La terza ondata della pandemia è ufficialmente esplosa anche in Veneto, dove la campagna vaccinale frena per il caso-AstraZeneca, ma non si ferma.
In attesa degli approfondimenti di Ema e Aifa sul vaccino sospeso, a tenere banco sono al momento soprattutto i dati, che confermano la significativa ripartenza del contagio.
“La curva dei ricoverati in rianimazione da 5-6 giorni cresce con la stessa velocità di novembre: la situazione è impegnativa non tanto per la pressione sui posti letto, ma per la forza e la rapidità di crescita. L’epidemia non solo non è finita, ma si sta ripresentando”, ha sottolineato il direttore generale della Sanità regionale, Luciano Flor.
Che ha quindi annunciato: “Tra oggi e domani valuteremo un’ulteriore stretta e faremo una verifica dell’attività programmata nell’intero sistema sanitario regionale, per arrivare entro fine settimana a mettere a punto un nuovo piano”.
Si riparte con i Covid Hospital
Il primo passo annunciato dal presidente Luca Zaia è intanto la riattivazione dei Covid Hospital, le strutture ospedaliere interamente dedicate alla cura dei pazienti infettati dal coronavirus, già conosciuti un anno fa, nella prima fase della pandemia. Alcuni di essi sono già operativi, ma si ritornerà al piano che ne prevede 10 a copertura dell’intero territorio regionale. Il passo successivo, prima di arrivare alla sospensione delle attività ospedaliere ordinarie, sarà comunque la diluizione di questo tipo di cure, come ha spiegato Flor.
“I circa 1.500 posti letto occupati attualmente da positivi e negativizzati (sono esattamente 1.542 in area non critica, con un incremento di 130 pazienti nelle ultime 24 ore, ndr) sono ancora relativamente pochi, rispetto alla dotazione complessiva di 17.500 posti, compresi quelli dei privati convenzionati, dell’intero Veneto. Ma sono pur sempre pazienti che non abbiamo mai avuto e che sottraggono risorse”. Il tutto senza dimenticare che, in meno di un mese, si è passati da 15 mila a oltre 30 mila isolamenti fiduciari.
Le terapie intensive
Il vero campanello d’allarme arriva in ogni caso dalle rianimazioni. Che, ammette Flor, “corrono di più di quanto facessero nella prima ondata”.
La percentuale di ricoverati veneti che finiscono in terapia intensiva è attorno al 10%, con le punte delle province di Padova e Verona, vicine al 20%, con circa il 60% di casi legati alla variante inglese. Attualmente nelle terapie intensive degli ospedali veneti ci sono 203 pazienti (+1), di cui 194 positivi. A questi si devono aggiungere i 293 in rianimazione per altre cause diverse dal Covid.
“Se fossimo a febbraio dell’anno scorso – ha fatto notare Zaia – saremmo già al default”. Da allora, per fortuna, si è aumentata la dotazione, con circa 600 postazioni attualmente attive e altre che possono essere rapidamente attivate. Ed è questa una delle operazioni che verranno fatte nelle prossime ore, visto che la possibilità di mantenere l’attività chirurgica e ordinaria si lega proprio al fatto di avere ancora un margine di posti letto per le cure intensive da poter attivare.
AstraZeneca e gli altri vaccini
In tutto questo, la soluzione ben chiara a tutti si lega ai vaccini. “Nelle Rsa e tra il personale sanitario – fa notare il direttore della Sanità – i livelli di positività e malattia sono crollati, tra le categorie vaccinate. Ed è questo che ci ha spinto alla decisione di tenere scorte limitate a pochi giorni”. Il caso-AstraZeneca, chiamato a fare la parte del leone nella vaccinazione di massa, è stato però il classico bastone tra le ruote. Una sospensione prudenziale e precauzionale che Zaia considera corretta, anche se ritiene “doveroso” che i dubbi attuali vengano fugati con la massima velocità.
“Non appena ci sarà il via libera – precisa il presidente – noi riprenderemo a utilizzarlo, anche perché, ad esempio, questo vaccino è alla base dell’accordo con i medici di base o del protocollo per le vaccinazioni in azienda. Intanto continuiamo a vaccinare con Pfizer e Moderna, visto che Johnson & Johnson dovrebbe consegnare il primo milione di dosi all’Italia solo a metà aprile. Ma è chiaro che la macchina vaccinale sia costretta a rallentare, rispetto al piano da 50 mila vaccinazioni al giorno. In particolare, ne risentiranno le nuove vaccinazioni”.
I vaccini: la situazione in Veneto
In altri termini, il piano vaccinale del Veneto resta intatto sotto il profilo organizzativo, con la speranza di riavere quanto prima i quantitativi programmati di dosi. Quello che ne risente, per il momento, è l’attività, che si potrà incentrare quasi esclusivamente sui richiami. Finora, il Veneto ha ricevuto 710.960 dosi dei vari sieri, di cui ne sono state somministrate 543.491. Tra queste, rientrano le 194 mila dosi di AstraZeneca: 68.251 ne sono state inoculate prima dello stop (tra l’altro senza che si siano verificate particolari problematiche), per cui ne restano sospese in giacenza circa 125 mila, che avrebbero dovuto costituire la gran parte delle prossime vaccinazioni.
In magazzino, inoltre, ci sono circa 23 mila dosi di Pfizer (ne sono arrivate in totale 473.360 e ne sono state somministrate 450.110) e 18 mila di Moderna (43.600 fornite e 25 mila somministrate).
Per queste ore è attesa la consegna di altre 56.100 dosi di Pfizer, più altre 83 mila la prossima settimana. Per Moderna, invece, bisogna attendere la prossima settimana la nuova fornitura, che dovrebbe essere di circa 30 mila dosi.
I richiami
Sulla base di questi numeri, Flor sottolinea che i richiami possono essere garantiti fino alla prossima settimana. Su 543 mila vaccinati complessivi, quelli che hanno ricevuto la seconda dose sono 169.418, per cui sono circa 374 mila quelli che dovranno effettuare il richiamo. E se per i 68 mila di AstraZeneca si partirà tra circa due mesi e mezzo, sono 306 mila quelli che devono effettuarlo entro i 21 giorni dalla prima somministrazione come previsto dai protocolli degli altri due sieri.
Sulla base dell’indicazione di effettuare più somministrazioni possibili, accantonando al minimo le dosi per i richiami, anche il Veneto nelle ultime settimane aveva cercato di anticipare il più possibile la vaccinazione di categorie deboli e anziani con Pfizer, confidando sulla puntualità dei rifornimenti che fin qui c’è stata. Questo ha determinato però l’aver intaccato di molto le scorte accantonate per i richiami. E, per rilanciare anche le somministrazioni delle prime dosi a nuovi soggetti, bisognerà ora attendere.