Potrebbero essere utilizzati in alcuni luoghi specifici, come gli aeroporti, per identificare se, tra i presenti, ci siano soggetti positivi al Covid. Dopo l’altissima efficacia, dimostrata tra il 95 e il 97%, nell’individuare alcuni tumori o malattie metaboliche come il diabete, malaria e Parkinson, i cani da fiuto potrebbero adesso tornare utili anche per l’azione di screening alla ricerca di eventuali positività al coronavirus.
La sperimentazione inglese
In Finlandia la sperimentazione è già stata avviata. Secondo gli scienziati di Regno Unito, Germania e Italia, potrebbe essere replicata con successo ovunque. Alcuni progetti sono già partiti. In Inghilterra 6 cani tra labrador e cocker spaniel, saranno addestrati a riconoscere i campioni di odore raccolti dal personale del servizio sanitario negli ospedali di Londra. Si stima un periodo di circa 2 mesi per l’addestramento dei cani a individuare l’odore che emettiamo se infetti.
Lo studio francese
In materia, esiste già uno studio francese, realizzato dalla Scuola veterinaria di Alfort insieme all’unità di ricerca clinica dell’ospedale Necker-Cochin di Parigi. I campioni di sudore ascellare di 335 persone tra i 6 e i 76 anni, con un’età media di 35 anni, sono stati raccolti tra il 16 marzo e il 9 aprile. Nel campione, 109 persone sono risultate positive al test naso-faringeo. Posti in appositi coni olfattivi alla Scuola di Alvort, ogni campione è stato successivamente fatto annusare da almeno 2 cani. Ne è emersa una capacità elevatissima, da parte dei cani, di riconoscere l’odore rilasciato da chi è infetto. Si parla scientificamente di una sensibilità del 97% e di una specificità del 91%. Tra i cani particolarmente sensibili al Covid risultano i pastori belgi malinois.