“Ultimo pub per i prossimi 897 Km”. “Ultimo distributore di benzina per i prossimi 645 Km”. Ovvero: portatevi le taniche se non volete restare a secco! Per comprendere le immense distanze di un Paese la cui superficie è pari a 25 volte l’Italia basta dare un’occhiata alle riproduzioni dei cartelli segnaletici stradali venduti come souvenir nei negozi del centro di Perth.
È proprio dalla bella città sulla costa sud ovest dell’Australia che Gianmarco ed io diamo inizio al nostro tour nella terra dei canguri.
Perth
Giungendo dall’aeroporto notiamo il cartello “Perth, city for people”, cioè “città a misura d’uomo“. E difatti ci colpiscono le sue strade prive di traffico, le aree pedonali spazzate ogni sera da potenti getti d’acqua, i parchi e le ampie zone verdi. Come l’immenso Kings Park, da cui si gode la scintillante vista dello sky line della città sullo sfondo del fiume Swan.
Ordinata ma non asettica, Perth rispecchia nell’architettura il legame con l’Europa. Passeggiando nel centro ci si può imbattere nella meticolosa e curatissima ricostruzione di una tipica chiesa gotica. O, addirittura, in una intera strada, il London Court del 1937, in perfetto stile Tudor, con casette a graticcio circondate da modernissimi grattacieli.
Molti residenti di origine europea hanno scelto di costruire la propria abitazione secondo i modelli del vecchio continente. Lungo la Ocean Drive, la strada panoramica che costeggia le numerose spiagge di Perth, notiamo, infatti, villini bavaresi o tipicamente normanni e persino alcune casette bianche e azzurre così simili a quelle delle isole greche.
Le spiagge di Perth
Immense, bianchissime, selvagge e quasi tutte prive di strutture balneari, le spiagge di Perth si susseguono le une alle altre per chilometri. Dalle dune coperte di piccoli cespugli di piante grasse osserviamo i numerosi surfisti destreggiarsi tra le onde dell’oceano Indiano e, al tramonto, i pescatori attendere pazientemente che le prede abbocchino all’amo.
Sempre nella zona del litorale visitiamo il famoso acquario di Sorrento. Tra pesci multicolore, colonie di meduse fosforescenti e foche acrobate, ad attirare maggiormente la nostra attenzione sono i grandi squali che sembrano fissarci attraverso i vetri del tunnel subacqueo.
La Wave Rock
Dalle onde dell’oceano Indiano passiamo poi all’onda più famosa d’Australia, la Wave Rock, un monolite risalente a 27 milioni di anni fa, lungo 100 metri e alto 15. Il vento e la pioggia hanno modellato la roccia facendole assumere le perfette sembianze di una gigantesca onda, caratteristica enfatizzata dalle striature verticali di vari colori dovute alle sostanze chimiche presenti nel granito.
York
Sulla via del ritorno verso Perth decidiamo di fare una breve sosta nella cittadina di York, la più antica dell’entroterra del western Australia. Lungo le sue strade, assolate e deserte, si affacciano edifici in tipico stile coloniale, risalenti all’epoca della corsa all’oro, periodo rievocato dai cimeli raccolti nel Residency Museum.
Lanceline e Cervantes
Prima di lasciare definitivamente la parte ovest del Paese, esploriamo la zona di Lanceline e Cervantes, nota per le sue stupende dune di sabbia bianca e per il grandioso “deserto dei Pinnacoli”. L’escursione a bordo del Desert Storm, un gigantesco 4×4 dotato di sedili a molla e cinture di sicurezza, ci fa vivere momenti di adrenalina pura.
Tra le urla, le risate e gli applausi dell’intera multietnica comitiva, il temerario guidatore, accompagnato da musica rock a tutto volume, si lancia dalle dune altissime persino in retromarcia, invitandoci poi a provare anche lo snowboard sulla sabbia. Esperienza altrettanto divertente che io e Gianmarco, dopo qualche titubanza, non manchiamo di fare.
Toni l’emigrante
La sera, stanchi e affamati, ci concediamo un ottimo fish and chips in un ristorantino del posto. Qui conosciamo Toni, in Australia da ben 34 anni, ma con ancora Roma e l’Italia nel cuore. Impegnato nel settore della pesca e della lavorazione dell’aragosta, Toni appartiene a quella generazione di emigranti, provenienti dall’Europa del sud che, tra gli anni’60 e ’80, scelse di trasferirsi in Australia. Il Paese inizialmente fu colonizzato dai Britannici (che vi trasferirono forzatamente centinaia di detenuti) e, poi, da Nord Europei attratti dalla corsa all’oro e dal boom economico successivo al secondo conflitto mondiale.
Il deserto dei Pinnacoli
Toni, nonostante abiti a Cervantes, non ha mai visitato il “deserto dei Pinnacoli“, attrazione principale del Nambung National Park, ma ci spiega comunque la strada per arrivarci. Sotto un cielo grigio piombo, screziato di azzurro, si apre l’immensa distesa di colonne calcaree che, sotto i raggi del sole al tramonto, offrono uno spettacolo davvero magico.
The Pinnacles desert, probabilmente una foresta pietrificata, apparve agli occhi dei primi navigatori olandesi come i resti di una misteriosa città perduta. Non lontano sono ancora visibili, all’interno della grotta Mulca’s Cave, alcune antichissime pitture rupestri aborigene.
L’Outback e l’Ayers Rock
Un volo di quasi 3 ore ci porta nel cuore dell’Outback, l’entroterra australiano. Nell’immenso deserto rosso svetta, dall’alto dei suoi 348 metri, l’Ayers Rock, in aborigeno Uluru. Dopo anni di soprusi, l’Uluru National Park, ed altri luoghi ritenuti sacri, sono stati restituiti alle tribù locali tramite l’Uluru Kata Tjuta Land Trust, istituzione aborigena.
Per preservare l’ambiente, l’area dei lodge e dei piccoli alberghi è edificata ad una rispettosa distanza di 18 Km dal monolite, alla cui base vi sono alcuni luoghi sacri che non possono essere né visitati né fotografati. Gli aborigeni chiedono inoltre ai turisti di astenersi dallo scalare l’Ayers Rock, esperienza che, comunque, non è categoricamente vietata. La sacralità di certi luoghi deriva dalla concezione aborigena che la natura sia stata creata, durante la mitologica Epoca del Sogno, da esseri ancestrali, divenuti, poi, essi stessi parte integrante del luogo.
Nel 1984, nei pressi di Ayers Rock, fu fondato, da e per la gente aborigena, il centro Maruku Arte, dove sono documentati e venduti al dettaglio i lavori artigianali realizzati da ben 800 artisti locali: totem, didgeridoo e uova di emu dipinte, quadri e vasellame.
I monti Olga e il Kings Canyon
Dopo aver ammirato le sfumature cangianti che illuminano l’Ayers Rock al tramonto, completiamo la visita della zona sacra con l’escursione ai vicini monti Olga (Kata Tjuta, in aborigeno): una trentina di cupole alte sino a 546 metri, anche esse caratterizzate dal colore rosso cupo dovuto alla presenza di ferro nell’arenaria. La solennità del paesaggio naturale viene guastata dalla miriade di fastidiosissime mosche che si appiccicano in qualsiasi parte del corpo scoperta.
Tanto che il giorno dopo, per l’escursione al Kings Canyon, ci riforniamo, come tanti altri turisti, di una ridicola ma utilissima retina per proteggere la testa e il collo. Lungo la strada che corre diritta a perdita d’occhio nel deserto rosso punteggiato da bassi cespugli, incontriamo, a poca distanza dal Canyon, una serie di camion a lunga percorrenza dotati di paracarro anti-canguro.
Tra le 50 diverse varietà di canguri che popolano l’Australia, alcuni esemplari possono arrivare ai due metri d’altezza e quindi distruggere completamente una macchina se investiti. Il trekking per raggiungere la cresta del maestoso Kings Canyon è una bella impresa non tanto per la breve salita quanto per i 49 gradi al sole segnati dal termometro situato al punto base del sentiero d’ascesa. Lo spettacolo che si gode dall’alto ci ripaga però dalla fatica.
Cairns e la barriera corallina
Un altro volo di 3 ore e raggiungiamo la costa est dell’Australia, sull’oceano Pacifico, precisamente la città di Cairns, punto di partenza per le escursioni alla foresta pluviale e alla barriera corallina. Dalla vicina Green Island ci godiamo le meraviglie subacquee della più lunga distesa di coralli del mondo (2.000 Km dal golfo di Papua fino all’isola di Fraser).
Kuranda e il Daintree National Park
Altrettanto affascinante la visita a Kuranda che raggiungiamo all’andata in trenino panoramico, con vista su cascate e dirupi, e al ritorno a bordo della sky rail, la funivia denominata “Gondolas”, che sorvola per alcuni chilometri la foresta pluviale, patrimonio geologico e botanico, risparmiato dalle eruzioni vulcaniche che distrussero altre foreste primitive.
A Kuranda, così come successivamente all’attiguo Daintree National Park (una delle 2.000 zone protette d’Australia), acquistiamo una breve escursione con l’Army Duck, mezzo anfibio adottato nel periodo bellico 1942/44. Anche se limitativa e un po’ troppo “formato famiglia” per i nostri gusti, la visita ci permette di osservare alcune specie animali e vegetali sorprendenti: le simpatiche rane arboree grandi sino a 15 centimetri; la farfalla Ulisse, la cui apertura alare, di un bellissimo azzurro luminoso, arriva a 13 centimetri; il fico parassita che uccide e sostituisce l’albero ospite. Ancora, il Black Wattle con cui sono costruiti i boomerang; le Tree Ferns, felci arboree giganti risalenti a 300 milioni di anni fa. E, infine, i nidi di termiti che mangiano il nucleo degli alberi vivi con cui poi si fabbrica il didgeridoo, strumento musicale aborigeno.
Verso gli arcipelaghi della Polinesia
Dopo l’immancabile foto ricordo con in braccio un tenero koala e una bella grigliata a base di specialità locali, coccodrillo, emu e canguro, siamo pronti a ripartire per la nostra prossima destinazione, i mitici arcipelaghi della Polinesia: Isole della Società, Tuamotu e le remote Marchesi.
I documenti per entrare in Australia
Oltre al passaporto con validità di almeno due mesi, per entrare in Australia occorre un visto da richiedere online sul sito del Ministero dell’Immigrazione australiana, attraverso una procedura chiamata eVisa. Esistono generalmente 3 sfere di prezzo: i visti gratuiti, come il Tourist Visa (visto da turista) che non ha costo alcuno, e i visti temporanei come possono essere lo Student Visa (visto da studente) e il Working and Holiday Visa (visto lavoro e vacanza) che costano rispettivamente $629e $495 (inclusi delle spese di carta di credito).
Il visto turistico, chiamato anche eVisitor Visa (subclass 651), è un visto completamente gratuito che ha validità di un anno e permette di entrare e rimanere in Australia fino a 3 mesi alla volta.
Claudia Meschini
*Foto in evidenza: Deseto dei Pinnacoli (Australia)