Secondo le ultime statistiche catastali diffuse dall’Agenzia delle entrate lo scorso agosto, in Italia ci sono 3,5 milioni di immobili iscritti nelle categorie fittizie. Ovvero in quelle secondo le quali rientrano perché, per varie ragioni, non producono reddito e non risultano di conseguenza tassabili.
Si tratta di immobili censiti nel gruppo F che comprende aree urbane; lastrici solari; unità in corso di costruzione, di definizione o in attesa di dichiarazione.
Vale a dire unità che si dovrebbero trovare in queste categorie temporaneamente e per le quali seguirà una classificazione corrispondente alle definitive caratteristiche che assumeranno gli immobili in questione.
Nel 2020 gli immobili che risultavano essere in corso di costruzione erano 692.035 e quelli in attesa di dichiarazione 149.764.
I ruderi nelle categorie fittizie
Nel gruppo F rientrano anche le cosiddette “unità collabenti”.
In altre parole i ruderi, immobili fatiscenti privi di autonomia funzionale. E se c’è in Italia un settore immobiliare che da una decina di anni sta andando a gonfie vele è proprio quello dei ruderi.
Una categoria che è stata oggetto di una crescita vertiginosa.
Si è infatti passati dai 283 mila immobili di questo tipo, iscritti nel Catasto edilizio urbano nel 2011 ai 575 mila del 2020.
In sostanza, sono raddoppiati. E sono di fatto l’unico tipo di proprietà immobiliare , diversa dalla prima casa, a non essere tassata.
Come mai, negli ultimi anni, così tanti ruderi in Italia?
Nessun reddito? Meglio abbandonare l’immobile a sé stesso
Le ragioni possono essere numerose.
In molti casi, ad esempio, ereditare una casa significa farsi carico di diversi oneri non solo economici.
Se poi non c’è la possibilità di ricavarne un reddito investire sull’immobile diventa sconveniente.
Per questo molti proprietari lo abbandonano e lo lasciano consumare nel tempo finchè non cade letteralmente a pezzi.
Così da rientrare nella categoria “unità collabenti”.
Di fatto, molti proprietari sono stati indotti da questo a rendere la loro proprietà un rudere perché senza base imponibile ai fini dell’Imu.
La riforma del catasto
Una riforma del catasto è prevista dalla Legge delega per la revisione del sistema fiscale approvata dal Governo il 5 ottobre corso. Un passaggio che potrebbe mettere freno agli escamotage di migliaia di italiani per sottrarsi indebitamente alla tassazione.
La Riforma del catasto: introduzione del valore di mercato
La direzione di marcia del Governo è quella di una revisione degli estimi catastali.
Il nuovo catasto dei fabbricati dovrà quindi fare in modo che a ogni unità immobiliare sia innanzitutto associata una rendita catastale.
Come in altri Paesi Ue è poi necessario che vi sia il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata possibilmente in base ai valori normali espressi dal mercato.
Questi valori dovranno essere aggiornati periodicamente, secondo meccanismi ancora da definire. Sono poi previste delle speciali riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario per gli edifici di interesse storico-artistico per compensare i pesanti vincoli e costi di manutenzione che gravano sui loro proprietari. Infine, viene stabilito che le informazioni così ricavate non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi, la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali. Si stabilisce dunque che il valore di mercato servirà solo ai fini indicativi e che le tasse non subiranno variazioni automatiche una volta varato il nuovo catasto.
Silvia Bolognini
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