In tempi di sovranità alimentare, nel mondo si celebra oggi la pasta. Il cui consumo negli ultimi due anni è raddoppiato. 300 tipi di formati, migliaia di ricette, quella al pomodoro Patrimonio immateriale dell’Umanità
La pasta è il vero piatto che “profuma d’Italia“.
Ed è sempre più apprezzata nel mondo.
Tanto che, sia in termini di produzione che di consumo, 2020 e 2021 hanno registrato numeri da record.
Una tendenza ora esplosa, ma che in realtà si sta delineando già da un decennio.
Secondo i dati resi noti dall’Unione Italiana Food in occasione del World Pasta Day (25 ottobre), dal 2010 a oggi si è passati infatti da 9 a 17 milioni di tonnellate di pasta venduta in tutto il mondo.
Oltre il doppio.
Spaghetti? Non solo
Gli spaghetti li conoscono tutti, non c’è dubbio. Ma non sono loro l’unico tipo di pasta amato anche oltre confine.
Dove pure oggi risulta chiaro che, oltre alla qualità degli ingredienti e all’accurata lavorazione, ciò che rende buona una pasta è anche il formato.
Ne esistono più di 300 e alcuni sono nati dalla creatività di celebri architetti e designer.
La Pasta al pomodoro Patrimonio immateriale dell’Umanità
Con pochi semplici ingredienti la pasta è stata una delle prime forme di alimentazione umana. Semi di legumi o cereali pestati grossolanamente, mescolati con acqua e poi cotti. Certo, diecimila anni fa si badava più alla sostanza che alla forma e infatti potremmo dire che la pasta di allora assomigliava a un grande gnocco informe. E oggi? Bè oggi la pasta spopola su tutte le tavole del mondo tanto che quella al pomodoro fa parte della famosa dieta mediterranea, nel 2010 dichiarata Patrimonio immateriale dell’Umanità.
Capolavori di artigianalità
Tornando alla forma, bisogna ammettere che quello gnocco di strada ne ha fatta. E tutto grazie all’abilità prima delle donne di casa e dopo di artigiani pastai. Potremmo a ragione chiamarli “geni creativi” perché grazie a loro sono nati capolavori di artigianalità.
Pensate alle orecchiette, alle trofie, agli scialatielli. E poi busiate, malloreddus, pici, bigoli e pappardelle.
La tecnologia e la produzione industriale hanno infine fatto il resto.
E il risultato sono gli oltre 300 formati di pasta presenti oggi sul mercato italiano.
Questione di feeling
Ogni formato ha il suo condimento, c’è poco da fare. Trofie al pesto, orecchiette alle cime di rapa, bigoli in salsa, bucatini all’amatriciana sono matrimoni culinari indissolubili e indiscutibili: nessuno osi separare ciò che è stato unito in anni e anni di esperienza.
Ma se cucinare è un’arte, e se il successo di un piatto di pasta è determinato dalla sua qualità, progettarla e produrla non è per niente facile. Soprattutto nel formato.
La pasta nel suo valore estetico è sempre stata capace di stimolare la creatività e ha rappresentato una sfida anche per celebrità che nulla hanno a che vedere con il mondo gastronomico.
I “progettisti” della pasta
A volte ci vogliono anche tre anni e anche più per progettare una pasta “bella da vedere e buona da mangiare”. Un banco di prova per molti professionisti, anche non di settore.
Negli anni ’80 del secolo scorso dalla mente creativa di Giorgetto Giugiaro, il disegnatore di alcune delle macchine più iconiche al mondo, nacquero le Marille: due coppie di tubi che formavano la lettera greca “beta”, considerate da molti un capolavoro di design.
Poco dopo, anche Philippe Starck, architetto e designer francese, si mise al tavolo da disegno per progettare il formato Mandala.
Sfortunatamente nessuna delle due paste griffate riuscì a riscuotere molto successo, tanto che sparirono quasi subito dal mercato. Di recente ci ha provato il giornalista americano Dan Pashman con i suoi Cascatelli, una pasta corta andata letteralmente a ruba.
Professione “pasta designer”
Il “pasta designer” sarà il mestiere del futuro? Ricordiamo che ci vogliono anni per progettare un nuovo formato che risponda ad aspetti estetici, funzionali e gastronomici. Così pochi mesi fa un noto gruppo italiano ha lanciato un concorso aperto a designer e creativi da tutto il mondo per inventare un nuovo formato di pasta secca e le oltre 2400 iscrizioni confermano che c’è la voglia di mettersi in gioco.
Anni fa la stessa azienda aveva indetto un altro concorso per formati di pasta da realizzare con la stampante 3D. Di pasta se ne è occupato anche il Premio Compasso d’Oro ADI che nel 2014 ha assegnato la menzione d’onore al designer Mauro Olivieri per i suoi Campotti.
Buona e sostenibile
Al di là delle centinaia di formati esistenti al mondo, l’industria della pasta da anni è attenta anche alle tematiche di sostenibilità ambientale. Se in Italia si punta molto sulla filiera corta e sull’impiego di materiali di imballaggio riciclabili, in America un gruppo di ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh sta sviluppando una pasta piatta che in fase di cottura assume la forma tridimensionale dei formati classici. Ciò consentirà di ridurre l’imballaggio, lo spazio di stoccaggio e di trasporto e potrebbe ridurre il tempo ed energia per la cottura.
La pastasciutta antifascista
Con oltre 26 chili a testa, gli Italiani sono tra i più grandi consumatori di pasta al mondo, ma in passato ci fu chi la mise al bando. Nel ventennio fascista Mussolini ne limitò l’importazione per favorire il consumo di riso, di cui l’Italia era un forte produttore, sostenuto anche dai Futuristi che della pastasciutta scrivevano così: “ingenera fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica…”. Fu così che alla caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, si festeggiò con una grande abbuffata di pasta che da quel momento diventò il simbolo della lotta partigiana.
E’ sarda la pasta più rara e difficile al mondo
A proposito di difficoltà: in Sardegna resiste la produzione artigianale dei “Su Filindeu”, i fili di dio, oggi tutelata da un Presidio Slow Food. Soltanto pochissime donne sanno lavorare questo impasto a base di farina di grano duro, sale e acqua: grazie a una tecnica laboriosa, che risale a circa 300 anni fa, si crea una trama di filamenti finissimi sovrapposti in diagonale in tre strati incrociati e poi fatti essiccare su piani di foglie di asfodelo.
Il Museo della pasta
Storia, cultura, tradizioni millenarie: ovvio che nascesse un museo dedicato alla Pasta. Si trova a Collecchio, in provincia di Parma, la food valley italiana. Nelle sue sale si parla di grano e della sua lavorazione, dalla coltivazione alla macinazione, di come un tempo si impastava a casa, dell’evoluzione industriale e anche di comunicazione pubblicitaria.
Luisa Quinto
Fantastico!!!