Mancano pochi giorni alla Cop26, la Conferenza delle Parti che si terrà a Glasgow dall’1 al 12 novembre.
Nel frattempo, sui social, è iniziata ufficialmente la campagna di sensibilizzazione dell’United Nations Development Programme.
Un video in cui il messaggio per l’umanità è affidato a un dinosauro che irrompe nella sede dell’Onu e ammonisce i presenti esortandoli a lavorare per il cambiamento.
“Ascoltate gente – dice Frankie il dinosauro dopo essersi impossessato del microfono – So una cosa o due sull’estinzione e lasciate che ve lo dica: estinguersi è una brutta cosa….Almeno noi abbiamo avuto un asteroide. Qual è la vostra scusa? Vi state dirigendo verso un disastro climatico eppure ogni anno i governi spendono centinaia di miliardi di fondi pubblici in sussidi per i combustibili fossili. Immaginate se noi avessimo speso centinaia di miliardi all’anno per sovvenzionare i meteoriti giganti: questo è quello che state facendo. Lasciatemi essere realitsta – conclude il dinosauro – Metnre ricostruite le vostre economie e vi riprendete da questa pandemia, avete una grande occasione: salvate la vostra specie prima che sia troppo tardi”:
Cop26: l’ultima chiamata
E’ questo anche il senso di Cop26, dove a confrontarsi sulle politiche da mettere in atto per salvare il pianeta saranno i 197 Paesi che fanno parte dell’UNFCCC, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.
I temi sono scottanti: inquinamento da gas serra, incremento delle temperature, le ondate di calore del Canada gli incendi australiani, lo scioglimento dei ghiacciai. Solo per soffermarsi sui principali.
“Parigi ha individuato l’obiettivo, Glasgow deve renderlo reale”
L’evento, organizzato dal Regno Unito in collaborazione con l’Italia (la quale ha ospitato a Milano l’ultimo briefing prima della riunione ufficiale, lo scorso 30 settembre – 2 ottobre), ha il chiaro obiettivo di concretizzare quello che è passato alla storia come l’Accordo di Parigi, siglato durante la Cop21 nella capitale francese, nel 2015.
In quell’occasione, quasi tutti i paesi partecipanti avevano sottoscritto l’ obiettivo del contenimento dell’aumento delle temperature sul lungo periodo a 1,5°C, anziché ai 2° previsti, e l’impegno di valutare ogni 5 anni l’esito delle politiche adottate individuando di volta in volta le migliorie da apportare.
Gli obiettivi della Cop26
Da qui si arriva, con un anno di ritardo causa Covid, alla conferenza di Glasgow. Sono passati due anni dalla Cop25, la fallimentare conferenza di Madrid dove non è stato trovato una linea comune d’azione per il contenimento delle temperature. L’obiettivo principale della Cop26 è stabilire quello che viene definito il Paris Rulebook, ossia le leggi che andrebbero a regolare e rendere attivo l’accordo di Parigi. Ciò permetterebbe quindi di puntare alle questioni pratiche: azzerrare l’uso del carbone, diminuire le emissioni di gas serra, rafforzare pratiche e strumenti di adattamento agli impatti climatici, aumentare fondi e supporto. Tutto ciò sarebbe possibile passando per una “restaurazione ambientale”, seguendo le migliori pratiche scientifiche e implementando azioni inclusive.
La nascita della Cop
La Conferenza delle Parti, o Cop, ha inizio dopo il trattato ambientale internazionale del 1992, firmato in occasione del Summit della Terra tenutosi a Rio De Janeiro, il 4 giugno 1992.
I Paesi firmatari furono 197, dall’Afghanistan allo Zimbabwe.
L’accordo di Rio poneva delle regole sulle emissioni di gas serra, ma ciò non era vincolante per gli stati firmatari.
La prima Cop si tenne a Berlino nel marzo del 1995, e passò alla storia con l’omonimo Mandato, un ricerca sulle azione da effettuare per contenere i livelli di inquinamento. Poi ci fu il protocollo di Kyoto. Fu firmato nel dicembre del 1997, al termine della Cop3. I firmatari si impegnarono (con la conseguente ratifica) a ridurre del 7% la produzione di anidride carbonica.
Infine, gli accordi di Parigi del 12 dicembre 2015: in questa occasione i membri dell’UNFCCC stabilirono l’obiettivo minimo di contenimento della crescita delle temperature, il famoso 1,5°C, tale da ridurre sensibilmente i rischi di catastrofi climatiche. L’Accordo di Parigi, firmato poi nel novembre 2018, non ha ancora avuto modo di essere realmente applicato, soprattutto da quei paesi iper-industrializzati o in via di sviluppo che vedrebbero la loro crescita economica rallentata dalle nuove politiche ambientali.
L’ultimo appello
Per questo motivo la Cop26 di Glasgow diventa cruciale: non si tratta di salvare il pianeta Terra, ma ecosistemi unici nel loro genere, dai ghiacchiai della Groenlandia e dei Poli alle barriere coralline degli oceani, che andrebbero totalmente perdute. Si tratta di salvare la vita di popolazioni esposte a rischi ambientali quali inondazioni e devastazioni meteorologiche: 3 miliardi di persone rischiano di soffrire a causa del Cambiamento climatico.
Damiano Martin