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Rifiuti: Italia verso il Deposit Return System (DRS)

Rifiuti: Italia verso il Deposit Return System (DRS)

L’esempio più calzante è quello del carrello del supermercato: si introduce una moneta, si usa il carrello e alla fine, se si vuole recuperare la moneta, lo si deve riportare a posto.
Un semplice sistema che consente una gestione decisamente più ordinata, evitando la necessità (e i costi) di appositi addetti che a fine giornata debbano recuperare i carrelli sparsi qua e là.
Un simile sistema di cauzione potrebbe a breve essere introdotto in Italia anche per la raccolta differenziata di bottiglie e altri contenitori per bevande monouso.
Al momento dell’acquisto, cioè, si paga un piccolo costo aggiuntivo che poi viene restituito, sotto forma di buono per ulteriori acquisti, quando il recipiente viene correttamente conferito negli appositi posti di raccolta.

Il Deposit Return System in Europa

Un simile meccanismo già esiste ed è applicato con successo in oltre 40 Paesi.
In Germania, lo Stato più virtuoso da questo punto di vista, anche per gli 83 milioni di utenti, il Deposit Return System consente ad esempio il recupero del 98% delle bottiglie in plastica e il 99% delle lattine in alluminio.
Ma anche negli altri 9 Stati europei (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Estonia – che ha ora esteso la raccolta a bottiglie di vino e superalcolici -, Olanda, Croazia e Lituania, ultimo Paese ad averlo introdotto, nel 2016, raggiungendo il 91,9% in meno di 2 anni) il DRS garantisce un tasso di raccolta medio sopra il 90%.

Altri 12 Stati (Portogallo, Lettonia, Scozia, Romania, Grecia, Malta, Lussemburgo, Regno Unito, Bielorussia, Irlanda, Slovacchia e Turchia) stanno programmando l’introduzione del sistema entro il 2024. Dal prossimo anno, la Germania estenderà il sistema a nuove categorie di bevande. L’Italia, invece, ha cominciato ad affrontare l’argomento con uno specifico emendamento introdotto nel Decreto Semplificazioni, convertito in legge e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 luglio. Da quella data decorrono i 120 giorni per il relativo decreto attuativo, per cui l’orizzonte temporale è al momento quello del prossimo dicembre.

DRS, riuso, riciclo e differenziata

Al riguardo, vanno premesse alcune precisazioni. Innanzitutto, il DRS è altra cosa rispetto al vecchio “vuoto a rendere”. Le bottiglie, cioè, non vengono raccolte per essere lavate e nuovamente riempite, ma sono i materiali che compongono i contenitori ad essere avviati al riciclo, anziché finire nel rifiuto indifferenziato. Tranne che in Germania, dove si utilizzano però bottiglie in pet più spesse, il riutilizzo dello stesso recipiente è possibile solo per quelli in vetro.
In questo caso si mira invece a intercettare tanto il vetro, quanto plastica e metalli.
Per quanto l’Italia sia nel suo complesso virtuosa nelle percentuali di raccolta differenziata, i tradizionali sistemi di conferimento (cioè quelli nelle “campane” o attraverso il porta a porta) non sono infatti in grado di garantire simili livelli. Uno studio di Eunomia sottolinea le diverse percentuali: 91% per il DRS, 43% per la raccolta in strada e 54% per quella a casa. Anche Svizzera e Giappone, ai vertici nella differenziata “tradizionale”, superano di poco l’80%. E il rapporto “What we waste”, della piattaforma Reloop, ha quantificato in oltre 7 miliardi  i contenitori di bevande che ancora sfuggono alla raccolta differenziata e in 41 miliardi le bottiglie di plastica e di vetro e le lattine per bibite che ogni anno, in Europa, sfuggono al circuito del riciclo.

L’Italia verso il DRS

Nel 2020, in Italia, solo il 7% dei rifiuti prodotti è stato costituito dagli imballaggi.
Ma l’abbandono nell’ambiente di questi rifiuti, che potrebbero essere invece efficacemente riutilizzati, è un problema notevole, specie per quanto riguarda la plastica. Nel 2019, secondo le stime, solo il 60% degli imballaggi in pet finiva correttamente nella differenziata. Il nostro Paese è dunque uno di quelli che rilasciano la maggior quantità di rifiuti plastici nel Mediterraneo.

DRS

Raccolta differenziata e DRS sono in ogni caso sistemi complementari.
Il Deposit Return System, normalmente, avviene infatti presso i rivenditori della grande distribuzione, che mettono a disposizione aree appositamente dedicate. È questo uno degli aspetti che dovranno essere definiti nel decreto attuativo, insieme, tra gli altri, all’importo del deposito da pagare. Al riguardo, si ipotizza una cifra tra 5 e 10 centesimi, come giusto equilibrio per non disincentivare gli acquisti e, al tempo stesso, non spingere i consumatori a scegliere di pagare qualcosa per uno smaltimento più comodo, ma decisamente più svantaggioso per la comunità.

Le direttive europee

L’introduzione del DRS potrebbe quindi essere un passaggio fondamentale per raggiungere gli obiettivi imposti dalle direttive europee. Quella sulla plastica monouso fissa due passaggi relativamente alla raccolta selettiva delle bottiglie per le bevande: il 77% entro il 2025 e il 90% entro il 2029.
I contenitori in pet dovranno poi utilizzare materia prima riciclata per almeno il 25% del peso immesso sul mercato entro il 2025 e il 30% entro il 2029.

L’Italia, inoltre, deve allinearsi con l’attuale normativa ambientale, recependo la direttiva europea 852 del 2018.
Entro gennaio 2023, dovrà essere estesa la responsabilità dei produttori riguardo agli imballaggi. Dovranno cioè farsi carico di una serie di costi: da quelli della raccolta differenziata, del trasporto e del trattamento dei loro rifiuti, per raggiungere i target di riciclo.

DRS

I vantaggi del DRS

Gli stessi timori dei costi derivanti dalla creazione di un DRS trovano sufficienti rassicurazioni nei fatti. Oltre a quelli ambientali, sono stati infatti confermati da studi internazionali anche numerosi vantaggi economici.
Se i supermercati, ad esempio, hanno costi emergenti legati alla raccolta (comunque indennizzati dall’operatore del sistema attraverso una commissione di gestione), i negozi nei quali avviene la raccolta aumentano il traffico di clienti e delle vendite. Potendo utilizzare il buono derivante dalla restituzione della cauzione, la spesa risulta inoltre superiore, fino al 52% registrato nei Paesi Bassi.

Comparando 32 studi internazionali, la piattaforma Reloop ha verificato risparmi consistenti anche per gli enti locali. Si riducono in particolare i costi per i Comuni, che si trovano a dover gestire una quantità minore di rifiuti, con la perdita di introiti incassati dai consorzi Conai inferiore al risparmio di spesa. E studi Lca hanno quantificato in un -28% la riduzione di emissioni di CO2 nell’ambiente di un Drs rispetto alla raccolta domiciliare.

Alberto Minazzi

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