Sorvolando l’isola di Flores, in Guatemala, con il piccolo aereo partito da Cancun, nello Yucatan messicano, ci sembra quasi di tornare a casa. Flores ha una forma oblunga, vagamente simile a un grosso pesce, proprio come Venezia, la nostra città.
Fondata sul lago di Petèn Itzà dall’etnia degli Itzaes, in fuga dalla grande città di Chichèn Itzà, in Messico, Flores fu l’ultimo baluardo Maya, consegnato agli spagnoli solo nel 1697.
Alla popolazione autoctona, che ancora oggi parla antichi dialetti indigeni, si mescolano i meticci, detti “ladinos” e “i bianchi“, una cerchia ristretta di persone che detiene il potere su gran parte delle attività economiche dell’isola.
Tikal, una delle più importanti capitali del mondo Maya
Il piccolo villaggio di Flores rappresenta il punto ideale di partenza per la visita al sito archeologico di Tikal, una tra le più importanti capitali del mondo Maya. Dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, Tikal risale a 2.700 anni fa e i lavori di scavo, iniziati nel XX secolo, hanno portato alla luce solo parte degli antichi edifici, tuttora immersi nella giungla del Petèn. Mentre percorriamo uno dei sentieri sterrati che conducono alla Gran Plaza, dove sorge il famoso Templo del Gran Jaguar, ci coglie impreparati il classico acquazzone tropicale, un vero e proprio diluvio che impedisce a me, Gianmarco e a un gruppetto di turisti statunitensi, di apprezzare al meglio le vestigia della città. La maggior parte delle antiche strutture sono difatti visitabili solo risalendo ripide, e ora anche scivolose, scale a pioli, abbarbicate alle radici dei banyan, alberi giganteschi, tipici di questa zona del Guatemala.
Ancora zuppi di pioggia raggiungiamo l’aeroporto di Flores, appena in tempo per salire sull’aereo che ci porterà a Città del Guatemala. Destinazione, Antigua.
Antigua, la capitale delle colonie spagnole d’oltremare
Antigua è forse la città più famosa e turistica del Paese. Fondata nel 1543 e nominata capitale delle colonie spagnole d’oltremare, Antigua mantiene ancora un aspetto tipicamente coloniale, nonostante i tanti terremoti che, nell’arco dei secoli, hanno scosso e, parzialmente distrutto, i suoi monumenti. Ci fermiamo ad ammirare i coloratissimi tessuti indios ricamati a mano, che le donne maya, provenienti dai vicini borghi montani, ogni giorno vendono nella piazza centrale di Antigua, il Parque Central.
Nel nostro girovagare tra le stradine in acciottolato che contraddistinguono la città, ci ritroviamo davanti alla splendida chiesa di Nuestra Senora de la Merced, la più significativa dell’intero Guatemala, un edificio dipinto interamente di giallo, decorato con disegni in stucco bianco simili a leggiadri merletti.
I villaggi indios
Dopo un ottima cena guatemalteca, accompagnata dalle note di un’orchestra di marimba, siamo pronti a dare il via alle escursioni che ci porteranno a scoprire alcuni tra i principali villaggi indios arroccati lungo le pendici dei vulcani o nascosti in fondo a lussureggianti montagne: S.Antonio Aguas Calientes, Altotenango e poi Santa Maria de Jesus. La vita sonnolenta di questi paesini si risveglia e si anima nel giorno del mercato, un appuntamento che non possiamo assolutamente mancare, anche solo per assistere al frenetico andirivieni di decine di venditori e acquirenti, impegnati a contrattare sul prezzo di stoffe colorate, verdure, galline e utensili di ogni tipo.
Il fascino di Atitlan
Un altro breve trasferimento in pulmino ci porta ad Atitlan, splendido lago circondato da tre imponenti vulcani. Meta negli anni’70 di giovani turisti hippies che cercavano di mescolarsi alla colorata popolazione locale (qui anche gli uomini indossano sgargianti costumi), la località si contraddistingue oggi per le faraoniche ville costruite dai nuovi ricchi di Città del Guatemala e per le innumerevoli strutture turistiche che ospitano centinaia di viaggiatori attirati dal fascino dei tanti paesini costruiti lungo le coste del lago.
Da Panajachel, il più noto tra i villaggi di Atitlan, ci dirigiamo in barca alla volta di S.Pedro e poi di Santiago.
Qui, alcuni bambini dediti all'”accalappiamento” del turista, ci conducono a casa dello “sciamano” del villaggio. Nel suo salotto è conservata la statua lignea, avvolta in stoffe multicolore, di Maximon, protettore degli sciamani, sorta di santo Maya il cui nome deriva dal cattolico San Simeon.
Durante la Settimana Santa, Maximon viene portato in processione lungo le stradine del borgo per raccogliere le offerte dei devoti, soprattutto sigarette e liquori! Un’escursione in jeep ci porta, quindi, sui verdeggianti altipiani guatemaltechi. Visitiamo S.Francisco Alto, villaggio rinomato per il suo affollatissimo bazar, S.Andres Xemul, con la sua chiesetta indigena giallo ocra decorata da stucchi multicolore e Quetzaltenango, elegante borgo coloniale situato a oltre 2.330 metri d’altezza.
Ma la sorpresa più bella che il Guatemala ci riserva la scopriamo a Chichicastenango e precisamente nella chiesa di S.Tomàs. Qui, mescolati a quelli cattolici, si svolgono ancora oggi i riti sciamanici e animisti tramandati oralmente dai Maya.
Le due fedi religiose, indigena e cristiana, si sono integrate senza apparente sforzo, grazie alle numerose affinità che le accomunano: giorni di digiuno, altari, incenso, vino sacro consumato durante le celebrazioni, confessione, battesimo e il libro sacro Popul Vuh, molto simile alla Bibbia. Tutte le copie dell’antico testo Maya furono distrutte dai missionari cattolici, tranne una, trascritta e tradotta in spagnolo nel 1702 dal frate domenicano Francisco Ximenes.
Tra antichi riti e devozione
Accompagnati da Ricardo, una giovane guida locale, entriamo nella modesta ma elegante chiesa di S.Tomas. I discendenti dei Maya si recano qui per pregare davanti ai dodici altari in legno che si trovano lungo il corridoio centrale dell’edificio. Inginocchiati invocano gli elementi della natura, il sole, la luna e la pioggia affinché il raccolto del mais sia proficuo. Osserviamo alcuni indigeni accendere candele di diverse dimensioni sugli altari: più importante è la richiesta da esaudire, più grande sarà la candela, ci spiega Ricardo. Per propiziarsi gli dei, vengono poi cosparsi sugli altari liquori e fiori: petali bianchi nella speranza che il raccolto sia abbondante, rossi per la salute degli animali d’allevamento, boccioli rosa affinché i bambini crescano sani e forti. Una volta terminate le preghiere, il gruppo di devoti si reca fuori dalla chiesa, dove su un altare in pietra brucia incenso a brace viva. Muovendo le braccia in modo da rendere incandescenti le ceneri, i fedeli invitano lo sciamano a leggere nel fuoco l’esito delle loro richieste. Se la risposta del fuoco sarà negativa vuol dire che la persona non è stata abbastanza sincera ed ha nascosto a sé stessa la vera natura e le motivazioni della sua preghiera.
Il fascino di questi antichi rituali e la devozione che gli indigeni dimostrano nei confronti dei loro “dei” sono, forse, il ricordo più intenso di un Paese che, nonostante la povertà, l’arretratezza economica e la rigida gestione militare del potere, rappresenta un angolo del centro America ricco di suggestioni “esotiche” tutte da scoprire e da assaporare.
DOCUMENTI PER ENTRARE IN GUATEMALA
Per entrare in Guatemala è necessario il passaporto. Il documento deve avere 6 mesi di validità residua. Nel caso in cui il piano voli preveda il passaggio per gli Stati Uniti è necessario avere: il passaporto a lettura ottica con foto digitale se rilasciato o rinnovato prima del 26 ottobre 2005. Non c’è necessità di visto fino a 90 giorni di permanenza. É prevista una tassa di uscita dal Paese pari a 30 dollari, generalmente già inclusa nel prezzo del biglietto aereo, più altri 20 quetzales (pari a circa 2,60 dollari).
Claudia Meschini
*Foto in evidenza di Gianmarco Maggiolini