Non servono carne e ossa (sia pur metaforiche) per diventare protagonisti di un libro o di una fiction. Nella scrittura del terzo millennio, i luoghi assumono un ruolo centrale tanto quanto le storie dei personaggi. E Venezia, location iconica per eccellenza, non fa ovviamente eccezione, anzi. Diventa presenza palpabile all’interno della narrazione, sia nella sua più tradizionale e conosciuta veste storica (il più recente esempio è “Venezia 1797 – Oltre la fine di un mondo”, di Alessandro Dissera Bragadin, in concorso al Premio Campiello) che in quella declinata al presente.
Gli esempi da citare sarebbero tantissimi. Tant’è che lo stesso presidente della piccola editoria veneta, l’editore Carlo Mazzanti, non riesce a quantificare numericamente i libri “su” e “con” la città al loro interno. “Credo che nessuno della cinquantina di aderenti alla nostra associazione non abbia in catalogo almeno un titolo che parla di Venezia, un vero e proprio “brand” costruito scientificamente dalla classe dirigente locale fin dal 1300. Basti pensare che solo noi ne abbiamo più di una dozzina, tra romanzi e saggi”, dichiara.
Una considerazione che, in occasione dei festeggiamenti per i 1600 anni della fondazione della Serenissima, ha spinto Mazzanti a organizzare un’intera giornata dedicata a questi libri.
L’editoria veneta per Venezia
Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, dunque, gli editori veneti ritorneranno protagonisti a Venezia, patria della produzione libraria nel 1500, quando era centro nevralgico del mondo dell’editoria e della cultura in Europa e gli stampatori contavano ben 154 officine in città.
“Stiamo pensando – anticipa Mazzanti – a qualcosa di diverso dalle tradizionali e ormai ammuffite presentazioni letterarie. Invitando anche alcune autorità, puntiamo invece su una serie di panel raggruppati per argomenti. E, all’interno di questi panel, il libro sarà lo spunto per sviluppare, non solo attraverso la carta stampata, una serie di tematiche veneziane”.
Una nuova visione del libro
Insomma: così come nei libri Venezia non è più solo quella ben conosciuta dei tempi d’oro della Repubblica Serenissima, anche in ambito letterario la città prova a fare da traino a una nuova visione. “Noi – conclude Carlo Mazzanti – siamo grandissimi fautori dell’innovazione. E riteniamo che Venezia possa diventare simbolo di questo modo di fare editoria diverso da quello tradizionale, tornando così ad avere quel ruolo di punto di riferimento del settore che ha avuto per tanti secoli”.
I “meta-libri” e il giallo veneziano
Un’idea innovativa portata avanti dall’editore veneziano è quello dei meta-libri. All’interno delle pagine vengono cioè inseriti dei Qr code attraverso i quali vedere le foto dei luoghi o di alcuni oggetti descritti nella narrazione. È quello che, ad esempio, avviene nei libri di Mauro Ciancimino, autore di Mogliano che ha offerto a Mazzanti lo spunto poi tradotto nell’organizzazione della giornata dedicata ai libri su Venezia.
Ciancimino, con Mazzanti, ha pubblicato due spy stories, nel solco della ormai sempre più consolidata tradizione del giallo veneziano. La finzione si intreccia con la realtà innanzitutto in “P.T.M.E.M. – 1987: Uccidete il Leone di San Marco”, ambientato durante il G7 in Laguna.
Un libro che ha avuto buon successo di vendite e che descrive tante parti della città, da Piazza San Marco alla Caserma Pepe con i suoi Lagunari. “Il cobra e il leone” tocca più marginalmente Venezia, soprattutto nel finale ad alta tensione, legandosi al mistero della nave Hedia, scomparsa (con a bordo, tra gli altri, due sottoufficiali di Venezia e Chioggia) nel 1962 durante la rivoluzione algerina.
Venezia come location del thriller
“A Venezia – Ciancimino motiva così la sempre più diffusa scelta della città come location di storie gialle – non sono possibili gli inseguimenti in auto, ma quelli a piedi, per calli e ponti, sono sicuramente più caratteristici e permettono di scoprire luoghi magari meno noti. Nel mio secondo libro, ad esempio, il personaggio prinicipale, dopo aver sbattuto contro un gruppo di turisti giapponesi in Campo San Rocco, vede la chiesa di San Pantalon, entra al suo interno e scopre i suoi magnifici soffitti”.
“Al di là degli spunti panoramici – conclude l’autore – tutta la città, a mio parere, si presta a un genere che racconta di attività un po’ pericolose. Me ne sono reso conto fin dal 1982, quando, pur essendoci nato, ho vissuto Venezia in maniera diversa, ovvero da militare. Con tutti i suoi luoghi nascosti, questa è una città naturalmente predisposta al mistero”.
Alberto Minazzi