altrimenti si spegne definitivamente”. In ogni caso, per questi soggetti resta assai difficile ammalarsi una seconda volta. “Io – conclude Bassetti – credo di poter contare sulle dita di una mano i malati di Covid che sono tornati positivi. L’immunità naturale, ripeto, garantisce una buona difesa dal virus, ma va aiutata. Specie nei confronti della variante Delta, personalmente non mi fiderei delle sole difese prodotte naturalmente”.
Alberto Minazzi