La produzione di energia elettrica deriva per un sesto del totale consumato nel mondo da fonti idroelettriche.
Le dighe costruite lungo il sistema fluviale sono dunque un elemento imprescindibile al servizio dello sviluppo economico e sociale. Anche perché l’acqua raccolta nei loro bacini viene sfruttata per l’irrigazione. E, in questo senso, serve per garantire l’approvvigionamento necessario per un settimo dei campi coltivati in agricoltura.
È però altrettanto vero che una diga è un’opera estremamente impattante sui territori in cui viene realizzata. Cambia così l’idrologia complessiva, muta l’ecosistema, con conseguenze in alcuni casi irreparabili sull’equilibrio ecologico. E la stessa dinamica dei sedimenti all’interno del flusso fluviale viene ostacolata nel suo deflusso verso valle.
Nel conflitto tra diverse esigenze, un importante contributo può però arrivare dalla matematica.
Che, in fase di progettazione, è in grado di valutare e pianificare al meglio le diverse soluzioni, con l’obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale e rendere il manufatto il più possibile sostenibile. È quanto ha dimostrato il lavoro dei ricercatori italiani e statunitensi Rafael J.P. Schmitt, Simone Bizzi, Andrea Castelletti e G. Mathias Kondolf, premiati con il sesto Premio Aspen Institute Italia, assegnato nel corso di una cerimonia svoltasi in forma digitale.
Lo studio si è incentrato su uno dei maggiori fiumi asiatici, il Mekong, sul quale è previsto per i prossimi anni un forte sviluppo idroelettrico. Ed è stato condotto tra Politecnico di Milano, Università della California a Berkeley, Stanford University e Università di Padova.
In concreto, i ricercatori hanno provato a coniugare la conoscenza dei processi fisici dei fiumi con l’esperienza maturata al Politecnico di Milano nel campo della modellistica matematica applicata alla gestione delle risorse idriche. Il risultato finale è stato lo sviluppo di un modello matematico che, nello specifico, avrebbe consentito di aumentare dal 54% al 68% la produzione di energia e minimizzare la riduzione del trasporto di sabbia verso il delta dal 91%. al 21%.
“La sostenibilità delle dighe – ha spiegato all’agenzia Ansa Andrea Castelletti, professore ordinario di Gestione delle risorse naturali al Politecnico di Milano – dipende da molti aspetti. Noi ci siamo concentrati sui sedimenti, valutando come la posizione delle dighe possa influire sulle tonnellate di sedimenti che arrivano al delta. La rilevanza di questi risultati apre importanti spazi di discussione per la pianificazione delle 3.700 grandi dighe che sono in attesa di costruzione nel mondo, soprattutto nel sud-est asiatico, lungo il Rio delle Amazzoni e i fiumi africani”. Lo stesso gruppo di studio sta ora concentrandosi su ulteriori aspetti, come l’impatto delle dighe sulle emissioni di gas serra.
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Dighe: quando la matematica aiuta l’ambiente
24 Giugno 2021